I FATTI DI SANGUE SOTTO LA LENTE DI INGRANDIMENTO

12/6/2016: Florida, attentato in un locale gay  a Orlando, 50 morti.

29/6/2016: Turchia, attentato all’aereoporto di Instambul di matrice fondamentalista islamica, 41 morti di cui 13 stranieri.

1/7/2016: Bangladesh, attentato a Dacca di matrice fondamentalista islamica, 29 morti (22 civili, 3 agenti delle forze dell’ordine, 5 terroristi.

3/7/2016: Iraq, attentato a Baghdad di matrice fondamentalista islamica, 200 morti.

14/7/2016: Francia, attentato a Nizza di possibile matrice fondamentalista islamica, 84 morti (la cifra può salire), oltre 200 i feriti.

Queste sono le date dei più vicini attentati avvenuti per mano di affiliati all’ISIS o di fondamentalisti islamici generici. Non voglio dare altri dati a riguardo: per quelli ci sono i giornali e i telegiornali che, come al solito, assolvono egregiamente a questo compito. Io invece, come avete visto dalla nascita del blog con i vari articoli, mi voglio concentrare  su una  parola sulla quale si regge un mondo: PERCHE’?  Vorrei ampliare e sintetizzare questo “perché”, già trattato in vari modi negli altri articoli, con una  considerazione basata su 4 punti, ovvero:

  • CHI SEMINA VENTO RACCOGLIE TEMPESTA: le colpe a livello macroscopico francesi                                                                                                                                                La gente, l’umanità, spesso è una macchina complessa con particolarità quasi auto inibitrici; queste particolarità  si notano ogni volta che qualcuno di noi affronta un fatto o un evento con il medesimo metodo empirico (se si è fortunati) oppure formando un particolare pensiero in cui l’individuo approccia ogni fatto accaduto alla comunità a un fatto accaduto a se stesso, parlando spesso senza neanche pensare alle conseguenze dei suoi pensieri se riportati alla portata della realtà. Ciò accade allo spettatore durante un episodio quale può essere un attentato fatto da un gruppo di nota conoscenza, uno scoppio di rabbia e d’ardore quasi cavalleresco che porta alla irrazionalità del pensiero. Io invece vorrei affrontare, come ho fatto fin dall’inizio, scientificamente la questione poiché, paradossalmente a quel che fanno vedere i media, il nemico di facciata è l’ISIS, ma coloro che permisero, provocarono e/o finanziarono la sua creazione sono ben altri e spesso connotati con espressioni come “alleato”. Abbiamo già analizzato le implicazioni americane nella creazione dei vari gruppi fondamentalisti, prima in Iran con la messa al potere di Pahlavi e la conseguente rivoluzione sciita di Komeini (e la formazione di  gruppi sunniti iraniani che andarono a combattere in Afghanistan), poi con le implicazioni e i finanziamenti dati ai gruppi fondamentalisti afghani per destabilizzare il potere di Taraki in Afghanistan (lasciando quest’ultimo stato per oltre vent’anni in balia prima di una guerra sanguinaria tra fondamentalisti e sovietici, dopo in balia di un governo fondamentalista e assetato di sangue fondato sull’estremizzazione delle leggi Coraniche), infine con la caduta di Hussein con l’aggregazione del corpo di guardia di quest’ultimo ad Al-Quaeda    e l’invasione dell’Afghanistan. Ora vediamo le colpe storiche della Francia, anzi, rettifico, della classe dirigente francese: la prima fu  l’assoluto diniego al diritto di autodeterminazione delle colonie francesi ovvero il Marocco, la Tunisia e l’Algeria. Per  le prime due realtà la lotta armata divenne occasionale (prima della seconda guerra mondiale esisteva già uno stato autonomo marocchino, la Repubblica del Rif, che combattè fino alla fine i francesi sognando l’indipendenza, nel caso dell’Algeria invece i combattenti indipendentisti furono presenti per tutti i 75 anni di dominio coloniale, spesso protetti dallo stesso popolo)  e si cercò di arrivare all’indipendenza in modo graduale (anche se dovettero aspettare oltre 6 anni per raggiungerla e per farsi riconoscere dalla Francia come stato assestante, riuscendo a divincolarsi dalla forte morsa politica di quest’ultima data dalla politica della co-sovranità), nell’ultima invece non si riuscì a trovare una strada diplomatica per via dell’assoluta fermezza della classe dirigente francese, campeggiata sia dal presidente De Gaulle sia dal primo ministro Francois Mitterand che, con la sua famosa frase “L’Algeria è Francia”, delineò la tipologia del conflitto peraltro già in corso. L’Algeria dovette aspettare il 1962 per diventare indipendente sopprimendo un golpe voluto da gruppi paramilitari segreti francesi; questa guerra ebbe un costo umano di oltre 400 000 vite tra militari e civili solo dalla parte algerina. La seconda della colpe a livello macroscopico è un fatto ben più vicino delle guerre d’indipendenza: la guerra in Libia. Infatti già nel 2011 la Francia, ben prima della morte di Gheddafi, stava sfruttando i gruppi fondamentalisti che fomentavano la rivolta libica per i propri interessi petroliferi, finanziandoli assieme ad Arabia e Qatar, dandogli una degna copertura aerea con i continui bombardamenti e, assieme agli alleati inglesi, progettando la presa di Tripoli. Come poi è successo in Afghanistan le milizie jihadiste divennero una realtà importante, diventando da utili mezzi finalizzati al perseguimento di determinate politiche economiche delle risorse a una minaccia troppo grande per le potenze avverse a Gheddafi,e troppo potenti per essere contrastate militarmente: per 2 anni queste ultime potenze antagoniste nella guerra si chiusero in un silenzio a dir poco imbarazzante finché la presenza di questi gruppi fondamentalisti si fece sentire in tutti i media mondiali.

 

  • INGIUSTIZIE ED ERRORI NEL MICROCOSMO CHE PORTANO AD UN CIECO TERRORISMO                                                                                                                               Vediamo le colpe a livello microscopico ora, ovvero le colpe interne alla nazione. Queste sono incentrate sulle pessime politiche di accoglienza e integrazione francese, corrispondenti alla pessima pianificazione urbana che, fra le tante cause di criminalità nei quartieri stranieri , è una delle più importanti sull’aspetto sociale e sull’integrazione. Infatti, si applicano le stesse disuguaglianze delle società nella pianificazione urbana ovvero l’esempio “Molenbeek”,un enorme complesso di appartamenti isolati dal resto di Bruxelles dove sono confinati immigrati, poveri e poverissimi e, nel caso del Belgio, questi appartamenti erano destinati per la maggior parte alla comunità islamica. Lo stato infatti incentiva la criminalità usando tre semplici fattori:
     
    1) destinando la maggior parte di questi complessi ad una determinata categoria non si permette alla suddetta di integrarsi con la società,facendo chiudere in se stessa tutta la comunità, facendo covare silenziosamente all’interno di essa i malcontenti che nascono dalle più svariate necessitudini o dai più svariati problemi (economici, sociali ecc).
     
    2) spesso e volentieri la stessa collocazione urbana è infelice e può portare alla creazione di criminalità organizzata (vedi l’esempio di moltissimi quartieri italiani), dove i pianificatori urbani sono stati così geniali da mettere queste enormi infrastrutture piene di persone che hanno “solo da guadagnare e nulla da perdere” vicino ai SERT, oppure vicino agli ospedali psichiatrici.
    3) gli stessi servizi dedicati a queste persone sono direttamente proporzionali alle loro condizioni sociali (quindi, non solo le stesse abitazioni, ma anche altre importanti infrastrutture, come le scuole).
     
    Quindi lo stato deve dire, almeno in parte, MEA CULPA e deve iniziare a pensare che per evitare non solo l’insorgere del terrorismo ma anche della criminalità organizzata (almeno in parte) sarebbe giusto eliminare la distinzione “classista” almeno nella stessa planimetria delle varie città (poichè, chiedere una maggiore giustizia sociale generale attualmente sarebbe un sogno mai esaudito). Questo infatti è uno dei motivi che porta al terrorismo cieco, non mirato, che miete vittime innocenti in nome di entità oltreoceano che inneggiano ad un fantomatico Califfato: come il solito, coloro che si macchiaron di colpe quali la creazione di questi mostri sono esentati dalla punizione, grazie sia alla loro posizione gerarchica che alla loro ricchezza e, per pagar gli errori di questi, la povera gente si sacrifica sull’altare del capitalismo e dei porci comodi dei suoi sostenitori.   Questa carneficina poi è fomentata  dalla deficienza francese, e da quella europea; infatti, come si è visto a Nizza, tanto vale che qualche borioso esponente dell’estrema destra xenofoba inneggi al controllo di tutti i musulmani e voglia mettere una vera frontiera per l’immigrazione (quando si parla irrazionalmente spesso si cade in questi errori) QUANDO NON CI SONO NEMMENO I CONTROLLI BASILARI PER FAR ENTRARE UN “SEDICENTE” GELATAIO IN UN’AREA PEDONABILE (prima di far controlli a destra e a manca io controllerei le stesse forze dell’ordine). In secundis poi tanto vale appoggiare un’Unione Europea frutto di oligarchie finanziarie  quando NEMMENO I SERVIZI SEGRETI DELLE NAZIONI CHE NE FANNO PARTE VOGLIONO UNIRSI E COLLABORARE per evitare qualsiasi evento spiacevole.

 

  • DISUGUAGLIANZE MEDIATICHE INTERNAZIONALI.                                                          Ci insegnano che alla domanda “quanto costa la vita di un uomo?” è doveroso rispondere “non ha prezzo”, eppur noi continuiamo imperterritamente a dimenticarcene, a dimenticare questo diritto naturale e universale che sarebbe intrinseco secondo molti nella natura umana. Perché questa affermazione? I perché sono tanti….”quanto costa salvare un uomo?” la teoria affermerebbe “niente” la pratica “troppo”; vale più la vita di un uomo nel suolo natio di finanza, lobby e multinazionali  o nella patria sfruttata da oligopoli internazionali? Nel sistema macroscopico globale la discriminazione sociale, economica, razziale e politica corrisponde alle medesime azioni nel contesto microscopico della nazione o della città, in cui, diversamente dall’aspetto fisico di quest’ultime, il “centro” del mondo è dato non dalla collocazione geografica ma dalla ricchezza (d’altronde, elemento che caratterizza anche il centro di una grande città). Nel mondo le notizie derivanti dal “centro” in assoluto sono più importanti e, i fatti di sangue sono in assoluto più “gravi e commoventi” di quelli avvenuti nella “periferia”; basti vedere l’attentato più importante di quelli sopraelencati, avvenuto a Baghdad con oltre 200 morti quanta risonanza mediatica ha avuto: una notizia di sfuggita sui telegiornali nazionali. Oppure altri fatti: cosa sta succedendo in Ucraina sul fronte del Donbass? Quanto gli israeliani stanno vessando dal 1946 i palestinesi? Tutto tace sulla Siria? Chi sa che in Congo persiste una guerra iniziata lo scorso secolo? Lontano dagli occhi, lontano dal cuore giusto? D’altronde a noi occidentali interessano solo gli eventi commercializzabili o che possano influenzare gli andamenti economici; in un mondo dove la finanza ha sottomesso l’economia (come diceva E.Pound) e, di conseguenza ha sottomesso anche le stesse politiche sociali, la deterrenza egoistica umana, simbolicamente incorporata nella freddezza e nell’egoismo del modello ideale del trader o del broker finanziario, è componente essenziale.

 

  • IL TERRORISMO OCCIDENTALE. Questo ultimo punto pone fin da subito un interrogativo: in che senso terrorismo occidentale? Il terrorismo occidentale è tutto ciò che agisce sulla realtà politica di un determinato paese destabilizzandola per fini economici attuato da agenti come lo stato o, per la maggior parte, le multinazionali che spesso sono protette da organi o partiti statali.  A fine anni 60 due economisti americani, Baran e Sweezy,  vollero integrare la teoria  dell’imperialismo di Lenin(legata ad un’ economia di tipo concorrenziale)  con la loro teoria del  capitalismo monopolistico di stato  dove si analizza lo sviluppo economico statunitense finalizzato dato dall’imperialismo (infatti secondo loro lo sviluppo economico impressionante fu dato dall’investimento del  surplus, ovvero la differenza tra ciò che una nazione produce e ciò che consuma, nella spese militari, così da tenere occupato nei servizi militari diretti e indiretti gran parte della popolazione). Questa analisi porta ad una conclusione: nonostante l’indipendenza raggiunta i paesi del Terzo Mondo resteranno colonie economiche dominate dai paesi più forti e/o dalle multinazionali per il semplice motivo del loro inserimento nell’economia capitalistica, inoltre ciò comporterà che il sistema capitalistico crei scompensi politici, economici e territoriali per la sua sete di profitto, impoverendo ancora di più i paesi sottosviluppati per le loro misere capacità contrattuali. Ecco cosa significa “terrorismo occidentale”, e questo si manifesta in molti modi, tra cui la vendita delle armi ai gruppi fondamentalisti, prima per “ragion di stato” (da ricordarsi l’incontro Al-Baghdadi -John McCain nel 2013 per assistere i nuovi “combattenti per la libertà” contro Assad per i classici interessi economici che vertono su risorse energetiche), poi per iniziativa delle multinazionali delle armi talmente vicine e immischiate nel mondo politico americano da assumere la forma una vera e propria forza politica con la National Rifle Association, una lobby finalizzata alla protezione delle varie industrie d’armi, dotata della grande capacità di distribuire grandi quantità di voti ai determinati politici a lei alleati (fra cui coloro che vorrebbero una nuova configurazione del medio oriente con uno Stato Curdo, un Califfato sunnita e uno Stato sciita per minare una volta per tutte la stabilità politica della regione e avere nuovi ricchi alleati, grazie anche all’azione dei partiti social liberisti come il PDK curdo); si spera che la “ragion di stato” non sia ancora presente sotto false spoglie, visti i comportamenti ambigui degli americani che non solo  bombardano le milizie del Califfo ma  anche le infrastrutture petrolifere siriane. Un altro esempio di “terrorismo occidentale” è lo sfruttamento del Congo finalizzato alla raccolta del Coltan. Infatti pochi sanno che usufruiamo ogni giorno di un pezzo di Congo poiché il minerale sopracitato, il Coltan, è un minerale composto da columbite e tantalite finalizzato alla lavorazione per l’inserimento nei nostri dispositivi elettronici (pc, telefonini, tv ecc); questo minerale indispensabile per il funzionamento di queste macchine inoltre è presente per l’80% dei suoi giacimenti solo in Congo, in particolare nella zona del Kivu. Il commercio di questo minerale frutta alle multinazionali un profitto altissimo, dato anche dall’estrazione continua di enormi quantità di plusvalore dai lavoratori locali, molti dei quali bambini  (per cui le multinazionali non assicurano nemmeno indumenti appropriati per l’estrazione del minerale grezzo, il quale è radioattivo), pagati pochi dollari al Kg quando questo metallo nel mercato internazionale  ne vale fino a 600 $. Inoltre con i proventi dati dall’estrazione del minerale le multinazionali finanziano ed armano i gruppi terroristici e ribelli locali (sia per destabilizzare la situazione politica vigente sia per tenere questi gruppi al “guinzaglio” sapendo che loro stessi avrebbero la possibilità di appropriarsi e di commercializzare il Coltan) in modo tale da scatenare continui squilibri socio-politici in primis nella regione del Kivu e, di conseguenza , alimentare focolai in tutto il paese in preda ad una guerra civile “dimenticata”, data da questa “corsa al Coltan” che ha mietuto fin ora 11 milioni di morti. Il proiettare questo stato africano nella logica della globalizzazione e del mercato libero porta al continuo tacere dei media e al non affrontare legalmente la questione, infatti, come dice il dottor Jean-Léonard Touadi : “L’unica via per interrompere il mercato del “coltan insanguinato” e i conflitti ad esso collegati sarebbe una normativa internazionale. Se, infatti il “protocollo di Kimberley” ha posto regole al commercio dei diamanti, per il coltan, per il quale il percorso di tracciabilità sarebbe più facile provenendo prevalentemente da un solo paese, non esiste alcuna regola. Il commercio del Coltan è un circuito consolidato e tutti trovano il loro tornaconto, compresi gli Stati vicini, visto che il commercio illegale passa per Kigali e Kampala. Bisogna che se ne parli, che chi legge i giornali si renda conto. E secondo me uno dei motivi per i quali la guerra non finisce è proprio questa. Ciò che mi scandalizza di più è il silenzio”.                                                                                                                                                                         Compagno Elia

 

 

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