Il Programma di Transizione di Trotskij: Fondamento della Quarta Internazionale

di Gabriele Repaci

Introduzione: La crisi del riformismo e la necessità di un programma di transizione

Negli anni ’30, la crisi economica globale e l’ascesa del fascismo segnarono il fallimento delle politiche riformiste e socialdemocratiche nel rispondere alle crescenti tensioni sociali ed economiche. Il riformismo, che si era limitato a cercare miglioramenti all’interno delle strutture capitaliste esistenti, si rivelò incapace di offrire una risposta adeguata alle esigenze dei lavoratori e delle classi popolari, che vedevano peggiorare le proprie condizioni di vita. La profonda inadeguatezza delle politiche riformiste non solo non riuscì a contrastare l’avanzata delle forze reazionarie, ma lasciò i lavoratori senza un’alternativa credibile al capitalismo in crisi. Fu in questo contesto che Lev Trotskij, consapevole della necessità di superare le limitazioni del riformismo, elaborò Il programma di transizione nel 1938. Il suo obiettivo era quello di fornire un quadro teorico e pratico per una politica rivoluzionaria capace di connettere le esigenze immediate delle masse con la lotta per il socialismo. Per Trotskij, era fondamentale rilanciare un progetto che non si limitasse a piccoli aggiustamenti del sistema capitalista, ma che preparasse le condizioni per una trasformazione rivoluzionaria della società.

Il Programma di Transizione di Trotskij

Nel 1938, Lev Trotskij pubblicò Il programma di transizione, un testo che si rivelò fondamentale per la nascita della Quarta Internazionale. Questo lavoro rappresenta una critica incisiva delle limitazioni dei riformisti, proponendo un’alternativa radicale e coerente con i principi del marxismo. La tesi centrale di Trotskij è la necessità di rompere le barriere artificiali create dai riformisti tra un programma minimo di governo, compatibile con il capitalismo, e un programma massimo, puramente propagandistico, che celebra il socialismo come un obiettivo ideale ma irrealizzabile.

L’idea di transizione

Trotskij propone una logica di transizione che parte dalla situazione concreta del capitalismo e dalle sue diverse fasi storiche. La proposta centrale del programma consiste nell’avanzare rivendicazioni che, sebbene applicabili immediatamente nel contesto capitalistico (come la riduzione dell’orario di lavoro o l’implementazione della scala mobile dei salari), hanno come obiettivo finale la diminuzione della profittabilità delle aziende capitaliste. Questa diminuzione, secondo Trotskij, comprometterebbe la capacità dei capitalisti di mantenere il controllo sulle proprie attività economiche.

Un aspetto cruciale del programma di transizione è il richiamo alla questione del controllo operaio sulla produzione. Trotskij considera questo controllo non solo un passaggio necessario per la trasformazione economica, ma anche una leva fondamentale per la trasformazione politica e sociale.

Controllo operaio e soviet

La teoria marxista attribuisce un’importanza significativa al controllo operaio, non solo come strumento di gestione economica, ma anche come base della nuova forma di potere politico. I consigli operai, o soviet, sono descritti come le cellule fondamentali del nuovo Stato operaio. Storia insegna che, in ogni rivoluzione operaia, si sono formati consigli che, pur con nomi e caratteristiche diverse, hanno sempre rappresentato l’imprescindibile base per la costruzione della dittatura del proletariato, un concetto che Marx stesso ha definito come democrazia operaia. Trotskij sostiene che senza il controllo operaio e i soviet, non è possibile né gestire l’economia in assenza della borghesia né costruire uno Stato operaio sano, capace di avviare la trasformazione socialista. Al massimo, l’abolizione del capitalismo può portare alla nascita di una struttura statale reazionaria, che Trotskij definisce come bonapartismo proletario o stalinismo. Queste forme di governo, secondo Trotskij, si baserebbero sull’espropriazione economica della borghesia ma anche sull’espropriazione politica del proletariato, risultando così in un mix contraddittorio di elementi della società borghese e di una società socialista autentica.

L’analisi dell’esperienza stalinista

Nell’analizzare l’esperienza della pianificazione stalinista, Trotskij sottolinea l’importanza di distinguere tra il “grano socialista” e il “loglio borghese”. Questo compito è complesso e, come lui stesso afferma, sarà concluso solo con la nascita di uno Stato operaio sano. Trotskij critica le politiche burocratiche della socialdemocrazia, che tentano di “vuotare l’oceano dell’anarchia con il cucchiaio di una pianificazione burocratica”. La sua proposta va oltre la semplice riforma; richiede un cambiamento radicale e il superamento delle strutture di potere esistenti.

Controllo operaio come strumento di transizione

Trotskij considera il controllo operaio come un mezzo transitorio essenziale. Propone di abolire il segreto bancario e di fondere le banche, sostenendo che il controllo operaio deve essere gestito a livello decentrato. Questo approccio consente di acquisire gli elementi contabili necessari per una pianificazione economica efficace. In questo modo, il controllo operaio si trasforma in una “scuola dell’economia pianificata”, preparandosi a costruire un sistema economico socialista.

Due concetti di controllo operaio

Nel suo discorso, Trotskij esplora due concetti di controllo operaio. In primo luogo, il controllo operaio emerge come strumento della transizione; nasce nel capitalismo per rendere effettivo il programma di transizione. In secondo luogo, si manifesta attraverso i consigli operai, incarnando il dualismo di poteri che caratterizza le società in transizione. I soviet diventano così la cellula elementare del potere operaio e un veicolo per la transizione verso una società socialista.

Trotskij confronta anche la nazionalizzazione socialdemocratica con quella bolscevica, sottolineando le differenze cruciali, come l’indennizzo, l’azione cosciente delle masse e la connessione tra nazionalizzazione e controllo operaio. Questo confronto serve a chiarire l’importanza di un approccio che coinvolga attivamente le masse nella lotta per il socialismo, piuttosto che una mera nazionalizzazione senza partecipazione popolare.

Conclusione

In conclusione, Il programma di transizione di Trotskij si presenta come un documento chiave per comprendere le sfide e le opportunità della lotta per il socialismo nel contesto del capitalismo. La sua analisi critica delle forme di potere, l’importanza del controllo operaio e la necessità di un approccio rivoluzionario e non riformista forniscono un quadro di riferimento per le future generazioni di attivisti e teorici. Trotskij ci avverte che, quando un programma e un’organizzazione si logorano, si logora anche la generazione che li ha sostenuti. La sfida è quindi non solo quella di costruire un programma di transizione, ma anche di mantenere viva la coscienza di classe e l’impegno per la trasformazione sociale.

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