25 aprile: l’eredità di una lotta

Oggi è un giorno di festa, in Italia e Portogallo. È il 25 Aprile, giorno di due liberazioni: dal Nazifascismo, nell’Italia del 1945, e dal regime parafascista di Estado Novo, nel Portogallo del 1974.
77 anni sono passati dal primo evento, e 48 dal secondo. Eppure sono più attuali che mai, specie in un anno come questo che passerà indubbiamente alla storia come l’anno dell’invasione russa dell’Ucraina.

Avete letto, avete sentito e ancora leggerete e sentirete molto spesso nella giornata odierna articoli, editoriali e interviste che cercano disperatamente paragoni tra il conflitto attuale e la Seconda Guerra Mondiale, tra la nostra Resistenza e quella del popolo ucraino, ma a noi sorge spontaneo chiederci se siano paragoni possibili, o se al contrario siano quantomeno forzati, se non in malafede.

Abbiamo paura che in qualche modo si voglia strumentalizzare la sacrosanta lotta dei nostri nonni per presentare la guerra odierna come uno scontro tra bene e male, tra buoni e cattivi, come se fosse possibile in questo contesto attribuire questi ruoli così monolitici ad uno qualsiasi dei belligeranti.Sentirete gli amici di Putin, specialmente da ambienti della sinistra profonda, glorificare l’opera dell’esercito russo come “opera di denazificazione” paragonandola a quella dei Partigiani.Sentirete i partiti di area moderata, PD in testa, santificare Zelensky e il suo governo come “Partigiani moderni”, difensori della propria patria contro l’invasore.

Per non parlare dello schifo di chi, forse più per provocazione che per interesse, sta tappezzando i cortei di bandiere USA e della Nato, enti che in europa e particolarmente in paesi come l’Italia, la Spagna, il Portogallo e la Grecia hanno fatto di tutto per difendere dittature, ex gerarchi fascisti, terroristi e mafiosi per contrastare proprio il movimento socialista di chi l’ha fatta la resistenza.

Eppure a noi nessuna di queste analisi convince.Lo abbiamo visto in azione l’antinazismo di Putin, che bombarda a tappeto e reprime il dissenso coi fucili, in Ucraina, e con gli arresti di massa e la censura, in Russia.E abbiamo anche visto in azione i “partigiani” ucraini, i loro tatuaggi con le svastiche, il loro odio viscerale per i russi sfogato da anni ormai sulle popolazioni delle Repubbliche Separatiste.I Partigiani di allora si rivoltano nella tomba ad essere accostati ad una qualsiasi di queste figure. Non insozziamo la loro memoria facendolo.

Qual è allora la lezione che dobbiamo trarre oggi da questa giornata di festa e ricordo? Cos’è la lotta al fascismo nel mondo moderno? È una domanda che ci siamo posti più volte in passato, e che oggi risuona nella nostra coscienza più forte di prima. La risposta che per ora ci sono dato è che una lotta antifascista inserita nel contesto del conflitto odierno non può che partire da una lotta per la pace.Non possiamo ricordare la resistenza italiana e la liberazione portoghese come un semplice movimento di identità nazionale: si tratta di una reazione ad un regime nato come freno alla lotta della classe lavoratrice e le sue iniziative.

Il fascismo in italia non è stato un invasore, è stato un movimento anzi ben accolto da parte della borghesia italiana ed internazionale, e la resistenza è iniziata molto prima degli anni quaranta. A molti può tornare comodo porre l’inizio dell’azione partigiana nell’invasione tedesca dell’Italia e limitare il loro operato a qualcosa di bellico e non politico-sociale: così facendo è stato possibile svuotare questo evento storico e renderlo un mero simbolo. un simbolo senza significato proprio, che semplicemente può essere utilizzato come fosse un marchio di qualità, a certificare le buone e pure intenzioni di chi ne fa uso.

Ed è così che il 25 Aprile all’improvviso può servire per glorificare tutto, tra cui la guerra, il nazionalismo e l’imperialismo (che sia con bandiera Nato o della Novorossija).Appiattire la ricorrenza ad una guerra patriottica contro il male straniero ne uccide la storia, ed è quest’ultimo aspetto che ogni marxista dovrebbe tutelare da qualsiasi populismo di sinistra ed ideologia borghese.La resistenza e ciò che la ha seguita nel caso italiano ed europeo ci insegnano come le prime vittime della guerra sia la classe proletaria, e come solo questa organizzandosi ed agendo unita abbandonando una reazionaria analisi etnica degli avvenimenti possa liberarsi, nonostante spesso venga immediatamente repressa dopo aver fatto il lavoro sporco.

Ovviamente, differentemente da quanto potrebbero sostenere alcuni, “è sempre preferibile una repubblica imperfetta alla più illuminata delle monarchie” e un regime filorusso in Ucraina non andrebbe a favore del popolo, ma dobbiamo ben ricordarci che il proiettile nel vecchio fucile del partigiano non è uguale a quello che ha alimentato la macchina della guerra ad Est.Il 25 Aprile 1945 non è solo il Giorno della Liberazione, è anche il giorno in cui a San Francisco si aprono i lavori di stesura della Carta delle Nazioni Unite, il documento fondamentale che descrive la struttura, il funzionamento, i poteri e i limiti del più grande strumento di pace che oggi abbiamo a disposizione, l’ONU.
La posizione di ogni antifascista, da ribadire specialmente in questa giornata, dovrebbe essere vicina a quella fortunatamente assunta dall’ANPI: contro la guerra, contro l’invio delle armi, per una risoluzione di compromesso garantita e sorvegliata dagli organismi internazionali preposti. Non esiste lotta al nazifascismo odierno se si continuano ad armare i paramilitari e ad affamare i popoli con le sanzioni.

Perché a soffrire di questa guerra sono sempre i soliti: noi semplici cittadini, di tutti i Paesi. Ne soffrono i civili ucraini, sui quali da settimane piovono missili e proiettili; ne soffrono i civili delle due repubbliche separatiste, vittime da anni delle angherie del battaglione Azov; ne soffrono i proletari russi, che sentono pesanti sulla loro pelle gli effetti delle sanzioni; ne soffrono i proletari nostrani, che subiscono il vertiginoso aumento dei prezzi di beni come il carburante e i cibi prodotti con grano, mais e olio di semi di girasole provenienti dall’Ucraina, dalla Bielorussia e dalla Russia, i principali fornitori mondiali di questi prodotti.

-Collettivo Le Gauche

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