Ascoltando una videoconferenza organizzata da Sinistra Italiana, con ospiti di tutto rispetto come Luciana Castellina, Donald Sassoon, Heinz Bierbaum ed Etienne Balibar, ho potuto constatare l’enorme differenza di vedute sulla questione europea dentro il nostro campo politico.
Premesso che il tema all’ordine del giorno era ovviamente la pandemia in corso e le sue conseguenze economiche e sociali, si legava l’UE alle possibilità di uscire da questa complicata situazione con la solidarietà europea.
La battaglia per una riforma sociale dell’UE resta ancora una volta lo stendardo di battaglia della cosiddetta sinistra-sinistra, nemica dell’austerità ma anche dei sovranisti.
I più lucidi sono stati a mio avviso Balibar e la Castellina nel disegnare la necessità di costruire un’alternativa radicale alla risoluzione autoritaria della crisi che segue la pandemia. Siamo tutti consapevoli della possibilità di una fuoriuscita a destra, come dimostra tristemente l’Ungheria, che potrebbe appoggiarsi anche sul rafforzamento dello Stato e qui Sassoon ha ragione nell’identificare, come esempio, la capacità di Johnson di intestarsi due battaglie della sinistra laburista inglese: la difesa del Sistema Sanitario Nazionale e la maggiore spesa pubblica.
Tuttavia nota che per contrastare questa capacità della destra di rispondere alle esigenze popolari occorra maggiore Europa, invece del rafforzamento degli Stati nazionali.
Ma di quale Europa?
Sicuramente non questa e lo ripeterò all’infinito ai compagni europeisti, oggi l’UE che rifiuta di aiutare il Sud perché non ha i conti in regola è l’Europa. Eppure ancora si vagheggia di una riforma sociale di tutto ciò, senza capire la natura classista ed imperialista di questa struttura che è anche una modalità tecnocratica di gestione del potere, in palese contraddizione con le Costituzioni antifasciste e un’idea democratica, intesa come partecipazione attiva delle persone alla gestione dello Stato e dei beni comuni, di società. Questa posizione viene motivata associando lo Stato nazionale al nazionalismo, a cui rispondono reclamando un Superstato imperialista e classista.
Sempre Sassoon fa un ragionamento molto importante. Afferma giustamente che il termine di paragone di questa crisi non è quella del 2007-2008, bensì la crisi del 1929. In poche settimane negli USA abbiamo avuto 10 milioni di disoccupati, nel 1929 per raggiungere quota 12 milioni ci vollero quattro anni. Da qui il ragionamento sul “momento Polanyi”: Quale sarà la soluzione a questa crisi? Sarà una soluzione di sinistra, ovvero l’equivalente del New Deal, oppure di destra, l’equivalente del fascismo? Posto che a risolvere la crisi del 1929 fu la Seconda guerra mondiale, la migliore medicina per il capitalismo in crisi.
Sassoon propende per una possibile soluzione di destra a seguito di una stagnazione che si prospetta essere ventennale, vedendo nella crescita del populismo di destra nei paesi a capitalismo avanzato l’antipasto del nostro prossimo futuro.
Balibar e la Castellina sono stati molto lucidi perché hanno intravisto nel Comune e nella distinzione tra intervento pubblico e statale la possibilità di una vera alternativa.
La crisi porterà alla necessità di un processo di centralizzazione che inevitabilmente coinciderà con un rafforzamento dello Stato, il compito delle masse sarà inventare un rapporto critico con gli apparati statali, democratizzandoli. Si tratta dell’unità degli opposti che rinuncia alla passività ma anche al nihilismo.
La sfida della radicalità sta nel ragionare nel punto di biforcazione tra l’alternativa autoritaria e il cambio radicale che coincide con la capacità di immaginare un’altra società.
Il campo di battaglia per fare ciò lo sta imponendo la pandemia, è il collegamento tra sociale, biologico e politico dove emerge la vulnerabilità differenziale di agenti rinnovanti che calibrano il proprio intervento biopolitico.
L’alternativa radicale, insiste Balibar, dovrà ripartire dai bisogni che si manifesteranno nella società durante la crisi, attraverso l’azione di forze sociali eterogenee mosse da interessi comuni. L’esempio calzante è proprio il rapporto tra cittadini e sanità pubblica.
La lezione che dobbiamo trarre è ancora una volta la necessità e la centralità della politica per gestire questa situazione, intendendo con questo termine la partecipazione delle masse nella soluzione dei propri problemi.
Ci aspettano anni difficili in cui occorrerà lottare per non pagare i costi della crisi del capitalismo.
dove si trova questa videoconferenza?
ah, trovata ! PS ma avete dikmenicato di dire che c’era pure Marcello Musto
no, non c’era … 😦