L’IPOCRISIA DEL NUOVO PARLAMENTARISMO REAZIONARIO

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Come l’uomo più limitato può acquisire il significato più multiforme? Perché non è nulla e proprio per questo egli può significare tutto fuorché se stesso.

Siamo in Francia, nella seconda metà dell’800, durante il famoso colpo di stato dell’ “uomo più limitato di Francia”, ovvero Napoleone III. Commentando l’accaduto Marx scrisse la famosa opera “Il 18 Brumaio di Luigi Napoleone”, testimonianza della più aperta critica ai misteri e ai prodigi della rappresentazione insite nella democrazia reazionaria. Ciò che rende infatti i protagonisti del parlamentarismo rappresentanti delle classi sociali a loro corrisposte non è la loro intelligenza individuale quanto la loro stessa trasfigurazione sul piano del potere della propria classe di appartenenza, ovvero la monopolizzazione del piano politico da una visione dominante, un gioco sfalsato che traspone o nasconde più di quanto realmente mostri, un gioco che rappresenta la stessa subordinazione tra classi del paese che mostra quanto “le rappresentazioni politiche determinano al loro livello le scelte che strutturano retroattivamente la vita politica e sociale ” (Isabelle Garo). Un gioco di apparenze necessarie, teatrali e buffonesche con una miriade di retroscena da scoprire finchè non sopraggiunge una crisi, un momento nero dove le maschere cadono e dalla buffoneria si passa alla tragedia. Questo gioco di maschere e retroscena si è mostrato in tutta la sua grandezza negli ultimi mesi antecedenti alla vincita al referendum del no (per cui nonostante tutto mi felicito) e posteriori a questa con le dimissioni del premier Renzi e col vuoto politico delineatosi, tutto prettamente strutturato sulle spalle di Mattarella che ha l’estremo onere di scegliere il successore di Renzi (scelta a dir poco ostica visto l’assenza di effettivi candidati con una parvenza di decenza). Infatti, oltre alla lodevole coerenza di Renzi (visto che ha voluto personificare al parossismo la riforma costituzionale, personificazione per noi né dovuta né utile, anzi, dannosa di fronte ad un più efficace spacchettamento del quesito), si è dimostrato quanto i partiti svuotati dei loro contenuti ideologici cercando di diventare i partiti “del popolo” sono diventati i partiti di pochi, i partiti di un’unica classe, la loro stessa e quelle affini; non si lotta più per posizioni o concetti ma per beghe interne all’ambiente parlamentare, consuetudini oramai implicite nelle “logiche di partito”. Questo è successo nella corsa al referendum, dove  si raggiunse una caoticità  che si  ripercosse nel quesito con accordi e promesse, portando l’elettore al nulla assoluto, al perenne punto interrogativo, ad un aut aut continuo; la cartina tornasole delle malsane tattiche partitocratiche è il periodo post referendum, quando si è vista la totale ipocrisia del parlamentarismo reazionario italiano rappresentata dalle più svariate manifestazioni difronte le dimissioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, in cui hanno risaltato sempre di più la falsità concettuale dei bipolarismi antagonisti costituiti dalle due grandi coalizioni, di quanti realmente credevano in ciò che sostenevano. Gli esempi più lapalissiani di questa buffoneria sono molteplici, tra cui si vogliono risaltare due tra questi:

  • Iniziando dall’esempio di Forza Italia, anch’essa la madre di questa riforma (ricordiamo il Patto del Nazareno e il Berlusconi borioso che invocava il lavoro FI-PD-ALA (per inciso, essendo il partito di Verdini uno dei protagonisti nei retroscena del panorama referendario italiano e, per giunta, la realtà che, tra tutte, non ha subito ripercussioni evidenti con la vittoria del No) finalizzato alla riforma  costituzionale che per lui avrebbe cambiato la storia dell’Italia repubblicana) e che immediatamente devia dal suo progetto e per mesi urla al colpo di stato autoritario con tanto di inviati per il NO con 500 e pettorina  per poi, infine, sopraggiungere al progetto di un nuovo inciucio FI-PD per formulare una nuova leggere elettorale sostituta all’Italicum, magari in funzione anti M5S.
  • Continuando con l’esempio di M5S, Fdl-AN e Lega, un grande manipolo di lazzaroni patentati che fino ad un attimo prima urlano anch’essi alla svolta autoritaria per poi ambire a nuove elezioni con la medesima legge elettorale che loro stessi indicavano come incostituzionale e anti democratica credendo di far le volpi tra le italiche pecore.
  • I cari dalemiani, entusiasti della vincita del NO e immancabilmente solerti a ridere sguaiatamente di fronte alla vittoria del loro fronte per saziare la loro invidia, l’invidia del padre che non è riuscito a fare in vent’anni quanto è riuscito a fare il figlio in 1000 giorni , il padre dell’ ammasso deforme chiamatosi PD  dove, assieme  alla parte “progressista” del PCI, vennero riversate le ceneri dei vecchi partiti stravolti da processi come “Mani Pulite” ed ecco la risposta alla domanda mostrata nel titolo: la DC è sempre rimasta, solo che la sua opposizione è stata distrutta, imborghesendo lo stesso ideale, prostituendolo al capitalismo e vendendo lo stato alle sempre esistenti lotte intestine tra riformisti e conservatori nel  vecchio partito democristiano .  Peccato che, nella trovata più geniale dell’ex direttorio DC per la scalata al potere, persiste l’esistenza di fronti contrapposti, tutti accomunati dalla ricerca di subordinare l’una all’altra.

E’ mitologia greco romana sperare in una risoluzione che porti, in un modo responsabile, tutte le forze politiche a fare una legge elettorale che garantisca una buona rappresentanza e governabilità sia alla Camera sia al Senato perciò, aspettando il prossimo Premier, cercheremo di capire quali retroscena si profileranno nel grande spettacolo della politica teatrante, confidando in Mattarella affinché faccia una scelta valida e non distruttiva (come si potrebbe delineare una scelta tra gli attuali candidati).

-Compagno Elia

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