La grande epidemia forgia strumenti utili e sospetti, per travestire lo sviluppo della liberaldemocrazia in un più coerente autoritarismo. Infatti, con la necessità di misure straordinarie, di isolamento sociale, di sostanziale divieto di ogni assembramento di persone e con la reclusione domiciliare per l’epidemia di Covid-19, era ormai sospettabile, quasi certo che nella vecchia Europa a qualche governante l’idea di prendere pieni poteri – per combattere l’epidemia, chiaramente! – non dovesse suonare così aliena e ripugnante.
E, in linea con altri macabri primati in termini di legislazioni anti-sociali e anti-salariati, l’Ungheria di Viktor Orbán apre la via, per un’autocrazia che ovviamente serve a mantenere la sacra sicurezza della nazione: già da una settimana la proposta di legge era stata consegnata alla discussione parlamentare, che, con un efficace rito abbreviato sorprendente, l’ha tramutata in legge nel pomeriggio di ieri, 30 marzo. 137 voti a favore, e 53 contrari, nell’Országgyűlés (Assemblea Nazionale) ha facilmente prevalso la supermaggioranza di due terzi da parte della coalizione di destra del primo ministro (Fidesz e Cristiano-popolar-democratici), arricchita dai voti di quattro neonazisti dello Jobbik, che invece, nella sua maggioranza, ha votato contrario, con l’opposizione di centro-sinistra cui però è stato bocciato l’emendamento che avrebbe limitato la dictatura a tre mesi.
Dunque, cosa può fare ora il primo ministro Orbán, insignito dei «pieni poteri»?
Ebbene, adesso il primo ministro può emettere dei decreti con validità di legge senza rendere conto al parlamento, può sospendere le elezioni, può chiudere il parlamento, può cambiare o sospendere le leggi esistenti, può, infine, sospendere le elezioni. E, dulcis in fundo, senza alcun limite temporale, o meglio, fintanto che l’emergenza non si sia conclusa; il che è a discrezione del primo ministro. Inoltre, come ben evidenzia la Frankfurter Allgemeine, la legge oggi approvata prevede anche il bavaglio alle opposizioni, sotto forma di pene dai due ai cinque anni di carcere per chi dovesse diffondere «notizie false o contorte», e due per chi non dovesse sottostare alle restrizioni di movimento sul territorio ungherese – piuttosto ironico, dato che Orbán stesso annunciava due settimane fa come il Covid-19 fosse stato importato in Ungheria dai migranti, falsamente.
Tuttavia, ciò cozza in modo vistoso con l’art. 2 del Testo Unico Europeo, che recita:
«L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non-discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà, e dalla parità fra donne e uomini»
Subito poi sono giunte le dichiarazioni delle autorità europee, come la vicepresidente dell’Europarlamento, Klára Dobrev (Demokratikus Koalíció, centrosinistra ungherese), la quale ha dichiarato che la legge «conferisce al governo poteri illimitati e limita ulteriormente la libertà dei media», in un autoritarismo alla Putin; mentre il commissario europeo per la giustizia, Didier Reynders (Mouvement Réformateur, centrodestra liberale belga) annuncia: «La Commissione Europea sta valutando le misure d’urgenza prese dagli Stati membri riguardo i diritti fondamentali. Segnatamente per il caso della legge votata oggi in Ungheria circa lo stato d’emergenza e le nuove sanzioni penali per la diffusione di informazioni false».
Eppure, sorge il dubbio che anche questa presa di posizione contro l’ultima legge di una lunga serie del decennale governo Orbán sia soltanto una vistosa parure, dietro cui si cela la tipica e cinica abulia delle istituzioni europee. Infatti, l’Unione Europea non avrebbe motivo di punire efficacemente l’Ungheria, come già si è visto in molti casi precedenti, e nonostante la gravità di una tale assunzione di potere, ingiustificabile nel contesto dell’emergenza epidemica, è molto probabile che le sferzate siano solo a parole, come finora sono state. Asserzioni utili solo ad alimentare la propaganda interna del primo ministro ungherese, sovranista di acciaio inossidabile contro l’arpia comunitaria che aggredisce la salute e l’integrità dei magiari. Peccato che quell’arpia faccia le uova d’oro, per il governo ungherese, in termini di finanziamenti europei – nel 2017 l’Ungheria ha contribuito all’Unione con 820mila euro e ha poi ricevuto 4,049 miliardi – tra cui figurano i cospicui fondi agricoli.
Da quanto potrebbe sembrare, quindi, l’UE potrebbe ritirare i propri finanziamenti, in risposta alla deriva autocratica del governo magiaro. Tuttavia, l’Ungheria è un paese chiave nella catena del valore tedesca: essa serve da riserva di manodopera a basso costo per le industrie tedesche, così come serve da fornitrice di beni agricoli altrettanto a basso costo da immettere nel mercato unico europeo. Per questa ragione, squisitamente economica, che come si è anche rivelato recentemente nelle focose trattative sugli eurobond e il MES, sono le uniche ragioni che sussistono nell’Unione, Orbán potrà disporre di dieci milioni di persone a suo piacimento, e la liberaldemocrazia si tinge di nero.
Il modello di capitalismo cui Orbán aspira è il capitalismo autoritario di Singapore: un paese piccolo, ma economicamente trainante, dove non è più chiaro il limite evanescente fra liberaldemocrazia e autocrazia, dove le elezioni confermano l’élite politica ben salda ai vertici dello Stato, e dove gradualmente il partito si sfuma nelle istituzioni, come avviene sotto il russo dominio di Putin. In effetti, ieri il presidente della Repubblica János Áder, eletto dopo esser stato ministro della giustizia nel governo Orbán II, ha espresso in una sua rarissima comunicazione alla nazione che la «legge sulla protezione dal coronavirus» non è anticostituzionale, dal momento che espleta la necessità, già prevista dalla costituzione, di pericolo nazionale, definizione che garantiva due settimane di poteri speciali all’esecutivo prorogabili, e che comunque la durata “illimitata” dei poteri speciali risulta coincidere con la durata dell’epidemia. Non spiega però chi sia a deciderlo, dal momento che la presidenza della repubblica, il sistema giuridico, il parlamento, il governo sono tutti monopolizzati da Fidesz o resi impotenti in un decennio di sotterranea riforma istituzionale.
Ad ogni modo, come evidenzia il giornale ungherese Népszava, «il coronavirus comporta rischi significativi perché l’assistenza sanitaria è catastrofica e finanziariamente dissanguante. Orbán ha speso milioni in inutile propaganda mentre i pazienti erano costretti a portare cibo e carta igienica all’ospedale stesso. Se l’epidemia si diffonde, queste condizioni diventano ampiamente note. Ciò che è importante per lui è che l’opposizione possa essere definita come nemica della nazione, poiché ha negato la concessione dello status speciale al governo». Ebbene, simulare determinazione, pugno di ferro, controllo della situazione, e dissimulare la realtà a suon di orazioni della condizione del popolo ungherese.
— Emanuele
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