Perché siamo dalla parte dei lavoratori dell’ex GKN

1. Alcune note introduttive sul sito produttivo

Il caso dell’ex GKN di Campi Bisenzio sintetizza molte delle cause dietro la crisi della nostra industria manifatturiera. La presenza del fondo Melrose esemplifica il grado di finanziarizzazione dell’economia mondiale. Questo fondo “noto per la sua strategia di monetizzazione e vendita di imprese produttive spacchettate e date in pasto ai migliori offerenti (Buy – Improve – Sell, secondo la versione edulcorata del motto aziendale)”, ha acquistato GKN, multinazionale specializzata nell’automazione e nella meccanica specializzata, nel 2018. “Un anno dopo, Melrose iniziava la dismissione di parte degli stabilimenti del gruppo con la vendita della tedesca Walterscheid Powertrain Group a un fondo di private-equity statunitense, anche per ripianare i debiti pregressi aumentati con l’acquisizione di GKN per 8 mld di sterline. Nell’anno della pandemia, Melrose ha segnato andamenti azionari negativi, con perdite delle vendite stimate intorno al 25-30%, imputabili alle crisi dei comparti aerospazio e automotive. Ciò ha accelerato le strategie di “chiusura e spezzatino” di Melrose”1.

A Campi Bisenzio si producevano semiassi, celle e macchinari utili per la produzione di semiassi o da vendere ad altre imprese di GKN. Con la medesima specializzazione produttiva c’erano circa 15 imprese di proprietà della multinazionale britannica. I semiassi venivano venduti agli impianti italiani di quella che oggi è Stellantis oltre a Ferrari e Maserati. I fornitori dell’azienda erano invece altre imprese di GKN con una diversa specializzazione produttiva. Il sito produttivo è stato chiuso per una perdita di efficienza. Alla data del licenziamento, nel 2021, l’azienda era solida dal punto di vista produttivo e nel libro collettivo Un piano per il futuro della fabbrica di Firenze. Dall’ex GKN alla Fabbrica socialmente integrata viene dimostrato con un’analisi comparativa che non esisteva una differenza con le altre imprese della multinazionale tale da giustificarne la chiusura. Sulla produzione hanno inciso negativamente, a partire dal 2018, sia un rallentamento globale del settore che le scelte sbagliate della nuova proprietà per quanto riguarda il funzionamento delle linee produttive. Tutto ciò è accaduto nonostante gli investimenti di Industria 4.0 (I4.0) sostenuti dalla spesa pubblica. “Una sperimentazione considerata tra le allora più promettenti di I4.0 – in sinergia con l’Università di Pisa – concernente un body scanner, costruito nelle officine di Campi Bisenzio, in grado di permettere il controllo digitalizzato dei flussi ed eventuali scarti produttivi. Peccato che l’utilizzo del sistema di controllo digitalizzato, secondo quanto raccontano gli operai del Collettivo di Fabbrica, in molti casi si sia rivelato non solo inefficace, ma anche gravoso in termini di sovraccarico dello sforzo umano richiesto per spostare i semiassi erroneamente identificati come difettosi. Scarti che, se monitorati “tradizionalmente” dal controllo umano, non sarebbero stati tali: quello che si direbbe un caso di digitalizzazione disfunzionale. D’altra parte, gli operai raccontano lucidamente l’assenza di una strategia di adozione dei nuovi artefatti tecnologici coadiuvata da processi di apprendimento sulle macchine, l’assenza di ingegneri e progettisti in grado di integrare la macchina nel processo, ma anche la presenza di robot giapponesi di ultima generazione arrivati nello stabilimento e mai utilizzati addirittura, come si vedrà in seguito, acquistati pochi giorni prima dell’annuncio della chiusura dello stabilimento di Campi Bisenzio”2.
Non è crollata, invece, la domanda di semiassi da parte degli stabilimenti di Stellantis che finiranno per rifornirsi altrove, presso altre GKN all’estero. Lo stesso discorso, nonostante un rallentamento globale del settore auto, vale per le industrie legate alle auto di lusso.

2. Le origini della vertenza

L’ormai lontano 9 luglio 2021 segna la data d’inizio di una delle vertenze più importanti per portata e modalità di lotta che abbiamo avuto in Italia negli ultimi decenni. Stiamo parlando della lotta delle lavoratrici e dei lavoratori dell’ex GKN Driveline di Campi Bisenzio, vicino Firenze.

Nel giugno dello stesso anno il governo Draghi aveva posto fine al blocco dei licenziamenti promosso dal governo Conte II durante la pandemia. Il fondo finanziario Melrose Industries UK, proprietario di GKN, ne ha approfittato per comunicare a più di 450 famiglie, includendo fabbrica ed indotto, la chiusura dello stabilimento e il licenziamento di tutti i lavoratori. Gli operai, grazie al proprio collettivo di fabbrica nato prima della vertenza, si sono uniti immediatamente in un’assemblea permanente per evitare che la proprietà smobilitasse macchinari e linee produttive.

“Prima di tutto licenziarono con una mail i precari in staff leasing. E abbiamo scioperato. Ma pensammo che in fondo non potevano vincere. Poi caricarono la Texprint e uccisero Adil. E abbiamo scioperato perché era una cosa atroce. Ma abbiamo pensato che il giorno dopo saremmo tornati in un posto di lavoro protetto e garantito. Ora hanno licenziato noi. Non possiamo permetterci di perdere, non abbiamo nessun posto di lavoro dove tornare. Ora per il bene di tutta la classe lavoratrice di questo paese e come ultima speranza di vittoria, possiamo solo chiedervi di non fare lo stesso errore. Insorgiamo”3.

Nel libro scritto dagli stessi operai traspare la consapevolezza di essere gli ultimi di una lunga serie di vertenze che hanno dilaniato il tessuto produttivo del paese tra licenziamenti collettivi, chiusura di fabbriche e delocalizzazioni. La loro lotta ha qualche carta in più da giocare. Sono una realtà fortemente sindacalizzata che è riuscita a riunire il territorio circostante, i movimenti e molti simpatizzanti, incluso pezzi del mondo accademico, intorno alla loro vertenza. Tuttavia ripetono di non essere un’eccezione e non hanno mai smesso di ripetere che se i padroni dovessero sfondare in una fabbrica come la loro, sarebbe solo l’inizio di un’ulteriore regressione dei diritti dei lavoratori nel paese. I licenziamenti della proprietà, grazie ai ricorsi dalla FIOM CGIL a cui è legata la RSU dell’azienda, vengono ritenuti illegittimi per condotta antisindacale. Sono stati decisi senza informare le organizzazioni dei lavoratori. Di conseguenza erano sbagliati unicamente per le modalità con cui sono avvenuti.

“Da queste incognite dipendono le vite delle centinaia di lavoratrici e lavoratori GKN, che maturano l’idea di riappropriarsi, dal punto di vista operaio, della capacità di proporre e praticare una soluzione alternativa al licenziamento, un piano di reindustrializzazione. Non è una convinzione improvvisata, ma si fonda su una consolidata tradizione di rappresentanza operaia del Collettivo di fabbrica. Negli anni, il Collettivo è infatti stato capace di attivare e gestire vertenze che riguardavano funzioni e diritti delle rappresentanze sindacali, tempi-e metodi, ritmi di lavoro, sicurezza o ergonomia, fino al rapporto tra assunzioni e picchi produttivi, solo per ricordare solo alcuni dei temi esplicitamente trattati nei contratti sindacali di sito. Oltre alla pratica sindacale, il Collettivo avanza anche una visione politica della fabbrica: intesa non come vuoto luogo di produzioni industriali in serie, ma come luogo di relazione con il territorio, e al contempo come possibile terreno di congiunzione tra lotte, istanze e bisogni, non solo operai. Questo intreccio tra azione sindacale, identità di classe e visione politica – che di lì a poco si tradurrà nella formula “siamo classe dirigente” – conduce il Collettivo di Fabbrica ad ampliare il proprio repertorio organizzativo e di pratiche, in una combinazione efficace e innovativa tra mobilitazioni di piazza, come le grandi manifestazioni di Firenze a settembre 2021 e marzo 2022, e numerose assemblee durante le quali la riflessione su cosa significhi rivendicare una reindustrializzazione del sito produttivo è condivisa con un’ampia rete di solidali”4.

Nel gennaio 2022 l’azienda è comprata dall’advisor a cui GKN aveva chiesto di trovare un compratore, cioè Francesco Borgomeo. Il nome viene cambiato in QF ma le preoccupazioni degli operai, che purtroppo nei mesi successivi saranno tutte confermate, non sono venute meno. Con l’aiuto del mondo accademico solidale inizieranno la stesura del loro progetto di reindustrializzazione dal basso della fabbrica mentre con il supporto di giuristi solidali proporranno una loro legge per contrastare le delocalizzazioni nel nostro paese.

Il piano è stato presentato nel marzo del 2022 e compensa la totale assenza di interventi pubblici a tutela della fabbrica. Molte crisi simili a quella dell’ex GKN sono state affrontate per mezzo di ammortizzatori sociali nell’attesa dell’arrivo di qualche compratore a cui solitamente non vengono imposti vincoli sulla produzione da implementare o sui livelli occupazionali da tutelare. Il gruppo di esperti solidali e gli operai hanno impostato diversamente il lavoro, proponendo un piano sensibile alla sfida del contrasto del cambiamento climatico e agli avvertimenti a tal proposito diffusi dalla comunità scientifica. Tutto ciò si è tradotto in una proposta di transizione ecologica integrata con i bisogni del territorio, costruita con gli operai e all’insegna della giustizia climatica.

3. Il primo piano di reindustrializzazione

Le mancanze delle istituzioni hanno prodotto il piano di reindustrializzazione per costruire una fabbrica pubblica socialmente integrata.

“Lo sviluppo del piano intende adottare una prospettiva multilivello, volta a garantire come ultimo scopo la stabilità occupazionale e reddituale dei lavoratori e delle lavoratrici. Inoltre, il piano si estende oltre la dimensione della fabbrica e propone un sistema relazionale tra gli attori pubblici e privati esistenti, rafforzando il ruolo dei centri di competenza. In tal modo, a partire da un caso di crisi aziendale, s’intende offrire un’opportunità concreta di rilancio del tessuto industriale del sistema-paese, avanzando proposte per la mobilità pubblica e la sostenibilità ambientale”5.

Garantire la continuità occupazionale non è importante solo per il reddito dei lavoratori e le loro famiglie ma anche per il territorio che in questo modo evita di avere come eredità della deindustrializzazione la perdita delle competenze degli operai e un ecomostro da gestire. Il primo elemento citato rischia di alimentare anche il suo impoverimento, favorendo la specializzazione in produzioni a basso valore aggiunto con PMI poco produttive a prendere il posto di imprese come GKN.

Le proposte messe sul tavolo dagli operai con il sostegno del mondo accademico solidale sono due. La prima viene chiamata riconversione incrementale e prevede che la fabbrica rimanga dentro il settore automotive. Dal momento in cui non era più possibile produrre semiassi per Stellantis o altre imprese simili, bisognava trovare una soluzione alternativa che è stata individuata nella produzione di componentistica per mezzi di trasporto elettrici, ad iniziare da quelli per il trasporto pubblico che garantirebbero commesse sul lungo periodo e meno soggette alla volatilità del mercato. Questa scelta permetterebbe la creazione di un Polo Pubblico per la Mobilità Sostenibile sfruttando le risorse del PNRR e andrebbe a colmare alcune sue lacune, visto che non chiarisce come dovrebbe essere sviluppata una filiera nazionale del trasporto pubblico sostenibile. La risposta degli operai è volta a trasformare una crisi aziendale in una possibilità di investimento in settori legati all’economia verde e con importanti prospettive di crescita e inoltre viene incontro ad una domanda di questi mezzi di trasporto in aumento e al momento non soddisfatta dalle capacità produttive del nostro paese.

“Per l’ex-GKN, mirare a inserirsi in questa ampliata domanda potrebbe eventualmente implicare il riadattamento parco macchine e l’adozione di metodi allo stato dell’arte per l’automazione di alcune fasi del processo, ma senza particolari criticità per quanto riguarda la progettazione e la produzione degli artefatti, sostanzialmente invarianti rispetto al sistema di propulsione. Durante la fase iniziale di riconversione, infatti, prototipi di componenti per la trasmissione di potenza (albero, giunti, fascette, cuffie) potrebbero essere realizzati tramite tecniche di prototipazione rapida (Digital Manufacturing/Computer Aided Design) e dimensionati correttamente tramite analisi strutturale e di carico aderenti alle nuove configurazioni (per esempio, Finite Element Analysis). Test e validazione dei prototipi sarebbero in carico alle stazioni di Controllo Qualità già presenti nello stabilimento, chiudendo il ciclo di prototipazione iterativa e avviando la produzione su larga scala. Per quanto riguarda il personale, l’implementazione di questa direttrice prevede un piano di formazione continua su tematiche Industria 4.0”6.

L’alternativa a questa proposta è la riconversione radicale, ovvero il cambiamento radicale del settore produttivo dell’azienda che si sposterebbe verso la produzione di sistemi di generazione e stoccaggio di “energia pulita”. Per realizzare questo progetto possono essere utilizzate le risorse del PNRR finalizzate alla creazione di una filiera toscana della produzione di energia elettrica a partire dall’idrogeno verde. La fabbrica dell’ex GKN potrebbe produrre la componentistica come gli elettrolizzatori. In alternativa si potrebbe optare per la produzione dei componenti per gli impianti fotovoltaici.

Tutte queste opzioni prevedono il sostegno pubblico e l’utilizzo della cassa integrazione straordinaria per la riorganizzazione aziendale per evitare la perdita di posti di lavoro e che andrebbe abbinata alla riqualificazione professionale degli operai.

4. La democrazia dentro la fabbrica

Il piano di reindustrializzazione poggia sulla democrazia dentro la fabbrica garantita dalla presenza e dalla forza del collettivo operaio nato nel 2018 e non riconosciuto dalla vecchia proprietà. Ne fanno parte RLS, RSU e delegati di raccordo, ovvero, figure di rappresentanza elette dall’assemblea dei lavoratori e riconosciuti dall’impresa. Sono presenti in ogni reparto e in ogni turno e, aderendo al processo produttivo in maniera flessibile, sono estremamente utili per la trasmissione di informazioni e conoscenze.

“Grazie al coinvolgimento di queste figure, l’attività di elaborazione sindacale del CdF acquisisce connotati di orizzontalità e decentramento decisionale: la conoscenza diretta dei processi produttivi è quindi in grado di circolare e diventare patrimonio collettivo di tutti i lavoratori. Questo particolare assetto istituzionale è conseguentemente in grado di garantire un alto grado di responsiveness dei rappresentanti nei confronti dei rappresentati, contribuendo in tal modo a consolidare la legittimità della RSU. Queste ultime sono infatti in grado di presentarsi davanti alla controparte aziendale come interlocutrici e partner negoziali credibili, perché snodi di confluenza della rete di conoscenza diffusa e di rappresentanza allargata, e affidabili, perché radicate e quindi in grado di assumere in toto le responsabilità derivanti dalla titolarità dell’attività negoziale”7.

La conoscenza del funzionamento del processo produttivo è utile per garantire la tutela della salute dei lavoratori, consentendo, ad esempio, la pronta manutenzione dei macchinari. Oppure, nell’ambito delle innovazioni di Industria 4.0, hanno la possibilità di negoziare le novità che impatto sul loro lavoro come quelle legate al controllo da remoto oppure che minacciano la professionalità operaia. Il loro, tuttavia, non è un approccio esclusivamente difensivo sul digitale. In passato, infatti, hanno richiesto l’assunzione di figure professionali qualificate e legate all’Industria 4.0 per migliorare la capacità produttiva dell’azienda.

Il collettivo nel passato ha fatto pesare la sua forza anche nella stabilizzazione dei lavoratori precari e nella capacità di far valere le sue rivendicazione anche per le ditte che offrono servizi esternalizzati nella fabbrica, come quelli di pulizia. Questo atteggiamento verrebbe conservato anche nella nuova realtà produttiva.

“Il punto non è solo chi perde il lavoro. Ma chi lo ritrova. Precario. Con contratti che spesso non superano la settimana. Allora vi raccontiamo la nostra storia. È un po’ lunga ma va raccontata. Per anni avevamo almeno imposto un bacino di richiamo e assunzione degli interinali. Era una norma anti-turnover. L’azienda doveva ripartire dallo stesso bacino di interinali. Anche se li lasciava a casa, quando ripartiva il lavoro, doveva richiamare sempre gli stessi. In questo modo gli interinali accumulavano anzianità di servizio e a un certo punto venivano assunti. Poi nel 2018 il decreto dignità impone di mettere delle causali anche ai richiami degli interinali. In teoria qualcosa di positivo. In pratica l’azienda fa saltare il bacino di richiamo. Dice che non può specificare la “causa” dell’uso dei contratti precari. E siccome il decreto dignità non prevede nessuna norma antiturnover, le aziende lasciano a casa i precari e ne prendono di nuovi. Il turnover continuo pesa sull’efficienza della produzione e la formazione spesso viene svolta dal collega a tempo indeterminato, senza che la sua mansione lo preveda. Poi arriva il blocco delle assunzioni. L’azienda non assume più. Dice che non può per via delle incertezze del mercato. In verità ha probabilmente già in mente la delocalizzazione. Però fa assumere i precari a tempo indeterminato dall’agenzia interinale. Come mai una multinazionale non riesce ad assumere a tempo indeterminato venti ragazzi ma un’agenzia interinale invece sì? È il cosiddetto staff leasing: caporalato legalizzato. Facciamo notare che oggi in Sevel, nostro principale cliente, ci sono circa 700 staff leasing. Vi dice qualcosa su quel che rischia Sevel? Tutti incensano lo staff leasing: non è pur sempre un contratto a tempo indeterminato? Poi arriva il primo lockdown e l’azienda ci fa sapere con un whatsapp che gli staff leasing rimangono a casa. Sono i primi venti licenziamenti Gkn. Come al solito fanno prima ai precari quello che domani faranno ai “fissi”. Ma naturalmente non solo i ragazzi non risultano licenziati ma addirittura statisticamente figurano come assunti a tempo indeterminato. La storia continua perché per accordo interno abbiamo almeno imposto un bacino di assunzione per i ragazzi in staff leasing e l’impegno dell’azienda a non prendere nuovi somministrati senza un accordo con la Rsu. Ma un anno fa, a settembre, ecco il rimbalzo produttivo dopo la prima fase di pandemia. L’azienda vuole prendere venti precari. E lo fa scavalcando gli accordi interni. Viene citata dalla Fiom per condotta antisindacale, articolo 28. Naturalmente vinciamo la causa e Gkn è decretata per condotta antisindacale. Ma senza nessuna sanzione. E ora eccoci qua. Dal primo ottobre gli ultimi due contratti in staff leasing fuoriusciranno da Gkn e torneranno in agenzia dove prenderanno la bellezza di 500 euro netti circa. E nulla. Siamo andati davanti alla sede dell’agenzia interinale a ricordarle tutta questa storia. Di botto e senza preavviso: come fanno loro quando ti chiamano la sera per dirti che il contratto il giorno dopo non sarà rinnovato. Ci volete in coda alle agenzie interinali. E noi ci siamo portati avanti. Di solito qua si viene sottovoce, a implorare di prendere in considerazione il proprio curriculum. E ti squadrano, ti valutano, ti pesano, ti guardano magari il profilo social come un tempo si guardava in bocca ai cavalli. Finché esisterà un sistema diffuso di precariato, esisterà la pressione e la tentazione di distruggere contratti a tempo indeterminato per sostituirli con contratti precari. E noi staremo qui davanti. Ancora una volta ci avete toccato la famiglia. Le precarie e i precari di questo paese sono la nostra famiglia. Per questo #insorgiamo”8.

Infine ci sono i rapporti con l’università che ha avuto un ruolo importante con i suoi esperti solidali nella redazione del piano. Si verrebbe a creare un distretto della conoscenza:

“Qualora si optasse per una quantomeno parziale riconversione dell’attività produttiva verso la mobilità sostenibile, con un impegno concreto di soggetti pubblici come Invitalia e ARTES, il futuro centro di competenza e formazione di Campi Bisenzio impegnerebbe risorse per lo studio e lo sviluppo di tecnologie utili, per esempio, alla produzione di componentistica per la filiera dell’idrogeno (in linea con Investimento
3.5 PNRR). In tal senso, lo sfruttamento di brevetti di start-up locali consentirebbe un approccio sinergico di ricerca e sviluppo fortemente ancorato al territorio, con la creazione di competenze altamente specializzate e ritorno economico. Nello specifico, la ex-GKN può diventare un centro di trasferimento tecnologico che si alimenta della ricerca dell’università pubblica, studia e produce nuovi processi di produzione, servendosi di competenze già acquisite e consolidate nello sviluppo di celle automatiche, tenendo in considerazione da principio i requisiti ergonomici, frutto di battaglie condotte nel corso degli anni. La progettazione di celle automatiche è stata fiore all’occhiello dello stabilimento di Campi Bisenzio fino a pochi anni fa.
Questo distretto della conoscenza inizialmente collauderebbe internamente le soluzioni proposte, con l’obiettivo di esportare un metodo di lavoro e soluzioni tecnologiche per tutto il tessuto produttivo circostante. […] La ex-GKN si porrebbe quindi come un laboratorio di formazione, con un flusso bidirezionale di competenze e conoscenze, dalla fabbrica al territorio e dal territorio alla fabbrica”9.

5. La questione ecologica

Recentemente Paola Imperatore ed Emanuele Leonardi hanno parlato della vertenza dell’ex GKN nel loro libro L’era della giustizia climatica. Prospettive politiche per una transizione ecologica dal basso per presentarlo come un esempio virtuoso di convergenza tra movimento operaio e movimenti. Questa interlocuzione ha prodotto mobilitazioni sui temi più disparati, dalla guerra al sostegno agli studenti in lotta contro l’alternanza scuola-lavoro fino ad arrivare alla solidarietà verso tutte le vertenze del paese o con le vittime della recente alluvione in Emilia-Romagna. Per gli autori l’incontro che ha più inciso sull’andamento della loro lotta è sicuramente quello con il movimento ambientalista che avviene nell’autunno del 2021.

Gli operai, in un clima di montante negazionismo del cambiamento climatico che ha preso piede a partire dal clima antiscientifico alimentato dal movimento no vax durante la pandemia, hanno rifiutato di associare il loro licenziamento ai costi della transizione ecologica. Alle provocazioni della stampa dei padroni che voleva forzare questo legame hanno risposto riarticolando il rapporto tra movimento operaio ed ecologismo mettendo in chiaro che il responsabile della distruzione dell’ambiente e dei loro posti di lavoro è lo stesso: il capitalismo.

Nonostante si voglia mascherare da capitalismo verde, sta solo utilizzando la sensibilità ecologica come clava per portare a termine la sua ennesima ristrutturazione che non cancella le dinamiche distruttive proprie di questo modo di produzione. I frutti di questa saldatura sono le mobilitazioni comuni e i piani di reindustrializzazione dal basso. Infatti il primo di cui abbiamo discusso in precedenza è stato ignorato nei tavoli con il governo ma gli operai non hanno rinunciato a salvare la loro fabbrica. Hanno proposto un secondo piano di reindustrializzazione fondando la Società Operaia di Mutuo Soccorso per creare un’impresa di caro-bike e panelli solari autogestita. I pannelli solari da produrre sono di nuova generazione e non verranno prodotti utilizzando minerali critici estratti nel Sud Globale. Il capitale non lo mette lo Stato ma l’azionariato popolare ma gli investimenti pubblici restano necessari per comprare lo stabilimento e i macchinari.

Comunque vada a finire questa vertenza, gli operai e le operaie dell’ex GKN hanno scritto una pagina fondamentale nella storia della lotta di classe in questo paese.

  1. AA.VV., Un piano per il futuro della fabbrica di Firenze. Dall’ex GKN alla Fabbrica socialmente integrata, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Milano 2022, p.49 ↩︎
  2. Ivi, p.50 ↩︎
  3. Collettivo di fabbrica Gkn, Insorgiamo. Diario collettivo di una lotta operaia (e non solo), Edizioni Alegre, Roma 2022, citazione tratta da un ebook, pertanto non sono disponibili le pagine. ↩︎
  4. AA.VV., Un piano per il futuro della fabbrica di Firenze. Dall’ex GKN alla Fabbrica socialmente integrata, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Milano 2022, pp. 16-17 ↩︎
  5. Ivi, p.65 ↩︎
  6. Ivi, p.69 ↩︎
  7. Ivi, pp.81-82 ↩︎
  8. Collettivo di fabbrica Gkn, Insorgiamo. Diario collettivo di una lotta operaia (e non solo), Edizioni Alegre, Roma 2022, citazione tratta da un ebook, pertanto non sono disponibili le pagine. ↩︎
  9. AA.VV., Un piano per il futuro della fabbrica di Firenze. Dall’ex GKN alla Fabbrica socialmente integrata, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Milano 2022, p.90 ↩︎

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