Martedì 29 ottobre 2024 con Roberto Mapelli dell’Associazione Punto Rosso, Marco Bersani di Attac Italia e Vittorio Sergi abbiamo presentato il libro La speranza in un tempo senza speranza con l’autore John Holloway. Si ringrazia il compagno del Collettivo Le Gauche Emanuele per il prezioso lavoro di traduzione dell’intervento di Holloway che qui di seguito potete leggere. Potete recuperare la presentazione sul nostro canale YouTube.
Non so da dove cominciare. Inizierò con l’ovvio, voglio dire grazie mille per aver organizzato questo evento e per i vostri eccellenti commenti. Quindi immagino che la cosa più semplice per me sarebbe andarmene adesso.
Perché voglio parlare di rivoluzione? Penso alla rivoluzione da molti anni, ma non ci sono partiti rivoluzionari e non sembra che ci sia una situazione rivoluzionaria in questo momento né in Italia, né in Messico, né in altri paesi. E inevitabilmente penso: forse sono pazzo a voler continuare con la rivoluzione che ormai è come un unicorno. Per molto tempo la gente ha creduto nell’esistenza dell’unicorno. Era un’idea molto bella, ma siamo arrivati alla conclusione che gli unicorni non esistono. Anche con la rivoluzione è lo stesso. Si tratta di un’idea molto bella ma alla fine devo accettare che l’unicorno e la rivoluzione non esistono. Io sono “unicorniano”, nel senso che non voglio accettare che l’idea della rivoluzione non esista o non possa esistere. Sono alle volte un romantico, un unicorniano, però realmente non è un romanticismo. Perché è sufficiente vedere quello che sta succedendo attualmente nel mondo, pensiamo a Gaza e a tutti gli orrori che stiamo vivendo, al riscaldamento globale, pensiamo a quello che può succedere il prossimo mercoledì negli USA, pensiamo a quello che sta succedendo in Italia, alle migliaia di migranti che muoiono nel Mediterraneo provando ad attraversarlo o alla frontiera tra Messico e USA.
Quindi, non è romantico dire che dobbiamo continuare a pensare alla rivoluzione. Dobbiamo continuare a domandarci come in questo momento possiamo pensare il superamento del capitalismo. Perché ovviamente ci sono molte lotte in molti luoghi, ma se non esiste una prospettiva che vada oltre al capitalismo, allora continuerà a riprodursi l’orrore del sistema attuale.
Questo significa dire che l’idea della speranza è qualcosa di molto profondo nella vita umana. Esiste ovunque ma non è semplicemente dire “spero che le cose vadano bene”. Significa pensare alla speranza come una speranza razionale, speranza pensata, una docta spes come dice Ernst Bloch. Questo mi riporta al punto di partenza, perché mi sono avvicinato al marxismo con Il principio di speranza di Ernst Bloch.
Si tratta di un libro che Bloch pubblica quando è tornato in Germania dopo l’esilio negli USA ed è composto da tre tomi e duemila pagine. Parla della centralità della speranza in tutta la cultura umana, in tutto il pensiero umano, fino ai racconti, la religione, la danza, la musica, la teoria politica. Questo lavoro dimostra l’esistenza costante della ricerca di un qualcosa che vada oltre al mondo esistente e per me la chiave centrale di questo argomento è il concetto del “non-ancora”. Si tratta dell’idea che nel mondo attuale esiste già questo mondo possibile. Quindi dentro al mondo attuale esiste già come sogno e come lotta e come esperimento il mondo che vogliamo creare e che potremmo creare.
E questo non-ancora è un movimento costante dell’andare oltre a quello che esiste. Bloch dice, dalla seconda pagina del libro, un qualcosa di molto bello, che pensare è andare oltre, pensare è rompere con quello che esiste già. Quindi l’argomento centrale del libro è che questo non-ancora è una ricchezza umana in termini di creatività, di amicizia, di amore e di sogni. Questa ricchezza umana è ciò che ancora non esiste nella sua pienezza, perché è compressa, contenuta, incasellata dalle relazioni sociali capitalistiche e in primo luogo dal denaro.
In questo modo possiamo pensare il capitalismo come un sistema orientato a contenere la nostra attività all’interno di certi margini mentre il denaro ci obbliga in termini generali a rispettare un determinato orario per andare a lavorare, a fare cose che non controlliamo e non determiniamo. In poche parole un obbligo, una forma di contenimento all’interno di certi confini mentre la nostra attività è delimitata all’interno di certi limiti. Anche il nostro pensiero è contenuto e ciò modella quello che possiamo pensare. Si tratta di quello che Marx critica come feticismo nel capitale.
Se la pensiamo in questa maniera possiamo ritenere che il capitalismo è un sistema di contenimento. Quindi l’anticapitalismo è il tentativo di rompere questo contenimento e di creare noi stessi altre forme di pensare e di agire. C’è come epigrafe al libro, un detto del poeta del secolo XVIII William Blake, un testo in cui parla dei proverbi dell’inferno: la cisterna contiene; la fontana trabocca. Il capitalismo contiene in un modo molto flessibile. Il denaro è un modo molto flessibile e molto efficace di contenerci. Se lo pensiamo in questo modo, la fonte, la rivoluzione, il bello è rompere questo contenimento, rompere con le regole del capitalismo. Questo è molto importante perché ora è chiaro che questa forma di contenimento è come una forma di addestramento. Questa forma di contenimento ha prodotto una ricchezza enorme, però allo stesso tempo è basata sullo sfruttamento e la distruzione che ora minaccia con la distruzione totale la vita umana.
Quindi, se pensiamo a questo traboccamento, rompe i limiti della ricchezza umana che si nega a rimanere semplicemente contenuta dal denaro, perché ovviamente il contenimento del denaro, della ricerca del guadagno, quindi la ricchezza, cerca di andare, tutto il tempo, oltre a questi limiti imposti dal denaro. Questo movimento di sbordamento è il movimento del non-ancora, è questo mondo che già esiste come creatività e come rifiuto alla costrizione. Quindi il traboccamento della ricchezza è allo stesso tempo il movimento del non-ancora e il movimento del non-ancora è il movimento della speranza o la possibilità della rivoluzione anticapitalistica
Roberto, Marco e Sergio hanno menzionato la questione della identità. Per me l’identità è una grammatica di contenzione, di stare dentro. Se dico “io sono un uomo bianco”, mi sto mettendo un’etichetta e funziona allo stesso modo se dico donna nera, se dico indigeno, mi sto mettendo un’etichetta. L’etichetta pone un limite a me stesso o agli altri. Il fascismo alla fine è un processo di imporre etichette alle altre persone e disumanizzarle. Per questo se pensiamo che il movimento del non-ancora è una rottura della grammatica del capitalismo, questo vuol dire che dobbiamo pensare la nostra politica anticapitalistica come una politica anti-identitaria, o meglio come una politica che va contro e oltre l’identità. Questo suona molto astratto ma non lo è. Se pensiamo al movimento zapatista, hanno detto di essere indigeni ma di lottare per l’umanità. Se vediamo il movimento curdo, dicono di essere curdi, ma non solo curdi, anche armeni e arabi che lottano per creare un altro tipo di mondo. Ogni movimento ha una tensione tra tendenza identitaria e tendenza che va oltre l’identità. Lo stesso vale anche per il movimento femminista. Dire solo che siamo femministe è un processo di accettazione o adattamento al sistema di contenimento capitalistico.
Questo ha che vedere con l’idea del contro e oltre e con quello che Marco stava dicendo all’inizio, che sì, ci sono lotte ovunque ma la capacità di comprendere queste lotte come lotte anticapitalistiche è qualcosa che si sta perdendo. Credo sia molto importante pensare che le lotte sempre o quasi sono lotte particolari, sono lotte contro la TAV o contro l’apertura di una miniera, lotte contro le condizioni di lavoro di una fabbrica, sono lotte di tutti questi tipi, e in questo senso mi sembra molto importante pensare che è come rivoluzionari che siamo dentro il capitalismo. Siamo ovviamente in modo rivoluzionario contro il denaro e per il fatto stesso di stare nel capitalismo come sistema antagonico che ci attacca tutto il tempo, siamo anche contro il capitalismo. Io sono un professore felice, ma cosciente che c’è una tendenza costante che prova a trasformare le condizioni dentro l’università e per questo sono contro. L’esistenza di tutte e tutti è un’esistenza contro e oltre ma questo movimento contro e oltre è un movimento che è già oltre.