Nacque col nome di Raja Špigel’, nell’attuale Ucraina (allora parte dell’Impero Russo) nel marzo del 1910. La sua famiglia emigrò negli Stati Uniti d’America a Boston, dove Raja prese il cognome della madre Dunaevskaja. La giovane Raja Dunaevskaja cominciò a militare nell’organizzazione giovanile del Partito Comunista degli Stati Uniti (d’ispirazione marxista-leninista e filo-sovietica), dove traduceva anche scritti e opuscoli provenienti dalla Russia sovietica. All’età di 18 anni, nel 1928, venne scaraventata giù per delle scale dai suoi compagni di partito e espulsa da quest’ultimo dopo che lei, in difesa di Lev Trockij, aveva invitato i suoi compagni a leggere la risposta del rivoluzionario bolscevico alla sua espulsione dal Partito Comunista dell’Unione Sovietica.
Cominciò a frequentare un gruppo trockista diretto da una nota femminista, e cominciò quindi un percorso politico che la portava su posizioni sempre più critiche nei confronti dell’Urss e di Stalin, pur restando convintamente socialista.
Nel 1937, senza farne parola coi trotskisti statunitensi, si trasferì in Messico per servire come segretaria in lingua russa, e traduttrice, di Trockij durante il suo esilio. Ebbe così l’opportunità non solo di conoscere meglio quel personaggio ma anche di discutere con lui della situazione sovietica, di marxismo, di filosofia e di economia, e conobbe uomini come il segretario del Partito Comunista Messicano, Diego Rivera e sua moglie la pittrice Frida Kahlo. L’esperienza al fianco di Trockij e il costante dialogo con quest’uomo fu fondamentale nella formazione di Raja, e anziché avvicinarla ancora al trockismo servì proprio per allontanarla da esso e formularne una critica.
Infatti nel ‘39 fece ritorno in America e ruppe definitivamente con Trockij, il quale sosteneva ad oltranza che l’Unione Sovietica era ancora socialista, che fosse uno “stato operaio degenerato”, una degenerazione burocratica e autoritaria di cui Stalin era il rappresentante numero uno. Ma niente di sistemico, di strutturale, per lui il problema era superficiale nel senso di sovrastrutturale, non un problema insito nella struttura stessa del sistema economico sovietico. Non a caso Trockij continuava a usare termini come stato operaio degenerato o rivoluzione tradita.
Questo criticava la Dunaevskaja a Trockij: non comprendere la natura capitalista dell’Urss, non comprendere che il socialismo non è statalizzazione dei mezzi di produzione e pianificazione economica dall’alto. Più tardi, sul finire della sua vita, Raja Dunaevskaja dirà che la sua vera presa di coscienza e reale sviluppo filosofico avvenne solo dopo la rottura con Trockij.
Una volta tornata negli Stati Uniti si mise a studiare l’economia russa e, dall’altra parte, gli scritti giovanili di Marx in particolar modo i Manoscritti economico-filosofici del ’44. Studiando il giovane Marx (sempre rapportato col Marx maturo autore del Capitale), Raya fu spinta a inoltrarsi nello studio della filosofia hegeliana per poter comprendere a pieno quella marxista (e poi quella leninista), sempre più convinta che Marx non può esser preso senza Hegel proprio perché Marx ne è sia il più grande allievo che il più grande critico. Inoltre si schierò contro quei teorici sovietici (e poi contro gli althusseriani che vi ritorneranno) che sostenevano una netta distinzione tra un Marx giovane, hegeliano, filosofico, libertario e utopista e un Marx maturo, adulto, scientifico, materialista, economista e libero da Hegel; (ovviamente i sovietici tra le due prendevano per buona la metà matura e scientifica). Dunaevskaja sostiene invece che non vi sia distinzione o rottura, che la filosofia hegeliana resta un cardine nel pensiero di Karl Marx per tutta la vita di quest’ultimo seppure con una terminologia differente, e che gli stessi ideali di libertà che muovevano il Marx degli anni quaranta sono quelli che continuavano a muoverlo negli anni settanta.
Con il pretesto di separare «il materialismo» di Marx dall’«idealismo» di Hegel essi [Ždanov e altri teorici russi] hanno mutilato i Manoscritti economico-filosofici di Marx e la dialettica hegeliana. […] Marx non respinge l’idealismo: «Un Naturalismo od Umanesimo integrale» così Marx giovane definì il suo punto di vista filosofico «si distingue dall’idealismo e dal materialismo, ed è al tempo stesso la verità che li unifica». Possiamo dire che il marxismo è la più idealistica delle filosofie materialistiche, e l’hegelismo la più materialistica delle filosofie idealistiche. Hegel, affermò Marx, non poteva elaborare concretamente fino in fondo la sua logica dialettica in quanto egli rimase, dal principio alla fine, filosofo impegnato a rintracciare il movimento logico non del lavoratore, ma dell’intellettuale.
Raja Dunaevskaja,
Soprattutto capisce che non si può pensare la filosofia come qualcosa di staccato dalle altre discipline come l’economia, la scienza, la politica, l’arte ecc.: la filosofia le comprende e le genera tutte.
Procedendo nei suoi studi filosofici ed economici e nel suo studio del marxismo e della storia del movimento operaio, Raja scrisse negli anni diversi libri e moltissimi scritti (tutti raccolti e accessibili così come lei li aveva disposti negli archivi di Raja Dunaevskaja). Tra questi la sua trilogia della rivoluzione che comprende tre opere dal titolo Marxismo e Libertà: dal 1776 ad oggi; Filosofia e rivoluzione: da Hegel a Sartre e da Marx a Mao; Rosa Luxemburg, liberazione femminile e filosofia marxista della rivoluzione. Nel primo di questi, in Marxismo e Libertà, espone in maniera completa tutta la sua critica al comunismo russo, allo stalinismo, all’Unione Sovietica. Ma lo fa partendo dalla rivoluzione francese, da Hegel, per ricostruire la storia sulla quale venne elaborato anche il marxismo, raccontando gli eventi della lotta di classe e del neonato capitalismo per poi passare a spiegare tutto il pensiero marxista e le sue opere con una profonda analisi dei tre volumi de il Capitale. Dopodiché passa ad un’analisi della seconda Internazionale e del ruolo di Lenin e Rosa Luxemburg in quel contesto, proseguendo con l’evoluzione filosofica e ideologica di Lenin passando per la rivoluzione russa del 1905 per poi arrivare alla rivoluzione d’ottobre, all’Unione Sovietica e poi a Stalin e all’immediato dopo-stalin. In quest’opera espone la sua concezione del marxismo e del comunismo come di un nuovo umanesimo che dev’essere costruito dalle masse sfruttate, spiega come non basti abolire la proprietà privata dei mezzi di produzione e la necessità di edificare una società totalmente disalienante e democratica. Nella sua critica all’economia russa contenuta in tale opera ella afferma la natura capitalista dell’Urss, un capitalismo di stato, dove i mezzi di produzione sono proprietà privata dello stato, uno stato fuso col partito e con l’esercito ed evidenzia lo sfruttamento dei lavoratori russi tale e quale a quello dei lavoratori europei o statunitensi. Tutto ciò sempre però in difesa di Lenin del quale elogia la maturità e la consapevolezza filosofica della centralità della dialettica hegeliana.
Per Marx proprietà privata significa il potere di disporre del lavoro altrui. Ecco perché Marx ha insistito tanto su questo concetto: far della «società» il proprietario, lasciando intatta l’alienazione del lavoro equivale a creare «un grande capitalista astratto». […] egli [Marx] affermò a pi riprese che l’abolizione della proprietà privata significava un nuovo modo di vita, un nuovo ordine sociale solo se «individui liberamente associati», e non lo stato o l’astratta società, diventano i padroni dei mezzi di produzione.
Raja Dunaevskaja,
Raja Dunaevskaja viene considerata la fondatrice della corrente dell’Umanesimo Marxista, e venne anche denominata la filosofa delle barricate che era sempre a intervistare, ovunque, lavoratori d’ogni sorta in lotta e a scrivere le lodi dei popoli e delle masse e delle loro grandi azioni rivoluzionarie. Infatti secondo Raja sono le masse che costruiscono la democrazia e il socialismo, non intellettuali o avanguardie di arditi teorici. È la contraddizione e l’alienazione vissuta giornalmente dalla plebe a spingerla alla lotta ed è la grande creatività rivoluzionaria delle masse a edificare nuove forme di organizzazione sociale.
La democrazia, durante la rivoluzione francese, non fu inventata da una teoria filosofica o dalla leadership borghese. È stata scoperta dalle masse nel loro metodo di agire, nella pratica.
Raja Dunaevskaja
Nel corso della sua vita ha combattuto in prima persona molte lotte sociali da quelle per i diritti dei neri afroamericani, per i diritti delle minoranze sessuali e per l’emancipazione delle donne, oltre a tutte le lotte e a tutti gli scioperi dei lavoratori statunitensi.
Si teneva in corrispondenza con vari filosofi della Scuola di Francoforte come i suoi amici Herbert Marcuse e Erich Fromm e con Theodor Adorno, coi quali discuteva di politica e filosofia. Tenne un importante discussione con Adorno a proposito della concezione adorniana della dialettica hegeliana, contenuta nel libro Dialettica negativa di Adorno, con la quale Raja Dunaevskaja non concordava. Ma il vero legame lo costruì con Fromm e Marcuse, quest’ultimo scrisse anche l’introduzione del suo libro Marxismo e libertà.
Oltre che dalla Scuola di Francoforte fu influenzata molto anche da autori e pensatori come Frantz Fanon, Győrgy Lukács, Pier Paolo Pasolini e Rosa Luxemburg.
Fondò un organizzazione chiamata Comitati di notizie e lettere che diresse sino alla morte con la quale tentava di aiutare gli strati più poveri della società e aiutare determinate lotte.
Senza riuscire a terminare il suo ultimo scritto, Dialettica dell’Organizzazione e Filosofia: il “Partito” e le forme di organizzazione nate dalla spontaneità, Raja Dunaevskaja morì nel 1987 in giugno a Chicago. Resta e fu una grande interprete del pensiero di Marx e del movimento socialista, una grande donna e una grande filosofa che ancora ha da insegnare tante cose alla nostra sinistra.
— Compagno Grimm