— YPG International, 20 gennaio 2021
gentilmente tradotto da Bunpile
Oggi, 20 gennaio, ricorre il terzo anniversario dell’occupazione di Efrin.
Nel gennaio 2018, lo Stato fascista turco sotto il governo di Erdogan ha iniziato la cosiddetta “Operazione Ramoscello d’Ulivo” con l’appoggio di migliaia di mercenari jihadisti. L’alleanza ideologica tra il governo dell’MHP-AKP e gli islamisti è stata contrastata dalle Unità di protezione del popolo e dalle Unità di protezione delle donne – YPG e YPJ – in un’eroica resistenza durata più di due mesi.
Efrin prima dell’invasione era una delle zone più pacifiche di tutta la Siria e in gran parte risparmiata dalla distruzione della guerra. Efrin era anche una delle aree in cui si era sviluppata maggiormente l’organizzazione sociale basata sulle idee del leader del movimento di liberazione curdo, Abdullah Öcalan. Qui i sistemi di democrazia di base e di vita comunitaria sono stati messi in pratica e numerosi progetti ecologici e di liberazione delle donne sono stati sviluppati.
Efrin divenne anche un luogo di rifugio per centinaia di yezidi che scamparono al terrore genocida del cosiddetto “Stato islamico” e vi trovarono una nuova e sicura casa.
Oggi Efrin sembra un cumulo di macerie. Le bande jihadiste saccheggiano le proprietà della popolazione sfollata e di coloro che non sono ancora fuggiti, danneggiano l’ambiente, distruggono e profanano i siti culturali e storici, rapiscono e violentano le donne, forzano al matrimonio giovani ragazze e bambine. Con il consenso della NATO, la Turchia sta commettendo crimini di guerra e pulizia etnica sulla popolazione locale tramite il suo esercito proxy, la coalizione jihadista nota come “Esercito Nazionale Siriano”. Fin dall’inizio dell'”Operazione Ramoscello d’Ulivo”, la Turchia non solo ha perseguito il piano di un’operazione militare a breve termine, ma ha anche spinto per l’annessione dell’area alla Turchia. Oggi, a Efrin, i bambini vengono istruiti secondo l’ideologia e il curriculum Turco, la lingua usata nei cartelli e negli edifici pubblici è stata cambiata nel Turco, la lira Turca è stata introdotta come moneta e l’ufficio postale Turco è responsabile di vari compiti logistici. Insieme all’inizio della costruzione di un muro intorno ai territori occupati, possiamo sicuramente parlare di un tentativo di annessione.
Ma Efrin non è solo una storia di terribili atrocità e oppressione, ma anche una storia di speranza, di lotta e di resistenza.
Nella resistenza di Efrin hanno preso parte anche diversi internazionalisti. Da tutte le parti del mondo, dalle più diverse lotte e correnti ideologiche, i nostri compagni hanno partecipato alle opere di difesa militare e civile. Nel corso della lotta, i compagni Kendal Breizh (Olivier François Jean Le Clainche), Şahin Hüseyni (Haukur Hilmarrson), Hêlîn Qereçox (Anna Campbell) e decine di altri nostri amici sono diventati martiri della rivoluzione.
In Kurdistan diciamo “Şehid Namirin” – i martiri non muoiono. I nostri martiri non muoiono perché noi li ricordiamo e continuiamo a lottere per le loro cause e per i loro desideri. Perché ricordare significa combattere e combattere significa ricordare. Per noi il 20 gennaio è un giorno per ricordare i nostri compagni caduti e le ragioni che li hanno mossi e che hanno spinto tutti noi ad unirci a questa rivoluzione, a parteciparvi, a plasmarla e a difenderla. È un giorno per ricordarli e per ricordare a noi stessi che è necessario tracciare una linea chiara tra noi e il nemico, per non dimenticare ciò che è accaduto e per trarne forza per i mesi, gli anni e le offensive a venire. Ricordare che tutti noi possiamo prendere parte a questa rivoluzione e contribuire al Rojava e alla Federazione Democratica della Siria del Nord. Non importa se partecipiamo alle attività militari o alle opere sociali, perché qui possiamo imparare e capire: La società può prosperare solo se difesa, e la difesa può avere successo solo con il supporto della società.
Vogliamo sottolineare ancora una volta che il Rojava è la rivoluzione di tutte le persone che vi prendono parte e vi contribuiscono con forza e impegno. Il Rojava è la terra di tutti noi e qui possiamo sperimentare e realizzare una parte di ciò che abbiamo sempre sognato: Creare una vita libera. Come i altri compagni prima di noi hanno fatto e continuano a fare giorno per giorno, ad Ain Isa o Til Temir, è nostro compito come internazionalisti opporci ai nemici della rivoluzione. Spetta a noi, insieme al popolo combattere per cacciare gli invasori fascisti da Efrin, dal Rojava, da tutto il Kurdistan e dal Medio Oriente. Spetta a ciascuno di noi.
Oggi vogliamo anche ricordare i tanti momenti di gioia, di difficoltà vissute e superate, in comune con i nostri compagni, e gridare nella certezza della nostra vittoria:
Viva la resistenza di Afrin e del Kurdistan!
Fino alla liberazione di tutti i territori occupati!
Viva la solidarietà internazionale!