La verità si trova decifrando gli acronimi
— Stuart Schrader, “Defund the Global Policeman”, n+1 38 (Fall 2020)
— traduzione dall’inglese di Andrea C.
Dal Memorial Day (NDR: 30 maggio), quando i poliziotti di Minneapolis assassinarono George Floyd, migliaia di manifestanti negli Stati Uniti hanno chiesto ai loro politici di “tagliare i fondi alla polizia” (NDR: “Defund the Police”). È difficile immaginare Donald Trump promuovere, invece che deridere, questo appello. Eppure nel 2018 il presidente fece una visita a sorpresa a Natale alle truppe stanziate alla base aerea di Ayn al Asad, nella provincia irachena di Anbar, e dichiarò che gli Stati Uniti avrebbero smesso di essere il “poliziotto del mondo”.
Trump non è stato il primo presidente a fare una dichiarazione del genere. Tutti e tre i suoi predecessori fecero affermazioni simili sul tenere a freno il poliziotto globale, un termine che di solito si riferisce alla propensione degli Stati Uniti a schierare le proprie armate navali, i satelliti spia, i battaglioni di fanteria e i jet supersonici per regolare dispute lontane. Trump ha inoltre affermato, durante la sua visita alla base aerea, che altri paesi avrebbero “dovuto iniziare a pagare”, riferendosi alla protezione degli Stati Uniti. Se Trump non voleva tagliare completamente i fondi al poliziotto globale, voleva perlomeno che altri ne pagassero il conto. Ma questo desiderio ha tradito un malinteso sul modo in cui gli Stati Uniti progettano la forza all’estero. Il poliziotto globale degli Stati Uniti funziona in quattro modi principali. Tre sono relativamente ben noti: il primo e più ovvio, ci sono operazioni militari dirette lanciate dalle circa ottocento basi statunitensi in tutto il mondo, come l’attacco con droni di Trump al comandante militare iraniano Qasem Soleimani; in secondo luogo, ci sono operazioni congiunte e missioni consultive, che il presidente Obama ha notevolmente espanso in Africa e in Medio Oriente; e terzo, ci sono le esportazioni di armi, evidenziate dallo scandalo Trump-Ucraina. Il quarto e forse meno discusso metodo è “l’assistenza alla sicurezza”, che gli Stati Uniti offrono a dozzine di paesi e che consiste nell’addestramento e negli aggiornamenti tecnici per le forze militari e di polizia di altre nazioni.
È attraverso l’assistenza alla sicurezza che gli Stati Uniti inseriscono la polizia nel poliziotto globale, un progetto che il paese utilizza per manipolare gli altri affinché raggiungano i propri obiettivi geopolitici. Molto più economici e meno appariscenti delle tipiche missioni militari statunitensi, i principali campi di azione dell’assistenza alla sicurezza sono di natura non-militare: ovvero, il terrorismo ed il traffico di stupefacenti. Nell’affrontare queste minacce, gli Stati Uniti inviano le forze armate dei paesi che aiutano in missioni che ricordano più quelle delle forze dell’ordine che missioni di combattimento. Sempre più addestrati in biometria e scienza forense e dipendenti da algoritmi predittivi, i soldati sono incaricati di controllare i confini, fermare il contrabbando, sradicare le piantagioni di coca e prevenire attacchi terroristici.
I poliziotti sono diventati diplomatici statunitensi in prima linea. L’attività di polizia è oggi diventata un trionfo della globalizzazione.
Se l’assistenza alla sicurezza degli Stati Uniti sta trasformando i soldati di tutto il mondo in poliziotti, essa sta anche inviando esperti di polizia statunitensi in tutto il mondo a lavorare con la polizia in uniforme in dozzine di paesi. Il poliziotto globale si affida ai poliziotti locali. Oltre alle truppe che Clinton, Bush II e Obama piazzarono a terra e agli attacchi aerei che ordinarono, ciascuno si impegnò a dispiegare esperti di polizia in altri paesi. Tali impegni sono diffusi e a tempo indeterminato. Di conseguenza, il poliziotto globale sembra funzionare in maniera autonoma. Nessuna singola agenzia controlla i numerosi programmi che compongono il colosso. Ogni giorno il poliziotto globale si riunisce attraverso il lavoro di centinaia di poliziotti (e poliziotte) globali: attuali ed ex agenti di polizia statunitensi che addestrano, equipaggiano e offrono consigli alle forze di polizia di altri paesi. I poliziotti sono diventati diplomatici statunitensi in prima linea. L’attività di polizia è oggi diventata un trionfo della globalizzazione.
Come molti sperano in un futuro post-Trump, la revisione della politica estera degli Stati Uniti sembra possibile, anche se il senatore Bernie Sanders – il candidato democratico che è stato più critico sul modo in cui gli Stati Uniti agiscono come poliziotti globali – non è più in corsa per la Casa Bianca. Capire come smantellare il poliziotto globale, un obiettivo comune per molti della sinistra, richiederà capire cos’è, come si è evoluto e perché rimane così intrattabile. Eppure la maggior parte delle critiche nei confronti del poliziotto globale da parte dei democratici liberali o dei centristi si concentrano sulla sua disorganizzazione, sperando che la politica estera degli Stati Uniti possa essere razionalizzata per allineare meglio mezzi e fini, accettando piuttosto che trasformare o rifiutare l’imperativo della supremazia degli Stati Uniti. Questa critica tecnocratica alla disordinata burocrazia dell’assistenza alla sicurezza equivale solo a un tentativo di applicare uno scalpello più fine, non un martello, al colosso della polizia.
La rivolta politica di maggiore successo degli ultimi decenni negli Stati Uniti, stimolata dall’uccisione di Floyd, fornisce indicazioni per un approccio diverso. Gli appelli per togliere i fondi alla polizia rifiutano il gradualismo nel cambiare il modo in cui la polizia opera perché ripudiano la supremazia della polizia nelle strade cittadine. Questi appelli spesso scaturiscono da un quadro abolizionista che si vorrebbe privare della violenza coercitiva dello stato e investire in nuove istituzioni per promuovere la prosperità umana all’interno di un nuovo patto sociale basato sulla giustizia razziale e sociale. Il problema della politica estera degli Stati Uniti— rappresentata dalla figura del poliziotto globale — è che è come un dipartimento di polizia dotato di tutte le risorse necessarie in un momento in cui le paure per il crimine stanno diminuendo: è solidamente dotato di sofisticati strumenti per rispondere a qualsiasi esigenza con la forza, anche se il il valore strategico e politico dell’uso di tale forza letale va affievolendosi. Proprio come le rivolte hanno esortato le città a trovare modi per risolvere i conflitti senza proiettili o manganelli, esse mostrano anche che è tempo che il paese rinunci al suo status di poliziotto globale. Sia in patria che all’estero, per farlo sarà necessario rinunciare alla dipendenza dai poliziotti come soluzione universale per i problemi sociali.
I critici della politica estera degli Stati Uniti hanno usato il termine poliziotto globale per oltre un secolo. È rimasto un termine popolare nel lessico delle relazioni estere perché ammette la realtà del potere degli Stati Uniti sulla scena globale e riconosce che nessuno è contento di come quel potere è stato esercitato. Theodore Roosevelt, che supervisionò il dipartimento di polizia di New York prima di diventare presidente, delineò la necessità di una “forza di polizia internazionale” nel suo discorso sullo stato dell’Unione nel 1904. Sosteneva che ci fossero troppi buchi e ambiguità nel diritto internazionale. Una nazione in una situazione di emergenza non aveva nessuno al quale rivolgersi. Gli Stati Uniti potevano risolvere questo problema agendo come farebbe un agente di polizia di turno: aiutando chi ha bisogno, dicendo agli altri di fare un passo indietro e schiaffeggiando il recalcitrante in faccia. Come capo del consiglio dei commissari di polizia di New York, Roosevelt promise riforme che avrebbero estirpato la corruzione e la brutalità della forza di polizia. Ma quando si trattava di politica globale, la pensava come il famigerato poliziotto di New York Alexander “Clubber” Williams: la legge si poteva trovare in fondo ad un manganello.
In pratica, il desiderio di Roosevelt di una forza di polizia internazionale prese forma nei primi decenni del XX secolo attraverso le invasioni e le occupazioni militari statunitensi. Ma perché usare il termine polizia se ciò che Roosevelt aveva in mente erano invasioni militari? Per i giuristi e filosofi illuministi che hanno coniato il termine, il potere della polizia era funzionalmente illimitato perché riguardava tutto ciò che la legge non riusciva a specificare. Quello che la legge non poteva ottenere, e quello che la legge doveva ancora discernere come suoi obblighi — queste erano le preoccupazioni della polizia. Roosevelt estese questa idea suggerendo che laddove il diritto internazionale era insufficiente e dove non esisteva un meccanismo di applicazione, il potere della polizia sarebbe spettato agli Stati Uniti.
Il fondatore delle scienze politiche negli Stati Uniti, John Burgess, definì il potere di polizia “il ‘continente oscuro’ della nostra giurisprudenza”, e quindi “il comodo deposito di tutto ciò per cui le nostre classificazioni giuridiche non possono trovare altro posto”. Gli studiosi, giustamente, hanno avuto la tendenza a trattare questa metafora con trepidazione, anche perché Burgess, un suprematista bianco, la intendeva come una critica. La metafora del continente oscuro aveva lo scopo di indicare l’infinità nebbiosa delle competenze della polizia. Per Burgess, che si opponeva all’imperialismo statunitense, il continente oscuro comportava la sospensione dell’ordine liberale (per la propria protezione) di fronte a una minaccia inconoscibile. Ma la storia degli interventi statunitensi all’estero mostra che tali minacce sono tutt’altro che inconoscibili. Secondo i teorici militari statunitensi, i meccanismi di tali interventi militari hanno delle affinità con l’azione di polizia Americana.
Grazie a Roosevelt e ai suoi successori, l’America Latina, i Caraibi e la costa del Pacifico divennero laboratori per le tecniche e le tecnologie delle forze dell’ordine nei primi decenni del XX secolo. Le brigate militari finirono per agire più come dipartimenti di polizia quando si trovavano di fronte a ciò che Roosevelt chiamava “illeciti cronici”: resistenza all’imposizione della disciplina del lavoro capitalista e delle routine agricole, furto e banditismo, e insurrezioni sotto forma di guerriglia. Soldati e marine statunitensi finirono anche per addestrare ufficiali di polizia nelle zone occupate dopo la Guerra Ispano-americana, dalle Filippine ad Haiti al Nicaragua, a volte fungendo da comandanti per reggimenti di polizia interni. A loro volta, molti di questi militari statunitensi si sono uniti ai corpi di polizia nazionali dopo essere tornati a casa, portando con sé ideologie coloniali che consideravano le differenze razziali come una base sufficiente per il sospetto. Hanno inoltre portato a casa nuove competenze tecniche nel pattugliamento, nell’addestramento e nella logistica della polizia.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, esordendo ufficialmente nel 1954, gli Stati Uniti iniziarono a offrire “assistenza di pubblica sicurezza” ai fini del controllo della criminalità e del comunismo in oltre cinquanta paesi, principalmente in Africa, Asia e America Latina. Gli Stati Uniti si sono assunti la responsabilità di modernizzare la polizia in tutto il mondo. Questo programma della Guerra Fredda, chiamato ‘Office of Public Safety’, situato nell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID), ha fornito una gamma di strumenti per le forze dell’ordine, che vanno dagli schedari per le impronte digitali, a pistole, gas lacrimogeni, manganelli e altre armi. L’Ufficio di Sicurezza Pubblica aveva anche una struttura di formazione chiamata International Police Academy a Washington DC. In questa struttura, tra il 1963 e il 1975, 8.855 poliziotti di alto rango provenienti da 77 paesi ricevettero una formazione specializzata in forze dell’ordine, intelligence e controinsurrezione. L’obiettivo: proteggere l’emergente ordine multilaterale dalla minaccia della rivoluzione comunista. Anche se nuove istituzioni come le Nazioni Unite hanno colmato alcune delle lacune nel diritto internazionale che Roosevelt aveva deriso, questi funzionari di polizia hanno continuato a operare, prendendo di mira banditi e briganti, visti come minacce delle comunità dall’interno, e sovversivi e provocatori, visti come minacce allo stato dall’esterno.
Eppure un’ostinata ossessione per la minaccia comunista all’estero ha nascosto le differenze tra le riforme della polizia amministrativa volte a sradicare la corruzione e le riforme tecniche della polizia volte a meglio neutralizzare i sovversivi. Nessun tipo di riforma ha mai affrontato la storia del razzismo che ha invece plasmato la polizia statunitense. Un poliziotto sudvietnamita disse a una controparte statunitense che era preoccupato che gli istruttori della polizia statunitense lo avrebbero trattato come “trattavano i neri nel Sud”. Più lungimirante sarebbe stato preoccuparsi che gli avrebbero invece insegnato a trattare i “Viet Cong” in quel modo.
Nonostante la sua vasta portata, l’operazione di Pubblica Sicurezza era centralizzata a Washington, guidata da un piccolo staff e gestita da potenti figure della burocrazia della sicurezza nazionale. I funzionari con una linea diretta con i presidenti Kennedy, Johnson e Nixon hanno esaminato la strategia del programma. Quando qualcosa andava storto, la risposta era rafforzare la supervisione centralizzata. In questo modo gli obiettivi generali della politica estera del poliziotto globale trovavano espressione nelle raccomandazioni a livello di strada e nell’addestramento dei poliziotti di tutto il mondo. La centralizzazione, tuttavia, rese l’organizzazione vulnerabile. Dopo che i ricercatori della Nuova Sinistra insieme a gruppi antimperialisti come il North American Congress on Latin America e l’Institute for Policy Studies sostennero che l’Ufficio per la Pubblica Sicurezza promuoveva la violazione dei diritti umani, divenne relativamente facile per il Congresso chiudere il programma. Lo statuto del 1974 che proibisce l’uso dei fondi di aiuto stanziati attraverso il Foreign Assistance Act per addestrare ed equipaggiare la polizia in tutto il mondo, noto come Sezione 660, rimane tuttora in vigore.
L’apparato di sicurezza americano si è tuttavia dimostrato sorprendentemente resistente. Quando l’Ufficio di Pubblica Sicurezza cessò bruscamente le operazioni all’estero dopo il passaggio della Sezione 660, emerse come ripiego un settore commerciale di formazione della polizia all’estero, rendendo possibile il proseguimento di alcune delle vecchie operazioni dell’ufficio senza violare la legge. Fino ad oggi, le imprese private evitano le originali restrizioni legislative. Inoltre, non sono necessariamente soggetti alle disposizioni di supervisione delle leggi Leahy — progettate per impedire agli aiuti di sicurezza degli Stati Uniti di raggiungere noti violatori dei diritti umani — approvate nei decenni successivi.
Negli anni ’70, il governo dell’Arabia Saudita, ad esempio, ha cercato di trovare un modo per continuare a ricevere assistenza dagli Stati Uniti dopo che divenne chiaro che il Congresso avrebbe chiuso l’Ufficio di Pubblica Sicurezza. Il risultato, violando lo spirito ma non la lettera della legge statunitense, fu uno studio privato su misura composto da consulenti di pubblica sicurezza in pensione che lavoravano per un solo cliente. Oggi è conosciuto come Vinnell Arabia. Questo monopsonio della sicurezza addestra e aggiorna continuamente la Guardia nazionale saudita, una forza spietata, più grande dello stesso esercito saudita. [Vinnell Arabia] Risponde direttamente alla monarchia ed è progettato per sopprimere il dissenso, prevenire il terrorismo e mantenere l’ordine durante l’Hajj. In origine un’impresa edile e di logistica, Vinnell arrivò sull’orlo del collasso finanziario dopo il ritiro degli Stati Uniti dal Vietnam del Sud, ma venne resuscitato nel 1975 da un contratto da 77 milioni di dollari con l’Arabia Saudita. Gli ex consulenti per la sicurezza pubblica assunti dall’azienda continuarono il loro lavoro, scoprendo che nemmeno gli standard nominali dei diritti umani ora li avrebbero ostacolati. Due decenni dopo, un devastante bombardamento a Riyadh avrebbe preso di mira una struttura di Vinnell: si trattava del primo attacco del gruppo che sarebbe poi diventato Al-Qaeda.
Ci volle circa un decennio dopo l’introduzione della Sezione 660 nel 1974 affinché gli Stati Uniti tornassero ufficialmente a offrire supporto alla polizia in altri paesi del mondo. Il primo obiettivo, esattamente come tanti altri interventi statunitensi all’estero, era l’America Centrale. Sotto il presidente Ronald Reagan, e basandosi sul parere di una commissione “bipartisan” presieduta da Henry Kissinger, gli Stati Uniti ripresero formalmente gli aiuti alla polizia in El Salvador e in Honduras attraverso un emendamento legislativo del 1985 alla Sezione 660. (All’epoca i giornalisti affermarono che El Salvador aveva comunque ricevuto un continuo aiuto dalla polizia statunitense in violazione della legge del 1974.) Nel 1984, il Costa Rica ricevette un addestramento a parte sulla controinsurrezione per la polizia di frontiera stanziata vicino al Nicaragua.
Alla fine della Guerra Fredda, la Sezione 124 del Titolo 10 del Codice degli Stati Uniti e la Sezione 1004 del Defense Authorization Act, approvate rispettivamente nel 1989 e nel 1991, diedero al Pentagono nuove responsabilità in materia di lotta al traffico di stupefacenti. Quest’ultima sezione autorizzò un ruolo più importante all’esercito nell’addestramento della polizia all’estero. Ora il Dipartimento della Difesa non solo avrebbe assunto la guida nell’interdire il traffico di stupefacenti dall’America Latina agli Stati Uniti via mare e aria, ma avrebbe anche fornito assistenza alle nazioni partner in settori come l’intelligence, la costruzione di basi militari e strutture di confine, la riparazione di attrezzature e l’addestramento delle forze di polizia. Oggigiorno il segretario della Difesa non è legalmente in grado di porre limiti al tipo di assistenza che il dipartimento può fornire. Questa flessibilità significa che, sebbene rappresenti una piccola frazione dell’ingente budget per la difesa, l’assistenza fornita in base a questa autorizzazione continua ad ampliare ciò che si considera attività di lotta al traffico di stupefacenti.
Se la missione antidroga del Pentagono aprì la porta all’addestramento militare della polizia, le missioni antiterrorismo e anti-insurrezione adottate dopo l’11 settembre fecero saltare quella porta dai cardini. Per decenni, la creazione di forze di polizia locali indipendenti volte al mantenimento della pace mentre le ostilità diminuivano era stata una prova del successo degli USA nelle “piccole guerre”, come quelle in Nicaragua o nella Repubblica Dominicana all’inizio del XX secolo. Le missioni statunitensi in Iraq e in Afghanistan hanno rianimato questa metrica e l’assistenza degli Stati Uniti venne progettata per coltivare forze di polizia locali risolute e abili. Questo obiettivo, tuttavia, è risultato elusivo. Anche in un singolo paese, come l’Afghanistan, non è chiaro dove risieda la responsabilità definitiva in merito all’addestramento ed all’equipaggiamento di tali forze di polizia. Nessun funzionario statunitense ha come ruolo primario questa supervisione. Invece, un ombudsman, l’ispettore generale speciale per la ricostruzione dell’Afghanistan, viene lasciato a calcolare i costi — 137 miliardi di dollari spesi in totale per la ricostruzione a partire dal 2001, di cui almeno 21 miliardi di dollari spesi dal 2005 per la polizia, a cui vanno aggiunti oltre 8 miliardi di dollari stanziati dal 2001 per il controllo degli stupefacenti — ed a catalogare gli errori statunitensi. Tra le sue conclusioni: gli Stati Uniti erano “mal preparati”, le risorse “sprecate” e le capacità della polizia rimangono “gravemente inadeguate”.
La globalizzazione della polizia statunitense si estende all’esterno e si riverbera all’interno. Il poliziotto globale di oggi potrebbe essere l’organismo più grande del mondo senza cervello o sistema nervoso. Le operazioni di questo essere acefalo eccedono l’enumerazione, in parte perché i requisiti di segnalazione sono scarsi e spesso ignorati. Esso ha tuttavia diversi tentacoli identificabili.
I dipartimenti di polizia negli Stati Uniti invitano regolarmente agenti da tutto il mondo a visitare e imparare come operano. La diplomazia poliziesca favorisce l’amicizia tra poliziotti. Nel 1959, descrivendo le visite di ufficiali stranieri alla sua accademia, un ispettore della polizia di New York incaricato della formazione disse al New Yorker:”Noi pure impariamo da loro”. Questa aspirazione a uno scambio internazionale reciprocamente vantaggioso rimane oggi immutata, ma le opportunità per realizzarlo si sono moltiplicate drammaticamente. Da un qualsiasi giornale di provincia si può probabilmente leggere un articolo con un titolo quale “La polizia tedesca trascorre del tempo nel Wisconsin per il programma di scambio” riguardo il programma della no-profit International Police Association, che nel 2017 portò cinque agenti ad Altoona, Wisconsin (popolazione 7.870) a ” conoscere tecniche di polizia alternative e stringere amicizie durature”. La polizia di Altoona è rimasta sorpresa nell’apprendere che i poliziotti di Amburgo (popolazione 1,8 milioni) se la cavano senza “pistole stordenti”. Allo stesso modo, la polizia di molte città degli Stati Uniti visita le controparti all’estero, costruiscono connessioni informali in occasione di conferenze regolari tenute da organizzazioni come la International Association of Chiefs of Police, in cui gli esperti condividono le lezioni apprese e le aziende vendono gli equipaggiamenti più recenti. Oggi, i viaggi all’estero verso i climi più caldi del Triangolo del Nord dell’America Centrale ringiovaniscono gli slogan antiquati dei poliziotti. Al fine di ottenere conversioni, i consulenti statunitensi introducono al pubblico straniero termini e nomi già logori a casa, come attività di polizia guidata dall’intelligence (intelligence-led policing), polizia di comunità (community policing), CompStat, armi speciali e tattiche (Special Weapons and Tactics, SWAT) e persino educazione alla resistenza all’abuso di droghe (Drug Abuse Resistance Education, DARE).
Esistono anche operazioni di addestramento della polizia internazionale più rigorose che impiegano ex poliziotti che hanno trasferito le loro carriere sul campo internazionale, inclusi programmi condotti da società private o dagli Stati Uniti. I programmi del Dipartimento di Stato operano all’interno di una tempesta di acronimi che iniziano tutti con I, per international: ICITAP, ILEA, INCLE e INL. L’International Criminal Investigative Training Assistance Program (ICITAP), giustamente descritto da un esperto come “un’agenzia costruita al risparmio”, è stato posto sotto la guida del Dipartimento di Stato, a cui mancavano esperti delle forze dell’ordine; è stato finanziato dall’Agenzia per lo sviluppo internazionale (AID), che non avrebbe dovuto impegnarsi direttamente nell’addestramento della polizia; ed era tecnicamente situato all’interno del Dipartimento di Giustizia, che aveva altre priorità. Oggi ha spostato la sua attenzione dalla formazione di base allo “sviluppo istituzionale sostenibile”. L’ICITAP ha ora diciassette uffici sul campo, dal Messico al Mali, dalla Bosnia al Bangladesh e molti altri tipi di avamposti all’estero. A oltre trent’anni dalla sua fondazione nel 1986, l’ICITAP è stato orgoglioso di essere stato nominato dall’ispettore generale speciale per la ricostruzione dell’Afghanistan al fine di rilevare tutte le operazioni di assistenza della polizia statunitense, grazie alla confusione e allo spreco attribuibile alle altre sigle.
D’altra parte è improbabile che l’International Narcotics Control and Law Enforcement (INCLE) cederà il suo territorio in tempi brevi. Questo gruppo di formazione ha il compito di aiutare altri paesi a combattere la criminalità organizzata e ad arginare il traffico di droga. L’INCLE è una sussidiaria dell’Ufficio del Dipartimento di Stato per gli stupefacenti internazionali e gli affari delle forze dell’ordine (INL) e collabora con il Dipartimento della Difesa. L’INL dovrebbe supervisionare le operazioni e sviluppare gli obiettivi strategici dell’INCLE, ma ancora una volta le forze dell’ordine come la Drug Enforcement Administration (DEA) credono che il Dipartimento di Stato sia privo delle competenze necessarie. Gli stanziamenti per l’INL sono quintuplicati dagli anni ’90, fino a circa 1 miliardo di dollari all’anno oggigiorno, come sottolinea il giornalista Todd Miller nel suo libro Empire of Borders, che offre un raro sguardo critico su questo gruppo. L’INL, nel frattempo, è anche responsabile di un altro acronimo, le International Law Enforcement Academies (ILEA).
I consulenti per la sicurezza e i loro clienti, formatori e tirocinanti attraversano il mondo, operando sia all’interno che all’esterno degli Stati Uniti. E nessuno ne è responsabile.
La prima ILEA è stata aperta a Budapest nel 1995. Si è iscritta a Instagram nel 2018. Oggi ci sono altre tre accademie INL, in Botswana, Thailandia ed El Salvador, oltre a una struttura regionale in Perù. C’è anche una struttura di formazione avanzata a Roswell, nel New Mexico. La verità si coglie decifrando gli acronimi. Circa 4.500 agenti di polizia di tutto il mondo si diplomano ogni anno in queste accademie, dove i corsi sono tenuti da istruttori di varie forze dell’ordine federali e delle agenzie di polizia locali degli Stati Uniti. I tirocinanti imparano le tecniche della polizia, ma imparano anche a “cooperare con le forze dell’ordine statunitensi”. Il criminologo Otwin Marenin ha paragonato la prima ILEA a Budapest all’Accademia internazionale di polizia dell’epoca della Guerra Fredda, amministrata dall’Ufficio di pubblica sicurezza. Marenin scoprì che la missione dell’ILEA era più diffusa e “fluttuante” poiché la formazione non era più progettata singolarmente per prevenire la rivoluzione comunista. Al contrario, l’ILEA di Budapest, fondata subito dopo il crollo del muro di Berlino, aveva lo scopo di far uscire ‘dal freddo’ la polizia dell’Europa orientale. Man mano che le ILEA si sono espanse, la loro valenza ideologica è rimasta un impegno nei confronti del capitalismo. Secondo il Dipartimento di Stato, le ILEA sono oggi progettate per “rafforzare lo stato di diritto” ma anche per proteggere “cittadini e imprese” statunitensi, “aumentare la stabilità sociale, politica ed economica” e “migliorare il funzionamento del libero mercato”.
Le ILEA non sono legate all’Export Control and Related Border Security Program, anch’esso finanziato dal Dipartimento di Stato, attraverso il quale il Customs and Border Protection (CBP), ospitato nel Dipartimento della sicurezza interna (DHS), gestisce strutture di formazione per la polizia di frontiera di altri paesi. Todd Miller ha documentato quanto ampiamente gli esperti del CBP viaggino in missioni di addestramento, tracciando le peregrinazioni dell’oscura unità tattica di pattuglia di frontiera, il BORTAC, che offre una formazione completa su “analisi, diagnosi e prescrizione” in località dall’Iraq al Guatemala. Parte dello Special Operations Group del CBP, un analogo civile dei Navy SEALs, il BORTAC è “in grado di rispondere rapidamente a situazioni non comuni per le forze dell’ordine che richiedono tattiche e tecniche speciali”. Il sito web del CBP illustra tali tattiche speciali con foto drammatiche di cecchini pesantemente mimetizzati. Nella pratica, i cecchini BORTAC trascorrono molto tempo in attività banali come addestrare le loro controparti straniere.
I consulenti della pattuglie di frontiera degli Stati Uniti hanno lavorato sotto gli auspici del programma di pubblica sicurezza durante la Guerra Fredda, con l’obiettivo di aiutare i paesi del terzo mondo a prevenire il contrabbando e l’infiltrazione di soggetti sovversivi. Allora, gli Stati Uniti volevano aiutare paesi come il Guatemala ad evitare problemi. Oggi, quando il dipartimento della sicurezza interna si reca in Guatemala, cerca piuttosto di mantenere i problemi lì. L’obiettivo è impedire ai migranti centroamericani di partire e muoversi a nord, nonché impedire che la cocaina, contrabbandata principalmente dalla Colombia al Guatemala, si diriga in Messico.
Con tutte queste agenzie che lavorano in concorrenza, la ridondanza, come il denaro, abbonda. La polizia federale in un’installazione navale messicana in Chiapas, costruita attraverso finanziamenti statunitensi dell’Iniziativa Mérida, può aspettarsi di ricevere assistenza con la sorveglianza aerea, la raccolta di dati biometrici, i cani antidroga e la decontaminazione sicura dei laboratori di metanfetamina grazie alle visite degli istruttori dell’esercito e della marina, della Drug Enforcement Administration, della Customs and Border Protection, della Immigration and Customs Enforcement, nonché dalle società che progettano scanner a retrodiffusione di raggi X, occhiali per la visione notturna e sensori marittimi. È possibile immaginarsi gli ufficiali messicani annuire educatamente con la testa dopo ogni nuova sessione di addestramento, pensando: “Ho già sentito tutto questo” —magari quando loro stessi si erano recati negli USA per l’addestramento.
Questa incoerenza, questo ‘sforzo duplicato’ e questa mancanza di scopo sono tutti un grande effetto collaterale delle restrizioni del Foreign Assistance Act del 1974. Al di là delle scappatoie scolpite nel divieto originale della Sezione 660, che riguardavano principalmente il supporto alla lotta al traffico di stupefacenti, il Congresso ha trovato il modo di aggirare la legge e i presidenti firmano deroghe. A partire dal 2017, dozzine di autorità — nel senso di sezioni specifiche nel diritto federale — hanno autorizzato 107 programmi separati di assistenza alla sicurezza in almeno 160 paesi, come calcolato dall’Ufficio di Washington per l’America Latina. Secondo il principio orientato alla diplomazia alla base di questi sforzi di assistenza, il Dipartimento di Stato spende e il Dipartimento della Difesa implementa. Lo Stato fornisce “assistenza”, la Difesa fornisce “cooperazione”. Ma nei quindici anni successivi all’11 settembre l’importo speso dal Pentagono per la cooperazione in materia di sicurezza è aumentato di oltre il 1.000%. Il Dipartimento di Stato finanzia la maggior parte dell’assistenza estera fornita dal Dipartimento per la sicurezza interna. E anche i dipartimenti dell’Energia, della Giustizia e del Tesoro contribuiscono con assistenza specializzata, così come l’Agenzia per lo sviluppo internazionale. Tutti insieme si sommano 194 programmi — di cui ad esempio, INCLE, descritto in precedenza, è solo uno fra tanti. Tuttavia, secondo il Government Accountability Office, mentre 87 sforzi della Difesa richiedono la partecipazione dello Stato, altri 56 non lo fanno. Il Dipartimento della Difesa elude alcune delle difficoltà che derivano dal lavorare all’interno dei confini legali applicati al Dipartimento di Stato invitando gli agenti di enti come il Dipartimento di polizia di New York a viaggiare all’estero e impartire lezioni mirate. Tutto questo finanziamento è bizantino nell’organizzazione ma generoso nell’applicazione. Di conseguenza, i consulenti per la sicurezza ed i loro clienti, formatori e tirocinanti attraversano il mondo, operando sia all’interno che all’esterno degli Stati Uniti. E nessuno ne è responsabile.
L’addestramento di migliaia di poliziotti da zero è un processo difficile, che consuma sia manodopera che denaro. Le occupazioni dell’Afghanistan e dell’Iraq si sono basate su budget giganteschi, ma nessuno si trovò d’accordo nel definire cosa esattamente andasse fatto per mettere a posto le inaffidabili forze di sicurezza di questi paesi appena “liberati”. Dall’11 settembre le spese per l’assistenza alla polizia straniera sono aumentate drasticamente, mentre gli aiuti alle forze armate straniere sono stati reindirizzati verso l’antiterrorismo, la lotta alla droga, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa, il controllo delle frontiere e altre attività precedentemente delegate principalmente alle forze dell’ordine civili. Circa il 90% dell’assistenza alla sicurezza può essere assegnato a militari stranieri in base alle attuali autorizzazioni e il 55% alla polizia, con l’intesa che parte dell’assistenza sarà condivisa da entrambi i gruppi. L’esborso totale annuale del bilancio federale del 2019 per l’assistenza alla sicurezza, sia militare che di polizia, è stato di 18,8 miliardi di dollari, spedito ad almeno 85 paesi ed entità regionali. (Le vendite di armi, che ammontano ad un totale di oltre tre volte e mezzo tale importo, andate a 96 paesi nel 2019, non sono incluse.) Secondo il Security Assistance Monitor, la maggior parte di questo aiuto è stato diretto in Afghanistan (4,9 miliardi di dollari), seguito da Israele, Egitto e Iraq (rispettivamente 3,3, 1,3 e 1,1 miliardi di dollari) . Se raggruppati a livello regionale, i paesi dell’America centrale hanno ricevuto 527,6 milioni di dollari in aiuti da parte degli USA nel 2019, con 190 milioni di dollari arrivati tramite l’INCLE, in calo rispetto a un picco di 750 milioni di dollari sotto Obama nel 2016. Sotto la presidenza Trump, il livello delle richieste di aiuto della Casa Bianca all’America centrale è diminuito, mentre il Congresso ha cercato di mantenerlo costante; questo ha invertito la tendenza degli anni di Obama, in cui il Congresso si è rifiutato di finanziare integralmente gli stanziamenti richiesti dall’amministrazione.
Nessuna di queste somme, però, include tutte le spedizioni di addestramento e gli scambi di informazioni che compongono il poliziotto globale. Tralasciando le numerose iniziative finanziate dai privati, nonché le spese dell’UE e della NATO e di altri singoli paesi, degli stati e dei comuni degli USA, che uniscono le forze dell’ordine oltre confine. Non esiste un’agenzia federale incaricata di coordinare e supervisionare queste relazioni, anche se gli Stati Uniti chiedono che altri paesi integrino meglio le loro agenzie militari e civili ed eliminino sprechi, corruzione e inefficienza.
Un tempo risentiti nei confronti di altri paesi alleati che cercavano di farsi strada nell’addestramento della polizia straniera, oggi gli Stati Uniti sono aperti ad alleati imprenditoriali. La Germania, ad esempio, era incaricata di addestrare la polizia afgana dopo che gli Stati Uniti avevano cacciato i talebani da Kabul. Insoddisfatta della capacità della Germania di raggiungere gli standard di sicurezza, tuttavia, Washington ha assunto DynCorp International per svolgere il lavoro, ad un costo di oltre 1 miliardo di dollari in sei anni. Quindi, sia i dipartimenti della Difesa che quelli di Stato sono stati coinvolti, senza che nessuno dei due rispondesse all’altro. La Difesa ha infranto le precedenti promesse ai funzionari afgani che solo gli esperti delle forze dell’ordine statunitensi avrebbero addestrato la polizia. Ha invece usato soldati, “portando a una militarizzazione della forza” in termini di addestramento e missione, pur senza armi di tipo militare, il cui rilascio era vietato. Questi tirocinanti mal equipaggiati incaricati di missioni rischiose hanno subito tassi di vittime allarmanti e hanno anche commesso numerosi furti, stupri e omicidi.
La globalizzazione delle forze dell’ordine si basa su imprese private perché il governo degli Stati Uniti si impegna continuamente in missioni all’estero senza creare la capacità di adempierle. Ad esempio, un gruppo di giornalisti ha recentemente rivelato sul Chicago Reader come una società chiamata International Tactical Training Association, fondata da un poliziotto di Chicago, operi in El Salvador. Questa società è entrata nella breccia dopo che il Dipartimento di Stato ha interrotto l’assistenza governativa a un’unità specializzata di polizia salvadoregna legata agli squadroni della morte, aggirando così le restrizioni della Lehay Law e permettendo di continuare l’addestramento. Allo stesso tempo, l’azienda aveva iniziato a lavorare con l’accademia di polizia nazionale del Salvador. Una volta che il governo salvadoregno ha esaurito i soldi per l’addestramento della polizia e non ha potuto coprire i costi dell’azienda, il Dipartimento di Stato è intervenuto per pagare il conto attraverso l’INL. Anche altre aziende di sicurezza private, come la DynCorp in Afghanistan, si impegnano alla formazione diretta all’estero per conto del governo degli Stati Uniti. Attive in patria e all’estero, alcune aziende offrono formazione tecnica in ambiti specifici come la sicurezza informatica. Altri, come Giuliani Security & Safety, consigliano i leader eletti sui tipi di politiche criminali o terroristiche che dovrebbero adottare. Altri ancora, come Academi (ex Blackwater), forniscono ufficiali armati per un supporto operativo specializzato nelle forze dell’ordine. (Blackwater ha cambiato nome più volte e ora fa parte di un enorme conglomerato di sicurezza, Constellis; gestisce una struttura nella Carolina del Nord in grado di addestrare oltre ventimila poliziotti e soldati all’anno.) Basandosi sul modello di elusione della supervisione di cui Vinnell Arabia é stata pioniera, queste aziende continuano a registrare enormi profitti.
Il potere che tali aziende detengono a Washington è significativo. DynCorp ha continuamente fallito nel soddisfare gli standard qualitativi in Afghanistan mentre si affrettava a sfornare reclute sia attraverso l’addestramento sia sul campo per soddisfare quelli quantitativi. Di conseguenza, il Pentagono ha impedito alla DynCorp di presentare un’offerta per un nuovo contratto per addestrare la polizia nazionale afgana, e gli avvocati della DynCorp hanno registrato una denuncia presso l’Ufficio di responsabilità del governo. DynCorp ha poi firmato un nuovo contratto di due anni del valore di oltre $ 700 milioni nel 2010.
Anche prima che venisse rivelato che Trump aveva deciso di trattenere gli aiuti di sicurezza all’Ucraina attraverso uno schema di corruzione banale, poche persone credevano che l’attuale accordo di assistenza alla sicurezza degli Stati Uniti fosse buono. Da sinistra, critici come il Security Assistance Monitor e il Washington Office on Latin America temono che l’assistenza della polizia contemporanea stia conferendo alle istituzioni repressive un potere crescente senza combattere efficacemente la corruzione. Critici più centristi o conservatori con gruppi di riflessione come il Center for Strategic and International Studies condannano il rigonfiamento amministrativo, l’incoerenza strategica e i costi del sistema, insistendo sul fatto che una migliore assistenza degli Stati Uniti potrebbe sradicare la corruzione e la repressione condannate dalla sinistra. Ivanka Trump, nel frattempo, ha recentemente benedetto gli sforzi di assistenza della polizia statunitense, visitando un’accademia di polizia in Colombia per onorare una coorte di poliziotte appena addestrate che hanno ricevuto borse di studio da Washington.
Questi sforzi banali non risolveranno i problemi del poliziotto globale, né lo farà la più audace proposta recente. Due esperti militari, Tommy Ross e Philip McDaniel, hanno sostenuto l’abrogazione del divieto del 1974 sull’addestramento della polizia straniera nel Foreign Assistance Act e la creazione di una versione rinnovata dell’Office of Public Safety, un’agenzia amministrativa consolidata a Washington per coordinare tutta l’assistenza e la addestramento. Credere che gli abusi che hanno messo in pericolo l’Office of Public Safety possano essere evitati, tuttavia, significa credere che gli Stati Uniti possano produrre un tipo di polizia all’estero che non è riuscito a implementare in patria. All’indomani delle uccisioni di Breonna Taylor e George Floyd, seguite dal pestaggio e dai gas lacrimogeni di migliaia di manifestanti, l’unico modo per interpretare questa continua devozione all’assistenza della polizia statunitense è vederla come una sorta di credo religioso.
Il grande mito su cui si basa la sorveglianza negli Stati Uniti è che rimane un affare puramente locale, con la polizia che risponde alle esigenze di sicurezza dei singoli quartieri. A parte le numerose forze dell’ordine federali, le sovvenzioni ai comuni dai Dipartimenti della Giustizia e della Sicurezza Interna e le organizzazioni professionali e fraterne a livello nazionale a cui appartengono i poliziotti, ciò che unisce oggi la polizia negli Stati Uniti è la loro portata globale. Oggi è comune sentire critiche sulla militarizzazione della polizia statunitense. Ma al di sotto di questa tendenza c’è un processo molto più antico che è diminuito e aumentato nel tempo: la globalizzazione dell’azione di polizia statunitense.
Dall’11 settembre, numerosi singoli comuni statunitensi hanno stipulato accordi di esercitazione con altri paesi, in particolare Israele. La premessa qui è l’opposto di molte altre operazioni di addestramento della polizia degli Stati Uniti: che i poliziotti americani siano studenti, non professori. Queste spedizioni sono spesso finanziate attraverso donazioni private. Il Law Enforcement Exchange Program, gestito dal Jewish Institute for National Security Affairs, nato da un’idea di un ex dirigente della polizia di New York e di un ex agente dell’FBI, ne è uno dei principali facilitatori. Anche l’Anti-Defamation League, l’American Jewish Committee e l’American Israel Education Foundation facilitano questi scambi, che hanno messo in contatto migliaia di agenti di polizia statunitensi con esperti di sicurezza israeliani.
Questi sforzi hanno ricevuto un’attenzione maggiore rispetto alla maggior parte delle forme di cooperazione per la sicurezza globale. A Durham, nella Carolina del Nord, funzionari eletti locali hanno emanato una norma che si opponeva alle collaborazioni tra la polizia della città e altri paesi, incluso Israele. Questa controversa decisione del 2018 è stata il prodotto di una cooperazione tra organizzazioni politiche che hanno sostenuto che tali collaborazioni hanno portato ad una maggiore sorveglianza ed alla profilazione razziale, nonché a risposte ostili alla proteste pubbliche. Questa piccola vittoria per i manifestanti non è stata facile e ne è seguita una reazione negativa, che suggerisce quanto sarà difficile ridurre in modo massiccio un sistema di forze dell’ordine decentralizzato ma globale.
Dopo quasi due decenni di guerra in Afghanistan e Iraq, si stima che il 20% dei poliziotti nelle strade degli Stati Uniti oggi siano veterani dell’esercito, sebbene sia difficile ottenere numeri precisi. Numerosi agenti di polizia e guardie carcerarie in riserva sono stati chiamati in servizio attivo dopo l’11 settembre. Dato che le operazioni di controinsurrezione da parte dell’esercito americano in questi teatri di guerra spesso replicavano le attività di polizia quotidiane — dal conoscere i ragazzini locali in modo che potessero offrire informazioni all’abbattere le porte e radunare i sospetti nelle incursioni notturne— alcuni di questi veterani hanno cercato di applicare la loro esperienza all’estero a casa. Michael Cutone e Thomas Sarrouf, agenti di polizia di stato del Massachusetts, hanno inventato quello che hanno chiamato ‘C3 policing’, che significa Counter Criminal Continuum, dopo aver stabilito che i problemi delle gang di Springfield avevano “paralleli preoccupanti” con ciò che hanno vissuto in Iraq come operatori nelle forze speciali. Questa iniziativa ha generato un’abbondante copertura da parte della stampa, ma ha anche rivelato quanto poca distanza esistesse già tra i presunti metodi di controinsurrezione esotici utilizzati in Iraq e la polizia quotidiana negli Stati Uniti. I soldati hanno anche ammesso che era improbabile che la sola coercizione riducesse la criminalità. Facendo eco a innumerevoli trattati su come fermare un’insurrezione, sostenevano che “il problema delle gang è qualcosa di cui devi responsabilizzare la comunità stessa”. Ci si aspetta dunque che quelli con meno risorse o potere risolvano il problema da soli e, in caso di fallimento, le truppe statali sono pronte con le manette in mano.
La sottile linea blu avvolge il mondo.
Quando si tratta di innovazione tecnologica, le guerre post-11 settembre hanno avuto un effetto drammatico sulla polizia negli Stati Uniti. I camion resistenti alle mine ampiamente criticati, i giubbotti antiproiettile e i fucili ad alta potenza che la polizia ora schiera sono solo gli effetti più visibili. Il C3 policing ha attinto ad analisi rudimentali dei social network per creare mappe dei possibili responsabili della violenza tra gang. Gli sforzi di controinsurrezione in Iraq e Afghanistan hanno adottato per primi questo tipo di lavoro, ma è diventato un comune nelle forze di polizia delle grandi città. Aziende come PredPol, che hanno sviluppato modelli di rischio basati su algoritmi per le forze di polizia, fanno affidamento alle sovvenzioni del Dipartimento della Difesa. Nel frattempo, la polizia di New York City ha reso una routine il prendere di mira grandi gruppi di giovani, basandosi su poco più delle loro liste di amici di Facebook. Questi usi semplicistici ma devastanti dei dati sono solo il primo passo, mentre nuove e sofisticate operazioni sui ‘big data’ mirano a prevedere quando e dove si verificheranno le attività criminali. Finanziate attraverso contratti redditizi e in gran parte segreti con agenzie di intelligence, aziende come Palantir hanno sviluppato software per raccogliere enormi quantità di dati che la maggior parte delle persone considererebbe privati. Questi dati identificano probabili sospetti non solo nelle indagini antiterrorismo, ma anche nelle più tradizionali indagini penali e civili sull’immigrazione.
Baltimora è diventata un banco di prova per altre tecnologie rimpatriate dalle zone di battaglia. Una di queste è la sorveglianza aerea continua che crea un’immagine dettagliata dell’intera città. Questa non è solo un’istantanea, ma una registrazione ad alta risoluzione dei movimenti delle persone nel tempo. La società Persistent Surveillance Systems con sede in Ohio ha sviluppato strumenti per tracciare i manifestanti e poi li ha testati a Baltimora con l’approvazione del commissario di polizia ma senza informare il sindaco o il consiglio comunale. Un miliardario con sede in Texas ha pagato il conto: Ross McNutt, il fondatore dell’azienda, ama chiamare il risultato “Google Earth con funzionalità TiVo”. Al termine dell’esperimento, l’azienda ha conservato i dati. Dopo aver ricevuto l’approvazione dal sindaco e una decisione favorevole da parte di un giudice, l’aereo è tornato in volo su questa città “laboratorio” a maggioranza nera cinque anni dopo la rivolta che ha seguito il funerale di Freddie Gray. A un’altitudine di 1.500 metri, il Cessna monomotore di McNutt ha tracciato cerchi come un bersaglio sul distretto occidentale, dove Gray è cresciuto e la polizia lo ha ucciso.
Le agenzie di polizia cercano disperatamente di prevedere il crimine, in particolare le sparatorie. Non è mai stato possibile, ma i progressi tecnologici sembrano mettere questa chimera a portata di mano. I paesaggi urbani sono oggi addobbati con telecamere ad alta risoluzione della polizia, mentre le auto di pattuglia a livello stradale raccolgono dati da ogni targa che passa. Nessuna tecnologia, tuttavia, potrebbe essere bizzarra quanto l’idea che gli sforzi controinsurrezionali statunitensi all’estero dopo l’11 settembre abbiano effettivamente funzionato come avrebbero dovuto: arginando, piuttosto che causando le insurrezioni. La Stop LAPD Spying Coalition, un gruppo di Los Angeles che si organizza contro la sorveglianza della polizia, ha sostenuto che le previsioni del crimine algoritmiche basate sulla posizione mettono in atto ciò che affermano di diagnosticare: la polizia predittiva è essa stessa criminogena, affermano gli attivisti. Se la controinsurrezione in Iraq è il suo modello, hanno ragione.
Da Theodore Roosevelt a Donald Trump, la politica estera degli Stati Uniti si è basata su un semplice argomento: ove v’è un’assenza di amministrazione da parte degli Stati Uniti, trama l’anarchia. Questa convinzione è alla base della polizia globale. È la versione su scala globale dell’argomento su scala municipale alla base dei robusti budget della polizia. Che la posizione aggressiva degli USA negli affari globali si basi anche sull’attività globale degli agenti di polizia veri e propri rivela la connessione intrinseca tra una politica estera più aggressiva, ben dotata e priva di freni, e una politica interna più aggressiva, altrettanto ben dotata e priva di freni. La sottile linea blu avvolge il mondo.
Come sarebbe in pratica ridimensionare il poliziotto globale? Un obiettivo sarebbe dissolvere gli accordi di assistenza bilaterale tra gli Stati Uniti e altri paesi gestendo dunque tutta l’assistenza di sicurezza pubblica attraverso organizzazioni multilaterali, sebbene non si possa trascurare la preponderanza del potere statunitense in gruppi come l’Organizzazione degli Stati americani. A un livello più granulare, la richiesta liberale di supervisione e responsabilità è un punto di partenza, ma deve essere soddisfatta con requisiti per l’azione. Se le misure dell’efficacia della formazione della polizia in altri paesi suggeriscono che ci siano delle carenze, i programmi dovrebbero essere chiusi. Per decenni, i riformatori della polizia hanno soddisfatto ogni indicazione di inadeguatezza da parte della polizia attraverso la richiesta di continue riforme. Questo ciclo deve finire. Esattamente come i manifestanti in centinaia di città e paesi degli Stati Uniti hanno orientato le loro richieste di decarcerazione e taglio dei fondi verso un orizzonte abolizionista, un obiettivo che richiederà necessariamente un lavoro a lungo termine attraverso un percorso coerente, così anche i critici dell’assistenza alla sicurezza globale degli Stati Uniti devono chiedere che ogni riforma del poliziotto globale ne riduca portata e potere. L’obiettivo dovrebbe essere che qualsiasi investimento nelle attività di polizia all’estero si traduca in una riduzione totale delle attività di polizia. La gamma di responsabilità e poteri della polizia dovrebbe ridursi, non crescere. Come minimo, l’assistenza della polizia dovrebbe essere autoliquidante. Quanta autorità può essere delegata alle agenzie di polizia per l’intervento sociale? Questa dovrebbe essere la domanda guida, fino a quando non sarà più necessario sollevarla.