Nelle elezioni regionali in Emilia-Romagna e Calabria abbiamo assistito a due partite diverse.
In Calabria la sfida era abbastanza scontata. I comunisti erano assenti, anche perché nel sistema elettorale regionale calabro la soglia di sbarramento è del 5%. C’era solo una lista di un geologo, Tanzi, con alcune anime della sinistra riformista che però si è presentato come né di destra né di sinistra. La destra ha vinto portando in barca i voti del clientelismo locale, vincendo per distacco sulla coalizione di centro-sinistra uscente che ha avuto notevoli dissidi interni tra i capi locali e la direzione nazionali prima del voto.
La Calabria è una delle regioni più povere del paese, dove il lavoro scarseggia ed i giovani emigrano. Il tasso di disoccupazione locale è paragonabile a quello delle zone più povere del tuo paese. Storicamente in queste zone si è affermato una forma mafiosa di capitalismo, analizzata molto bene da Giovanni Arrighi, che ha regalato i suoi figli allo sviluppo capitalistico del Nord Italia e del resto d’Europa. Anche se il protagonista del romanzo non era calabrese, per spiegare questo fenomeno mi viene in mente il romanzo di Nanni Balestrini Vogliamo Tutto, in cui viene descritto il processo di formazione dell’operaio-massa dall’emigrazione dal Sud Italia alla fabbrica della Fiat di Mirafiori. Il romanzo arriva fino al punto di rottura degli scontri di Corso Traiano del 1969, un romanzo che fu anche libro di formazione per una generazione di operai e militanti comunisti tra gli anni ’60 e ’70.
Da segnalare c’è soprattutto la netta sconfitta del Movimento Cinque Stelle, movimento populista che ha cercato, un po’ come Podemos in Spagna, di sfruttare la sua carica antisistemica per giungere al governo. Una volta arrivato al potere ha cercato di conservarlo ad ogni costo, prima alleandosi con il populismo di destra della Lega ed ora con le forze neoliberiste del PD.
Nel Sud Italia ha preso più del 30% dei consensi alle ultime elezioni nazionali, promettendo soluzioni ad ogni problema. Il suo cavallo di battaglia era il Reddito di Cittadinanza, un nome che evoca una forma di basic income ma che nella realtà è un subdolo modello di workfare simile all’Hartz IV tedesco. Tentano di rendere occupabile il lavoratore, non di slegare la sopravvivenza dalla vendita della merce forza-lavoro sul mercato.
La Lega ha avuto gioco facile grazie ad una martellante propaganda contro i migranti, promettendo quella sicurezza che nella società capitalista non esiste più. Pensa, alle amministrative di qualche mese fa hanno vinto perfino a Riace, dove la sinistra trovò un nuovo idolo su cui costruire il proprio futuro in Mimmo Lucano e nel suo lodevole sistema di accoglienza dei migranti.
La partita dell’Emilia-Romagna aveva un esito meno scontato ma anche un’importanza maggiore per la tenuta del governo nazionale. Qui il PD, che affonda le proprie radici soprattutto nella storia del PCI, governa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un tempo vinceva con percentuali di consenso da far invidia ad Enver Hoxha, grazie al suo radicamento territoriale, alla capacità di amministrare le città e di influenzare il conflitto sociale, ovviamente a favore del capitale, con le proprie organizzazioni.
Questa storia è comune alla maggior parte delle regioni dell’Italia Centrale ma lo scorso anno il PD perse in Umbria a favore della Lega. Fu una sconfitta annunciata perché negli anni hanno perso molte roccaforti operaie, ad esempio Terni. In Emilia-Romagna c’erano delle avvisaglie che potevano prospettare un esito simile, qualche mese fa hanno perso città amministrate da sempre da loro come Ferrara ed Imola. Tuttavia parliamo di una regione ricca, con una tasso di disoccupazione inferiore alla media nazionale e un radicamento politico da parte del PD non indifferente, specie nel mondo delle cooperative.
Si sono presentati con un listone che accorpava dalla sinistra riformista ed ecologista (la brutta copia dei Verdi) ai liberali europeisti. Fa scalpore la presenza in questa coalizione di un imprenditore locale che licenziò gli operai della sua azienda con un SMS. Il presidente uscente, inoltre, ha promosso senza troppo pensarci una grande quantità di opere inutili che ha aggravato il problema del consumo di suolo della regione, oltre ad aderire il progetto dell’autonomia differenziata dallo Stato centrale, progetto tanto caro agli amministratori locali del Nord Italia della Lega dai tempi di Bossi.
Ti ricordi quando parlavano di Padania libera negli anni ’90 e Duemila?
Si tratta della stessa cosa ma con meno folklore. Sostanzialmente dicono: la ricchezza prodotta nella mia regione deve rimanere qui, non mi interessa del Sud Italia e del suo futuro, sono problemi che non mi riguardano, li abbiamo aiutati inutilmente per troppo tempo.
La stessa lotta all’ultimo sangue tra individui che contraddistingue questa infame società, loro la riportano alla dimensione territoriale, minacciando di dividere il paese e rendersi ancora più dipendenti dal capitalismo tedesco, di cui queste zone sono i subfornitori.
I comunisti si sono presentati con tre liste diverse.
Potere al Popolo ha candidato una lavoratrice precaria molto giovane e qualche esperienza di lotta nel mondo universitario. PaP è una realtà piuttosto confusionaria e giovane, tante idee e confuse e ancorati spesso ad una logica movimentista poco fruttuosa. Hanno preso una percentuale da prefisso telefonico e non erano presenti in tutte le circoscrizioni della regione. Hanno criticato molto bene il governatore uscente del PD ma secondo me non hanno capito bene la portata e le cause del fenomeno leghista. Accusano Salvini di essere un fascista e sono troppo ambigui sulla questione migratoria su cui gioca la Lega per ottenere il conenso delle masse. Sull’UE si sono radicalizzati, creando la piattaforma Eurostop a cui questa candidata aderisce e che definisce “gabbia”.
Il secondo partito comunista è il PC di Rizzo, legato al KKE greco che gli ha permesso di essere presente alle elezioni Europee prestandogli il simbolo del proprio eurogruppo. Sul piano ideologico son due partiti simili, forse Rizzo è meno ambiguo sul tema UE al momento ma potrebbe facilmente cambiare idea se la situazione politica lo richiedesse. Hanno anche loro mosso delle critiche al PD simili a quelle di PaP e come loro non erano presenti in tutte le circoscrizioni della regione ed hanno raccolto percentuali da prefisso telefonico.
L’ultimo partito è Rifondazione Comunista che invece straparla di una possibile riforma sociale dell’UE, loda SYRIZA ed ha finito per invitare a votare il candidato del PD per fermare l’avanzata della Lega.
Il fattore chiave è stato, però, il movimento delle Sardine che è nato proprio a Bologna. Questo strano movimento di piazza a favore del governo è nato, un po’ come il vecchio antiberlusconismo, da cui non hanno imparato nulla, contro Salvini.
Alla critica contro quest’ultimo si sommano un generico astio contro il populismo e l’invocazione di una presunta “Politica con la P maiuscola” che significa: lasciamo la politica agli esperti. Si tratta di giovani studenti universitari e abitanti di città che guardano con disprezzo, odio di classe, le masse che votano per Salvini perché le reputano semplicemente ignoranti. Per questi il mondo è troppo complesso per pretendere delle soluzioni alla situazione attuale di disperazione e povertà, se lo fai sei un populista che non capisce nulla. I loro programmi politici sono inesistenti, non vanno oltre un generico europeismo, antirazzismo e antifascismo.
Come direbbe Horkheimer: “Chi non ha nulla da dire sul capitalismo deve tacere anche sul fascismo”.
Sono riusciti a riempire molte piazze in ogni angolo d’Italia contro Salvini, chiedendo di non portare alcun simbolo politico, ovviamente c’era la bandiera dell’UE che non viene considerato tale ed hanno allontanato invece quella rossa con la falce e martello, una chiara presa di posizione a parer mio. Sono stati decisivi in questa vittoria del PD perché hanno catalizzato la base del centro sinistra e non solo, penso che molti potenziali elettori comunisti abbiano preferito il voto utile per fermare Salvini, contro questo presunto mostro fascista che ha perso malamente in quasi tutte le città ma ha vinto in provincia.
A parer mio segna nettamente un gol a favore delle tesi di Guilluy sulla crisi del ceto medio in Occidente: l’esistenza di due paesi inconciliabili che vanno in due direzioni diverse. La città, globalizzata e con i suoi confini di classe interni, che cede alle parole d’ordine antirazziste e antifasciste all’acqua di rose per fermare il populismo di destra e la provincia abbandonata, senza lavoro e servizi, che si getta nelle braccia di un mostro altrettanto pericoloso e inscritto nella grammatica del potere capitalista.
Domanda sulla questione meridionale: viene criticata la questione dell’autonomia differenziata. Capisco la critica ma la mia domanda in questo contesto è sempre la stessa: come fare a rendere indipendente e autonomo il sud senza “drogarlo” dallo stato centrale? Perché se forniamo sempre stampelle alle regioni meridionali il risultato è che avranno sempre le gambe atrofizzate e non impareranno mai a camminare da soli. È chiaro che la situazione è più complessa di una metafora come questa, ma cercare di capire quale indirizzo prendere penso sia più importante
Innanzitutto mi scusi per la risposta in ritardo, purtroppo sono molto impegnato in questi mesi.
Il problema è complesso ma estremamente importante e ci permette di parlare della Questione Meridionale con la lente della Teoria della Dipendenza. L’errore della sua interpretazione consiste nel pensare che sia possibile una qualche forma di recupero nello sviluppo capitalistico da parte del nostro Mezzogiorno.
Stiamo parlando di un sottosviluppo che è in realtà la forma che assume il capitalismo in quel contesto. Un po’ come accade in Africa, non stiamo parlando di un capitalismo che deve ancora svilupparsi ma la forma che esso assume in un contesto dipendente.
Un testo di riferimento essenziale per capire la Questione Meridionale è “Stato e sottosviluppo” di Luciano Ferrari Bravo, compagno operaista collega di Sergio Bologna e Toni Negri nel Collettivo di Scienze Politiche dell’Università di Padova.
Bravo parla di un sottosviluppo pianificato dallo Stato per piegarlo allo sviluppo capitalistico, pensiamo solamente all’operaio-massa meridionale che va a lavorare a Mirafiori.
In definitiva, nel quadro del sistema capitalistico non c’è assolutamente la possibilità per il Mezzogiorno di sfuggire ad un futuro di sottosviluppo, emarginazione e spopolamento.