Articolo apparso su LON – L’Ordinovista il 12/10/2022
Prosegue la serie basata sulla lettura di Fineschi del progetto di critica dell’economia politica di Marx. Dopo aver visto la maniera in cui il modo di produzione capitalistico impone la sua forma di moto al processo lavorativo, in questo articolo cercheremo di studiare come esso si ponga come presupposto-posto e, una volta giunti alle sue forme pure, vedremo come avviene il passaggio dal modello del capitale in generale a quello della particolarità del capitale.
Capitale Diveniente e Capitale Divenuto
Il processo di sussunzione che abbiamo visto nel precedente articolo riguarda per adesso solo il capitale nella sua generalità e preso singolarmente: non c’è ancora il rapporto fra un capitale e molti capitali. Si tratta adesso di studiare il capitale come posto, ossia come il capitale produce come proprio risultato ciò che inizialmente gli era presupposto in maniera esterna. Il concetto fondamentale per giungere al capitale posto è quello di accumulazione, ma prima del suo svolgimento è necessario toccare altri concetti. Innanzitutto va affrontata la diade capitale diveniente – capitale divenuto.
Il concetto di capitale diveniente in Marx sembra avere diverse accezioni che fra di loro non coincidono affatto e anzi rischiano di travisare il suo lavoro. Qui va recuperata la distinzione fra senso storico-logico e senso storico-cronologico che abbiamo menzionato in articoli precedenti:
- in senso storico-cronologico il capitale diveniente può essere inteso come quella fase storica che precede il modo di produzione capitalistico, ossia la dissoluzione di precedenti modi di produzione che porta alla formazione dei suoi presupposti concettuali (sostanzialmente l’accumulazione di denaro e l’esistenza sul mercato della merce forza-lavoro). All’interno di questa accezione va fatto un ulteriore distinguo: una cosa è la teoria dei modi di produzione antecedenti a quello capitalistico (come possono essere le Forme che precedono l’accumulazione capitalistica nei Grundrisse), un’altra la ricerca storiografica volta a descrivere come in un determinato paese si siano formate certe precondizioni (come può essere il capitolo sull’Accumulazione originaria nel I libro del Capitale)
- in senso storico-logico il capitale diveniente può essere inteso come il divenire se stesso del capitale una volta che esso è qualitativamente caratterizzato come tale (processo che include ciò che abbiamo trattato nei precedenti articoli, cioè la dialettica merce-denaro e la sussunzione del processo lavorativo al capitale). Dal momento in cui il contenuto sussunto si forma in maniera adeguata al concetto di capitale è possibile, per il modo di produzione capitalistico, estendersi all’intera produzione sociale e pensare le modalità attraverso le quali esso pone i propri presupposti.
A differenza del primo, il secondo modo di intendere il capitale diveniente fa parte appieno della teoria dialettica del Capitale, proprio perché non si limita a registrare dei cambiamenti che sono avvenuti in uno sviluppo storico inteso in maniera lineare, ma mostra invece le modalità attraverso le quali, partendo da determinati presupposti qualitativi, in base alla propria tendenzialità interna, il capitale si sviluppa come processo autosufficiente. Il senso storico-logico di capitale diveniente sta anche sullo stesso piano logico di quello di capitale divenuto. Con capitale divenuto si intende infatti il funzionamento divenuto autonomo del modo di produzione capitalistico. Il concetto indica cioè che i presupposti concettuali della produzione capitalistica sono stati posti come risultato proprio dal processo di produzione capitalistico e che quindi questo poggia su un contenuto adeguato alla propria forma di moto.
Le due Clausole di Astrazione e le due Accumulazioni
Per esporre l’ulteriore sviluppo della teoria credo sia bene inoltre ricordare, come scrissi nell’articolo sull’emendazione di Marx, che in questa fase dell’esposizione della teoria vigono ancora due importantissime clausole di astrazione. Queste clausole, che servono a Marx per studiare senza intralci la dinamica pura dei fenomeni, sono le seguenti:
- Si presuppone che tutte le merci prodotte “si scambiano ai loro valori” (clausola di proporzionalità perfetta fra produzione e consumo). Questo significa che non esistono problemi di realizzazione, ossia che tutte le merci prodotte sono vendute e che tutti i mezzi di produzione possono essere acquistati senza problemi;
- Si presuppone che il plusvalore non si suddivida nelle sue forme fenomeniche derivate.
Le due clausole permettono che l’esposizione di parte del processo d’accumulazione possa essere premessa a quella della circolazione del capitale, dato che non ci sarebbe né accumulazione né riproduzione (in medesima scala o in scala allargata) senza passare per la circolazione (senza cioè vendere le merci e tornare a comprare mezzi di produzione e forza-lavoro col ricavato). In questo contesto puro si può distinguere ulteriormente fra un’accumulazione/riproduzione del capitale singolo e un’accumulazione/riproduzione che prevede la molteplicità dei capitali e che considera la connessione quantitativa del rapporto qualitativo fra capitali. Marx parte dallo studio della prima, e qui lo seguiamo.
La Riproduzione Sociale
Ho associato al concetto di accumulazione quello di riproduzione. Questo concetto è fondamentale per continuare a esporre come processo la contraddizione immanente alla merce, che adesso (data la sussunzione del processo lavorativo sotto la forma di moto capitalistica) riguarda la produzione del valore d’uso tramite il valore e del valore tramite il valore d’uso. Anche nella riproduzione si incrociano i due piani logici generali della trattazione: un contenuto trans-storico che può esistere però solo nelle forme storiche specifiche. La riproduzione infatti, nel suo senso più generale, accomuna tutte le forme della produzione umana: essa può definirsi come la produzione considerata nel suo ripetersi ciclico. Essa ha sia un prima (per pensare concettualmente la produzione dobbiamo implicitamente ammettere che le risorse utilizzate siano state a loro volta prodotte) che un dopo (per poter produrre di nuovo è necessario crearne le possibilità materiali nell’attuale processo di produzione). Questo però non ci dice nulla sul funzionamento specifico del modello capitalistico di riproduzione sociale. Un altra categoria in cui si incrociano questi due piani logici è quella del fondo di lavoro: se è vero che in ogni forma di produzione sociale gli uomini dovranno produrre il necessario per la loro sussistenza fisica, nel modo di produzione capitalistico la categoria si presenta nella forma specifica del capitale variabile.
Per studiare la riproduzione sociale in ogni suo aspetto, Marx parte dalla riproduzione semplice, cioè la riproduzione come ripetizione dello stesso processo sulla stessa scala, in cui il plusvalore realizzato viene consumato integralmente come reddito dal capitalista (non c’è il reinvestimento produttivo). Da ciò emergono due punti fondamentali per la logica del processo:
- la semplice continuità di esso, senza accumulazione, porta progressivamente alla sostituzione di tutto il capitale anticipato e, nel giro di un certo periodo, il capitale è interamente costituito da plusvalore accumulato
- condizione di partenza del modo di produzione capitalistico nel suo ideale momento 0 è la separazione fra lavoro vivo e condizioni oggettive del processo lavorativo, che si presentano di fronte a lui sotto forma di capitale. Ma la sussunzione del processo lavorativo alla forma di moto capitalistica fa sì che questo punto di partenza venga prodotto (e riprodotto) dallo stesso processo. Il lavoro alienato non solo realizza “prodotto”, non solo realizza “merce”, ma produce “capitale”. Tutta la ricchezza prodotta e riprodotta, una volta che il modo di produzione capitalistico si è generalizzato, assume la forma di capitale
Il modo di produzione capitalistico riproduce così la separazione fra lavoro e capitale, ossia il rapporto di produzione capitalistico stesso: da una parte si ha la ricchezza oggettivata nuovamente in forma di capitale, dall’altra la forza-lavoro come fonte soggettiva della ricchezza separata dai mezzi di produzione (lavoratore salariato). Il lavoratore, in questo contesto, appartiene al capitale ancora prima di aver venduto la sua forza-lavoro: da una parte è gettato sul mercato delle merci come venditore di forza-lavoro, dall’altra il suo prodotto è trasformato in mezzo di acquisto per il capitalista.
Passando dalla riproduzione semplice alla riproduzione allargata abbiamo finalmente una definizione dell’accumulazione. L’accumulazione coincide proprio con la riproduzione allargata, cioè con la trasformazione in nuovo capitale di parte del plusvalore prodotto. Da principio, il plusvalore esiste come valore di una parte determinata di prodotto lordo, e appena trasformato è indistinguibile da altro valore in forma di denaro. La trasformazione del prodotto in capitale necessita però di determinati elementi materiali: il prodotto complessivo annuo, infatti, dipende in primo luogo dalla sua composizione, e solo in un secondo momento dalla circolazione. È infatti necessario anzitutto integrare in natura i mezzi di produzione, poi vedere con quanto è avanzato se è possibile accumulare. Oltre agli elementi materiali è necessaria anche la nuova disponibilità di forza-lavoro.
Composizione di Valore, Tecnica e Organica del Capitale
Poco sopra ho menzionato il concetto di composizione, che gioca un ruolo fondamentale nell’esposizione di Marx. In merito a ciò, egli individua tre categorie:
- la composizione di valore del capitale (o “dal lato del valore”), con cui deve intendersi la proporzione in cui il capitale si suddivide in capitale costante (valore dei mezzi di produzione) e capitale variabile (valore della forza-lavoro)
la composizione tecnica del capitale (o “dal lato della materia”), per cui dato che ogni capitale che opera nel processo di produzione si suddivide in mezzi di produzione e forza-lavoro vivente, questa composizione si determina mediante il rapporto fra massa dei mezzi di produzione usati e quantità di lavoro necessario per il loro uso
la composizione organica del capitale, che designa la composizione di valore di capitale in quanto determinata dalla sua composizione tecnica e in quanto rispetti le variazioni di questa
L’allargamento della scala della produzione fa sì che lo stesso rapporto di produzione capitalistico si riproduca su scala allargata. Ciò estende in misura sempre più ampia il peso del capitale nella propria sfera di produzione e, tendenzialmente, porta all’allargamento ad altre sfere del rapporto di produzione capitalistico con tutte le sue categorie. Questo avviene anche se la composizione tecnica non cambia. Se invece essa si modifica, si sviluppano ulteriori determinazioni che riguardano proprio la composizione organica. A questa altezza Marx dà una nuova definizione di produttività di lavoro, per cui il grado sociale di produttività del lavoro si esprime nel volume della grandezza relativa di mezzi di produzione che un lavoratore trasforma in prodotto durante un dato tempo, e con la medesima tensione della forza-lavoro.
L’aumento dei mezzi di produzione è sia conseguenza che condizione dell’aumento della produttività del lavoro, e questo mutamento si rispecchia nella composizione di valore del capitale con l’aumento del capitale costante rispetto al variabile. La modificazione della composizione di valore indica però solo in modo approssimativo un effettivo cambiamento tecnico: il motivo è che, con l’aumento della produttività del lavoro, all’aumentare del volume materiale corrisponde una diminuzione relativa del valore di esso, quindi l’aumento del rapporto Cc/Cv è minore dell’aumento del rapporto fra la massa dei mezzi di produzione e della forza-lavoro impiegati.
Teoria della Popolazione
Con queste categorie alle spalle, Marx formula la sua teoria della popolazione, che declina nei termini della forma sociale capitalistica. L’aumento quantitativo del capitale si combina ad un continuo cambiamento qualitativo della sua composizione. Grazie soprattutto al processo di accumulazione e centralizzazione (concetto che vedremo a breve) il mutamento della composizione tecnica procede molto rapidamente. Marx nota che siccome la domanda di lavoro non è determinata dal volume del capitale complessivo, ma dal volume della sua parte costitutiva variabile, essa diminuirà in proporzione progressiva con l’aumentare del capitale complessivo invece di aumentare in proporzione di esso. Quindi all’aumentare del capitale complessivo cresce la parte costitutiva variabile, ma in proporzione costantemente decrescente. Ciò determina la produzione di una sovrappopolazione lavoratrice relativa, cioè eccedente rispetto ai bisogni di valorizzazione del capitale. Sono i lavoratori stessi che producono le condizioni della propria eccedenza, questa è la legge della popolazione peculiare del modo di produzione capitalistico. Avevamo detto che il capitale per poter essere accumulato aveva bisogno di nuova forza-lavoro disponibile sul mercato: si è visto adesso come esso stesso la produca. Il modo di produzione capitalistico pone così le proprie condizioni di esistenza come risultato.
I movimenti generali del salario non sono quindi regolati dal numero assoluto della popolazione dei lavoratori, ma è la capacità di valorizzazione del capitale a far sì che una certa parte della popolazione lavoratrice sia “di troppo”. Così la domanda di lavoro non è tutt’uno con l’aumento del capitale, come l’offerta di lavoro non è tutt’uno con l’aumento della classe di lavoratori.
A ciò Marx aggiunge una ulteriore suddivisione della sovrappopolazione relativa. Egli distingue fra:
- sovrappopolazione fluida/fluttuante, i cui lavoratori che vengono assunti e licenziati ciclicamente
- sovrappopolazione latente, che costituisce la base della fluida/fluttuante, è il grande serbatoio da cui attinge il capitale
- sovrappopolazione stagnante, formata da lavoratori attivi ma con occupazione assolutamente irregolare.
Con ciò il capitale sembrerebbe presupposto/posto: tutto ciò che gli era presupposto adesso è suo risultato. Dico sembrerebbe perché, per raggiungere questo risultato, come detto, non si è fatta astrazione solo dai problemi di realizzazione, ma anche dal suo necessario rapporto con gli altri attori della riproduzione sociale. La relazione con questi altri è però essenziale, e per vedere in che modo lo è sarà necessario studiare il mondo dei molti capitali.
Concentrazione e Centralizzazione
Per proseguire nell’esposizione, Marx conia la diade concettuale attrazione-repulsione, a cui sono legati i concetti di concentrazione e centralizzazione. L’accumulazione è mezzo di nuova accumulazione: il capitale tende ad ingrandirsi, ad attrarre a sé la ricchezza. Ciò determina l’ammassamento di ricchezza nelle mani del capitalista (capitale personificato). Questo crea le possibilità per l’ulteriore potenziamento della produttività sociale, proprio perché i mezzi a ciò necessari si concentrano nelle mani del soggetto che incarna questa socialità. Il capitale così si amplia e diviene possibile un suo impiego allargato. Questa è la concentrazione.
La tendenza del singolo capitale ad attrarre a sé la ricchezza però è l’altra faccia di un processo in cui molti capitali, indipendenti fra loro, tendono a loro volta ad attrarre a sé la ricchezza. Questa articolazione di molti capitali nell’accumulazione è la repulsione reciproca di essi: ciascuno cerca la propria valorizzazione a discapito degli altri. La controtendenza, ossia l’attrazione, consiste, oltre che nel processo di accumulazione autonomo del singolo capitale, nell'”esproprio del capitalista da parte del capitalista”, cioyè nel superamento dell’autonomia di capitali già formati sotto un altro capitale. Questa è la centralizzazione.
Arrivati fin qui abbiamo dunque visto anche la seconda forma di accumulazione. Come le due opposte forme attrazione-repulsione si rapportano reciprocamente non viene a questa altezza ancora sviluppato da Marx, siccome ciò appartiene alla trattazione della concorrenza dei capitali.
Il capitale è quindi articolazione di molti capitali che hanno una relazione di attrazione e repulsione fra loro, e questo per due argomenti fondamentali:
1. Per il ruolo centrale del concetto di merce. Come anticipato nella trattazione della circolazione semplice, la merce presuppone produttori autonomi e indipendenti. Se a quel livello espositivo non si tratta di capitalisti, qui si può dire che tenderanno a diventarlo perché:
- il denaro è posto adeguatamente solo se si trasforma in capitale
- il capitale è diffusivo, cioè il suo concetto tende ad allargarsi a tutta la produzione per la crescente produttività del lavoro che instaura. Se la produzione di merci è generale ciò significa che tutto è prodotto come merce, quindi anche i mezzi di produzione e la forza-lavoro; così il processo produttivo potrà avvenire solo come momento del capitale che si appropria dei suoi elementi costitutivi.
2. Per il fatto che, anche se la produzione avviene tutta in forma capitalistica, ciò non significa che avvenga tutta ad opera di un solo capitale, anzi proprio ciò è impossibile, sempre per il carattere fondamentale della categoria “merce”. La socialità della produzione si manifesta sempre nello scambio: il suo ricambio organico avviene come momento della produzione e circolazione del capitale complessivo. Ciò rende necessari agenti della produzione distinti che vendano al singolo capitalista i mezzi di produzione ed i beni di consumo che lui non produce e che comprino sempre dal capitalista quello che quest’ultimo ha prodotto.
Per ricapitolare, Marx sostiene che il processo di accumulazione ha quattro conseguenze principali:
- il modo di produzione capitalistico si allarga a più sfere;
- crea nuove sfere di produzione;
- man mano che esso si allarga si passa dalla sussunzione formale a quella reale;
- C’è un processo di repulsione (i molti capitali cercano la propria valorizzazione l’uno a scapito dell’altro) e attrazione (concentrazione e centralizzazione) fra una molteplicità di capitali, processo che è costitutivo del concetto di capitale in generale.
Risultati e Condizioni di Passaggio alla Particolarità del Capitale
Marx è quindi giunto ai seguenti risultati:
- facendo momentaneamente astrazione dal problema della realizzazione delle merci prodotte (supponendo cioè che esse vengano interamente realizzate) egli ha mostrato che fra i diversi capitali esiste una proporzionalità quantitativa che si muove secondo la qualità della valorizzazione;
- ha mostrato, d’altra parte, come il capitale produca una massa di merci avendo come scopo la valorizzazione, quindi il plusvalore e che ottenga questo scopo attraverso l’aumento “incondizionato” della produttività;
- adesso che sono state individuate le forme pure, è chiaro che la clausola che ha permesso di studiare il punto 1 non può essere mantenuta nel movimento reale, proprio perché il punto 2 si è rilevato legge immanente a quello stesso mondo, legge sviluppata da quelle stesse forme
Cosa succede se rimuoviamo la clausola della perfetta proporzionalità fra produzione e consumo? Che ci è finalmente possibile affrontare la particolarizzazione del capitale (che non coincide con la sua molteplicità). Il passaggio alla particolarità del capitale sarà oggetto del prossimo articolo, ma qui è possibile impostare la questione a livello generale indagando la genesi concettuale di concetti quali il profitto, la concorrenza e la crisi.
Una volta che è stato posto come risultato, il capitale valorizzato si rapporta a se stesso come ad un intero: il plusvalore è il risultato del suo processo (produzione + circolazione) e quindi va misurato sull’intera sua grandezza. Con ciò abbiamo la genesi concettuale del profitto.
La concorrenza invece viene definita da Marx come la modalità in cui il capitale realizza la sua processualità. La teoria della concorrenza servirà a Marx non per studiare la genesi dei molti capitali, ma per comprendere le modalità nelle quali la tendenza immanente al capitale si realizza attraverso i molti capitali (tendenza che la concorrenza non crea, ma attua).
Per quanto riguarda il concetto di crisi, invece, forse è qui utile rammentare i risultati ottenuti dallo studio della riproduzione semplice (che Marx chiama anche “processo di produzione immediato”):
- la produzione capitalistica è produzione non di merce, ma di una massa di merci
- la produzione capitalistica ha come scopo il plusvalore
- viene riprodotto lo stesso rapporto di produzione capitalistico come risultato
Dal primo e dal secondo punto si intuisce che la produzione capitalistica punta:
- non alla produzione della singola merce, ma di una massa di merci cariche di plusvalore
- non alla realizzazione del consumo, ma del plusvalore stesso
Il problema, qui solo lambito, è (in soldoni) quello della proporzionalità che ci dovrà essere fra i diversi settori produttivi e fra produzione e consumo. La tesi di Marx è che, siccome la proporzionalità si realizza nella forma capitalistica, la tendenza costante del sistema è la sproporzione e la sovrapproduzione. Per quale motivo? Dato che la produzione materiale è il tramite della valorizzazione, avremo una massa di prodotti che debbono essere venduti perché sia possibile realizzare il plusvalore in essi contenuto. Il consumo di quanto accumulato (produttivo o improduttivo che sia) deve quindi consistere di determinati valori d’uso effettivamente consumabili, perciò il valore d’uso non è eclissato dall’analisi, ma è anzi fondamentale per la determinazione delle forme economiche. Il punto di Marx è che nel modo di produzione capitalistico l’esistenza del limite del consumo (sia “individuale” che “industriale”) incide solo a posteriori sulla produzione stessa, al momento della vendita delle merci.
Pensiamo a come si presenta il movimento dell’extraprofitto nell’esposizione del plusvalore relativo: produrre più a buon mercato prima degli altri permette di vendere a prezzi più bassi guadagnando comunque di più (conquista del mercato a spese degli altri produttori). L’aumento della produttività del lavoro porta però con sé l’aumento dei prodotti nell’unità di tempo: essi debbono essere venduti tutti perché avvenga la valorizzazione del capitale e sono molti più di prima. Poiché tutti faranno tendenzialmente così per poter vendere rientrando nelle spese e realizzando il plusvalore, si avrà inevitabilmente una sovrapproduzione. La contraddizione, insomma, è la seguente: il singolo capitalista per sopravvivere deve ingorgare il mercato, deve creare cioè le condizioni di possibilità della propria fine. Inoltre, siccome affinché possa esserci un’accumulazione generale è necessaria la parallela accumulazione in diverse sfere della produzione, si presuppone uno sviluppo parallelo delle diverse branche, per fornire quanto reciprocamente necessario. Anche questo processo è influenzato dal movimento dell’extraprofitto.
Il blocco della riproduzione, ossia la crisi, potrebbe avvenire perciò per svariati motivi: i prezzi delle merci potrebbero cadere al di sotto dei prezzi di costo; potrebbero mancare i presupposti reali (come la capacità di consumo); potrebbe esserci un rapido aumento della produzione di sovracapitale che fa aumentare la domanda degli elementi produttivi.
Bibliografia
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