Ieri un gruppetto di Forza Nuova ha avanzato una spedizione davanti alla sede di Repubblica e L’Espresso a Roma. L’episodio si può trovare riportato su ogni testata nazionale, pertanto si vuole proporre una rielaborazione critica dell’accaduto.
Le critiche a parole al blitz sono giunte da tutte le forze politiche, più veementi o meno a seconda dell’orientamento: il centrodestra invoca la faziosità del giornale, il centro condanna, i social-liberali parlano di un scioglimento delle organizzazioni postfasciste, Casapound e Fratelli d’Italia si discostano affermando che abbiano «sbagliato tattica», ma dalla sedicente sinistra si avvertono le più pesanti parole, quali battaglia agli “estremismi” che minacciano la vita democratica del Paese.
Ora, cosa si intende per “estremismi” non si sa per certo, con una formula così vaga tale da essere negli ultimi giorni accompagnata dall’aggettivo nazifascisti, ma che dal polverone sollevato dalla Legge Fiano ha visto le sue condanne in qualche comune di “reato di apologia di comunismo”, ponendo un errato e superficiale paragone tra l’autoritarismo militarista capitalista e il collettivismo democratico socialista. In generale, però, si può definire “estremismo”, col significato usato ora, come qualsiasi idea, ideale o ideologia che contrasti almeno a parole l’ordine liberale della Repubblica Democratica, che si ricorda essere la forma ideale per lo Stato borghese. A conferma di ciò, ci si dice in “epoca post-ideologica”, si arriva a dire che le ideologie non esistono più, con un’evidente allusione alla Guerra Fredda e alla contrapposizione in blocchi resa sui manuali scolastici come sulla stampa dell’epoca in un insensato e sbagliato capitalismo-USA vs comunismo-URSS. Tornando a noi, nell’accezione diffusa, gli “estremismi” risultano essere comunismo e nazifascismo, che contrastano il dominio vittorioso del capitalismo e delle sue democratiche istituzioni.
Nonostante ciò, l’attuale clima, definito forse a ragione «squadrista», deve essere subito reso chiaro: lo Stato, mezzo d’oppressione della classe dominante, intende porre fine a ciò che minaccia l’attuale ordine delle cose, ovvero dati economici distorti e una forbice tra ricchi e poveri, tra salario e valore sempre più ampia. La risposta a cui danno i movimenti nazionalisti, postfascisti e simili è solo un pretesto, per ritrovarsi in un nuovo palesamento dell’autoritarismo e per minare l’Unione Europea, ultimamente agognata da tutte le forze politiche maggiori, che si ritrovano in un’inquietante identicità d’opinioni, una sorta di partito unico in quattro facce: si sceglie da che elemento della classe dominante farsi opprimere, ma l’oppressione non cambia e non si allevia. La crescita del consenso da parte dei movimenti “alternativi” fa riflettere sullo stato della società nel nostro Paese: in Italia si vuole un cambiamento, e rifugiarsi nell’utopia e negli slogan “populisti” sembra appagare; le classi subalterne sono illuse dai fasti militaristi e autoritari che porterebbero solo maggior oppressione. Quest’illusione è a sua volta causata dalla guerra tra poveri, la paura dell’immigrato, focosamente alimentata ed esplosa coll’irruzione a Como di un gruppo di skinheads in un centro d’accoglienza, addirittura supportata da Salvini, siccome va ad alimentare la sua nebulosa propaganda anti-immigrati.
Al contempo, la passiva accettazione da parte dei comunisti di lasciarsi trascinare dai loro futuri omicidi, ovvero dai riformisti e dal “polo unico della sinistra” che ammalia i rivoluzionari, non permette una diffusa organizzazione e propaganda contraria alla dominante, con l’Italia liberista nuovamente in crisi, che tenta di rinnegare sé stessa, e con un’ascesa spaventosa di moti d’odio. Quando i poveri credono che a derubarli siano i più poveri di loro, ecco l’apice del dominio della classe padronale, in un efficace divide et impera. Non si deve cedere alle deviazioni dal percorso rivoluzionario, e non si deve lasciarsi trascinare nel pantano del riformismo. La debolezza dei marxisti sta proprio nella scarsa conoscienza della loro letteratura e della loro storia: ricordiamo tutti i tradimenti, da Kautsky ai menscevichi, da Bernstein a Ebert, da Blum al PCE, e ancora si vuole dare corda al parlamentarismo, all’unificarsi sacrificando gli interessi dei lavoratori.
Perché il nocciolo della questione è qui: nessun partito rappresenta gli interessi dei lavoratori, che sono allo sbando tra le ideologie nazionaliste e globaliste. Si costruiscono accordi tra élites burocratiche senza il vero interesse nella classe subalterna, che quindi deve espressamente prendere le armi in mano, per gettare alle rovine la vecchia società.
— Compagno Emanuele
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