«Uccellacci e uccellini» è un film ironico, poetico e surreale, uscito nel 1966 per la regia di Pier Paolo Pasolini, con due interpreti quali Totò (in un ruolo inedito) e l’esordiente Ninetto Davoli, il cui talento fu scoperto proprio da Pasolini, che gli aveva già affidato una comparsata nella pellicola «Il Vangelo secondo Matteo», girata nel 1964. Protagonista del film è il corvo, eloquente quanto spocchioso e saccente, persino supponente, che incarna in chiave allegorica la crisi dell’ideologia di quegli anni. Dietro questa invenzione cinematografica, poetico-metaforica, si camuffa l’autore stesso. Non è un caso che la morte del corvo nel film (figura anarchica, marxista e veritiera, così come scrisse lo stesso Pasolini) intende richiamare, in una prospettiva quasi profetica, la scomparsa, che fu assai prematura e violenta, del poeta: pazzesco! La trama narrativa del film si snoda attorno ad una metafora poetica e surreale della lotta di classe tra i falchi, ossia gli oppressori, ed i passerotti, ovvero gli oppressi. Come recita il titolo del film: «Uccellacci e Uccellini», appunto. Il film costituisce il vero capolavoro cinematografico di Pasolini: racchiude una sintesi geniale ed originale, quasi un’apoteosi, del pensiero profondo ed estremamente vasto e complesso, quanto scomodo, dell’autore. Il quale sviluppa un’acuta e spietata critica nei confronti della logica totalitaria ed assolutistica che si annida nel dominio della società dei consumi di massa, che ha ridotto gli individui in entità vuote, superficiali ed alienate da un ingranaggio di omologazione strisciante. È un film da rivedere e da “rileggere”, oltre che gustare. Con un Totò magistrale, che il regista ha rivalutato in una cifra interpretativa nuova, in quanto devia dal consueto cliché comico e “macchiettistico” che egli ha rivestito in numerosi altri film “da cassetta”.
— Compagno Lucio
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