— Lucio
Personalmente sono sempre stato un fautore convinto (persino un innamorato) della democrazia a partecipazione diretta, in quanto è l’unica alternativa seria, credibile e realistica rispetto alla democrazia rappresentativa borghese. Ma da quando ho modo di frequentare le riunioni di condominio, avverto costantemente la tentazione di ricredermi, tuttavia mi ostino a sperare in una possibilità concreta di rinsavimento e di maturazione palingenetica dell’umanità sul piano etico, spirituale, intellettuale e civile.
Ma veniamo alle riunioni di condominio, che nella realtà quotidiana superano spesso la fantasia grottesca e surreale della finzione cinematografica di fantozziana memoria.
Abitualmente in queste riunioni regna sovrano il caos: ognuno discute animatamente con l’interlocutore che siede accanto (sempre che ci siano le sedie per tutti) senza prestare ascolto a chi, nell’indifferenza generale, ha preso la parola e, alla stregua di un tribuno del popolo o un giacobino rivoluzionario, arringa la platea (magari su un tema privato esibito come una priorità di interesse generale: ad esempio gli acari che infestano il divano di casa oppure il frigorifero vuoto) per convincerla che ha ragione da vendere.
E mentre si blatera per ore di falsi problemi che riguardano al massimo l’abitazione dell’inquilino che li descrive come una tragica questione di vita e di morte, le carenze e i disagi reali, comuni all’intero condominio, sono di fatto elusi e, quindi, irrisolti. E non c’è mai nessuno che si prende il disturbo di presentare una mozione all’ordine del giorno per discutere e risolvere le urgenze che abbracciano effettivamente il bisogno collettivo. Se qualcuno si azzardasse a farlo rischierebbe il linciaggio o la lapidazione.
C’è quasi sempre l’inquilino che avanza la classica proposta (semplicemente ridicola) di privatizzare lo spazio esterno antistante alla palazzina senza aver prima verificato se il suolo è pubblico, cioè di proprietà del Comune, oppure è già privatizzato, dunque non servirebbe una privatizzazione. C’è altresì l’inquilino che, per una sorta di deformazione professionale (in genere si tratta di vigili urbani, carabinieri o poliziotti) suggerisce di introdurre i sensi unici ed installare una segnaletica stradale per consentire una migliore circolazione delle auto e garantire una maggiore sicurezza, in particolare ai bambini.
Dulcis in fundo chiede la parola il condomino che si atteggia ad intellettualoide, ostenta una falsa erudizione e una inesistente abilità dialettica, sproloquia a lungo usando paroloni astrusi e sibillini (magari inventati sul momento) senza esprimere un solo concetto di senso compiuto, per cui gli altri inquilini che hanno pazientemente ascoltato si chiedono puntualmente cosa abbia detto. In tal modo le riunioni durano ore intere a causa degli interventi logorroici di questi presunti oratori, senza concludere un bel nulla.
Spesso e volentieri le riunioni sono un utile tirocinio agonistico per addestrare i futuri parlamentari o amministratori locali, ma normalmente servono come una sorta di ring immaginario dove si disputano veri e propri combattimenti orali in cui ognuno sfoga le proprie frustrazioni esistenziali (le corna, la perdita del lavoro, i debiti e via dicendo), ossia un’occasione per scatenare risse verbali che talvolta degenerano sul piano fisico. Concludendo, malgrado tutti i limiti e i difetti possibili ed immaginabili, le riunioni di condominio rappresentano l’unica speranza e possibilità di salvezza per il genere umano.
Lucio,
D’accordo completamente con lei.
Sarei ancora più ottimista, visto che non c’è nessun presupposto per cui le cose possano andare meglio di così.
Oggi non siamo per niente preparati a interazioni “decisive” con altre persone estranee. Né scuola né (men che meno) TV danno esempi validi di come si possano discutere temi complessi, e altre occasioni sociali non esistono più. (Internet lasciamola stare). Eccetto le riunioni di condominio…