— Emanuele, Emilio, Francesco
Nel centro Amazon di Bessemer, Alabama, Stati Uniti, da mesi si combatteva un’aspra lotta fra lavoratori e azienda, per l’istituzione di un sindacato riconosciuto nel magazzino, che è stata finalmente fissata col voto di ieri. Se la mozione avesse avuto la maggioranza + 1 dei votanti, Amazon avrebbe dovuto permettere l’organizzazione della Retail, Wholesale and Department Store Union in una sua sede. Tuttavia, a quanto indica lo spoglio dei voti, le schede favorevoli all’istituzione di un sindacato sarebbero circa 738 a fronte di 1798 voti contro.
Inutile dire che queste elezioni interne sono state democratiche e rispettose di un’etica trasparente e libera del voto quanto una votazione parlamentare o presidenziale nella Repubblica Democratica Popolare di Corea. Amazon ha usato ogni suo potere a disposizione per ridurre all’insignificante gli sforzi dei lavoratori che militano per i propri diritti, anche in disposizioni impensabili. Il fatto che il magazzino e il centro di smistamento prodotti sia in un’area storicamente depressa dal punto di vista economico, ha visto il favore di costoro che sono grati di veder concesse, dopo aver dato il proprio lavoro all’azienda, delle briciole per potersi sostentare. Un altro punto è stata la propaganda intensiva e pervasiva dell’azienda per minare e storpiare il voto, senza contraddittorio confrontabile, sia con manifesti nella sede, persino nei bagni, per votare contro l’istituzione di un sindacato, sia con la distribuzione di spillette “I vote NO” ai dipendenti in un clima intimidatorio, sia infine con l’organizzazione di una serie di riunioni obbligatorie in sedi pubbliche per “informare i lavoratori di cosa sia un sindacato e quali costi comporti”, quando ai sindacati negli Stati Uniti non è permesso organizzare assemblee nei luoghi di lavoro. Addirittura, Amazon ha promosso sulle reti digitali una propaganda intensiva per sviare le reali condizioni di lavoro, quali il fatto che ai corrieri non siano date pause e debbano urinare in bottiglie, le dieci ore e mezza di lavoro dopo lo sciopero del comparto a Chicago, o i tempi di lavoro compartimentati in frammenti così rigidi e contingentati tali per cui al terzo richiamo per ritardo si è licenziati.
A Bessemer in particolare, ha stipulato un accordo con la contea per accorciare i tempi del rosso al semaforo degli incroci adiacenti al magazzino, per rendere impossibile a chi facesse informazione per i propri diritti di lavoratore e per la dignità di condizioni in cui lavorare di poter dire la propria e di poter influire nel voto informando i compagni lavoratori. Perciò, i lavoratori sono stati indotti dalla falsità e dalla potenza della leviatanica multinazionale a porre da parte i propri interessi in favore di quelli che sono interessi effimeri, quali il fatto che il sindacato viene pagato da tutti i lavoratori per mantenerne i servizi e l’organizzazione, cosa falsa negli Stati del Sud degli USA, con le loro leggi antisindacali sul cosiddetto “right to work”; che non ne venga percepita la necessità vista l’alternativa che è la disoccupazione; che Amazon sarebbe stata costretta a ridurre le già irrisorie garanzie ai lavoratori rispetto al contesto depresso di quella parte d’America; e così via.
Nel frattempo Amazon registra un aumento considerevole nelle azioni, in conseguenza al voto. Golia ha vinto la battaglia, e ne incassa i proventi. Il reclutamento di personale dai servizi di spionaggio, quali gli scandali sull’impiego di agenti dell’agenzia privata Pinkerton, porta i suoi risultati in termini di efficacia nella lotta di classe – ovviamente dal lato della classe dominante che intende continuare ad accrescere i profitti e il numero inconcepibilmente alto di soldi del capo saccheggiati dal lavoro dei dipendenti. Al contrario di paesi in cui il retaggio della passata lotta operaia ha portato dei forti diritti nell’ambito della democrazia e in una relativa trasparenza nei luoghi di lavoro, quali l’Italia o la Francia, negli Stati Uniti è stato sterilizzato tutto dopo la I guerra mondiale e dopo la II nel nome dell’anticomunismo più feroce. Pertanto, qualsiasi azienda negli Stati Uniti, quella che si autodefiniva fino a non tanto tempo fa come il leader del mondo libero e altre simili formule autocelebrative degne dei migliori servizi di propaganda, può tranquillamente influenzare il voto interno dei lavoratori al proprio vantaggio. Il voto dunque, non è un libero esercizio dell’autoaffermazione individuale dei propri razionali interessi, bensì è il risultato distorto e corrotto dalla propaganda corporativa di formule apertamente contrarie all’interesse dei lavoratori. A conferma di ciò, la sfilata intimidatoria delle forze dell’ordine della contea, contro il contatto degli attivisti sindacali coi compagni lavoratori. La polizia quindi ha svolto il proprio ruolo di difensore degli interessi del capitale, anche dovuto al fatto che nelle contee, specialmente quelle economicamente più importanti, i fondi per la polizia sono in gran parte proventi da donazioni private.
Il fatto che si sia votato non è automatica garanzia di democraticità e trasparenza del voto e della scelta da parte dei lavoratori. Il voto di per sé non è garanzia di trasparenza, ma di legittimità del risultato: infatti in gran parte dei paesi ci sono forme più o meno coercitive per legittimare il potere che comunque si fonda non tanto sulla volontà popolare e politica, bensì sul risultato del compromesso politico da parte delle classi economicamente dominanti. La rappresentatività non è, come è evidente in varie e molteplici forme ed epoche, garanzia del potere democratico, ma invece fa da giustificazione agli occhi, ancora impastati delle precoci fioche luci illuministiche, del potere che va a costituirsi o che tramite l’accumulo di schede se ne cementifica l’autorità. Eventuali commenti soddisfatti e compiaciuti del risultato indubitabilmente drammatico per l’esito della votazione sono da riferirsi a una certa miopia ideologica, o, nella migliore delle ipotesi, a una grande dose di ingenuità sui fatti di questa parte dell’orbe terracqueo.
Tuttavia, la guerra è ancora lunga. Il movimento operaio alla Amazon di Bessemer ha fatto sorgere rinnovata speranza e forza nel movimento dei lavoratori a livello nazionale – anche dovuto al successo degli scioperi nella filiera della di Amazon in Europa. Benché col voto di ieri ci sia stato un sentito colpo d’immagine nella mobilitazione dei lavoratori in un paese nelle condizioni al limite quali quelle degli Stati Uniti, in particolare riguardo la logistica e i settori di maggior crescita durante la pandemia, è un contesto da cui l’organizzazione del movimento dei lavoratori saprà indubitabilmente far tesoro per difendere il diritto all’esistenza dignitosa violato da leggi e corporazioni in misura sistematica. L’aumento della ricchezza nelle aziende di cui hanno approfittato in modo drasticamente maggiore nei lunghi mesi di emergenza sanitaria non ha visto il minimo risultato nei confronti di quei lavoratori che le hanno rese possibili coin ritmi di lavoro sotto stress “natalizio” da oltre un anno.
Un punto conclusivo, ma di primaria importanza, è l’accento posto dalla propaganda corporativa circa il ruolo dei contratti: tramite le varie e pervasive occasioni di circuizione da parte di Amazon, gran parte dei lavoratori sono raggirati tali per cui ritengono che sia a loro vantaggio la contrattazione individuale, con in realtà un netto potere contrattuale inferiore rispetto al lavoro coalizzato dei lavoratori tramite il sindacato. Su questo tema, è coerente con l’impostazione individualistica da parte dei fondamentalisti liberali tali per cui, in un anacronistico afflato di plenipotenziario e gridato «IO ESIGO», si trovano legittime, giuste e corrette quelle che sono le peggiori nefandezze proprie di quell’impostazione ideologica di classe.
Ci sono molti modi di uccidere. Si può infilare a qualcuno un coltello nel ventre, togliergli il pane, non guarirlo da una malattia, ficcarlo in una casa inabitabile, massacrarlo di lavoro, spingerlo al suicidio, farlo andare in guerra, eccetera. Solo pochi di questi modi sono proibiti nel nostro stato.
— Bertolt Brecht