Per comprendere a fondo le opere di Engels e il contributo che esse hanno apportato all’innovazione marxista è necessario innanzitutto capire l’oggettività socio-culturale in cui il filosofo svolgeva la sua battaglia teorica, senza trascurare i risultati limitati che le scienze positive, che svolgono un ruolo centrale all’interno epistemologia engelsiana, avevano ottenuto fino allora.
Nella seconda metà del XIX secolo, Engels intraprende infatti una dura lotta contro i positivisti, contro le loro tendenze metafisiche e lo scientismo che li caratterizzava in quanto eredi diretti dell’Illuminismo: nonostante l’antitesi che essi avevano elaborato contro l’ordine e il pensiero religioso per Engels i positivisti non si erano allontanati dal pensiero dei materialisti meccanicisti del Settecento, che consideravano l’esistente come materia inerte ed eterna piuttosto che il risultato di un continuo scontro tra classi; l’Antidühring sarà l’opera cardine di questo processo critico.
In generale, nei suoi manoscritti epistemologici (la Dialettica della natura, l’Antidühring e il Ludwig Feuerbach), Engels definisce il problema della natura all’interno della relazione più ampia filosofia-scienze positive.
Da questi presupposti, Engels ricercherà la sintesi tra scienze positive e idealismo tedesco, tra il positivismo e dialettica hegeliana: un nesso senza contraddizioni che va al di là delle voci che lo definiscono “positivista” o “hegeliano”. Engels riconosce alla filosofia una doppia funzione: anticipare i risultati della ricerca scientifica e con l’avvento delle scienze positive, reinterpretare e organizzare i risultati dello studio empirico della natura secondo un ragionamento teorico; ciascuno di questi compiti è per Engels esclusivo nei confronti dell’altro.
Per il filosofo infatti, le speculazioni sulla dialettica hanno avuto senso finchè l’indagine scientifica, basata sul metodo sperimentale ed empirico, non ha accertato che la dialettica è la legge secondo cui si regolamenta l’esistente: ora, alla filosofia non rimane che scartare i rudimentali ragionamenti idealistici e la metafisica che soggiace il pensiero hegeliano, basato sulla congettura e sostituirlo con una nuova verità, supportata dallo studio empirico della natura.
Ogni scienza particolare che abbia per oggetto il nesso complessivo diventa superflua.
Friedrich Engels, La scienza sovvertita del signor Eugen Dühring o Anti-Dühring
I risultati della moderna scienza della natura si impongono all’attenzione di tutti coloro che si occupano di questioni teoriche, proprio con la stessa irresistibilità con la quale gli scienziati naturalisti di oggi si vedono spinti, lo vogliano o no, a deduzioni di carattere teorico generale. E qui interviene una certa compensazione. Se i teorici sono dei superficiali nei campo delle scienze naturali, altrettanto lo sono, in effetti, gli scienziati naturalisti di oggi nel campo della teoria, nel campo di ciò che fino ad oggi veniva indicato come filosofia.
Lo studio empirico della natura ha accumulato una quantità così imponente di conoscenze positive, che la necessità di ordinarle sistematicamente e secondo la loro intrinseca connessione in ogni singolo ramo di ricerca è divenuta assolutamente improrogabile. È divenuta del pari una necessità improrogabile porre nella giusta connessione tra di loro i singoli campi della conoscenza. Con ciò, però, la conoscenza scientifica si trasferisce sul terreno teorico, e qui vengono meno i metodi dell’empiria, qui può venire in aiuto soltanto il pensiero teorico.
Friedrich Engels, la Dialettica della Natura
Engels mette quindi in piedi un nuovo binomio tra scienze positive, intese come canoni descrittivi della natura, frazionarie e atomistiche e teoria, intesa come generalizzazione dello studio empirico, in cui entrambe esistono trasversalmente, senza contraddirsi l’un l’altra: l’avvento della ricerca scientifica toglie il primato sulla speculazione della natura alla filosofia, ma attribuisce ad essa la valorizzazione dei risultati e il rifiuto dell’approssimazione empirica.
La nuova dialettica oggettiva si basa per Engels su tre leggi fondamentali, di queste va colto il profondo valore materialista: per discernere a fondo la società è necessario per il filosofo dunque prima comprenderne i vincoli che la legano alla materia, analizzare la relazione struttura-sovrastruttura in cui è diviso l’esistente e discernere l’oggettivo. La natura deve essere concepita in modo dialettico, la ricerca scientifica lo obbliga. In questo processo si inseriscono le tre leggi che si pongono alla base del materialismo dialettico: la legge della conversione della quantità in qualità e viceversa; la legge della compenetrazione degli opposti; la legge della negazione della negazione. Per Engels il movimento è lo stato d’esistere della materia e nei suoi mutamenti essa è indistruttibile ed eterna: la storia non è soltanto storia di lotta di classi, ma anche storia delle perpetue trasformazioni della materia.
La metafisica considera tutte le cose del mondo come isolate e statiche, le considera unilateralmente. Una tale concezione del mondo considera tutte le cose del mondo, le loro forme e categorie, come eternamente isolate le une dalle altre e eternamente immutabili. Anche se riconosce le modificazioni, le considera soltanto come aumento o diminuzione quantitativa o come semplice spostamento. E le cause di questo aumento, diminuzione, spostamento non si trovano nelle cose stesse, ma fuori di esse, ossia nell’azione di forze esterne. I metafisici ritengono che le diverse cose del mondo e le loro proprietà rimangono immutate dal momento in cui cominciano a esistere, e che le loro successive modificazioni siano soltanto aumenti o diminuzioni di quantità. Essi ritengono che una cosa possa soltanto riprodursi all’infinito, ma non trasformarsi in un’altra cosa, in una cosa diversa… Perciò essi non sono in grado di spiegare né la molteplicità qualitativa delle cose né il fenomeno della trasformazione di una qualità in un’altra.
Mao Zedong
Questi assunti si basano su scoperte scientifiche centrali del settecento e dell’Ottocento, che misero in crisi i canoni metodologici delle varie “filosofie” della natura, basate su sistemi idealistici o materialisti meccanicistici. La prima «è la scoperta della cellula come unità, dalla cui moltiplicazione e differenziazione si sviluppa tutto l’organismo vegetale e animale, cosicché non solo si è riconosciuto che la evoluzione e la crescita di tutti gli organismi superiori seguono un’unica legge generale, ma si è anche dimostrato che la capacità di trasformazione della cellula è la via attraverso la quale gli organismi possono modificare la loro specie e compiere un’evoluzione non solo individuale». La seconda è la scoperta che le varie forme di movimento della materia possono convertirsi, in determinate condizioni, l’una nell’altra (legge di trasformazione dell’energia). «Finalmente la dimostrazione data per la prima volta in modo organico da Darwin, che il complesso dei prodotti della natura organica che ci circonda, compreso gli uomini, è il prodotto di un lungo processo di evoluzione da pochi germi originari unicellulari, i quali a loro volta sono derivati da un protoplasma o sostanza albuminoide sorta chimicamente».
L’attualità del materialismo dialettico di Engels si rivela in queste tre leggi sulla natura più che in ogni altra sua elaborazione, scritte in una fase storica in cui il modello produttivo si tuffava nella frenesia industriale e denigrate, modificate e riformulate in ogni modo da detrattori e revisionisti. A due secoli dalla nascita di Engels, in una società che scompone le soggettività in individui, che curva sempre più verso la logica del profitto sopra ogni cosa, l’antidoto rimane lo stesso che ci consegnarono: comunismo e lotta di classe!
— Compagno Luca
Excelente artículo