Le donne nella rivoluzione in Nicaragua 45 anni fa
- Introduzione
¡Las Sandinistas! è un documentario sulla storia rimossa delle donne che fecero la rivoluzione sandinista in Nicaragua 45 anni fa. Risale al 2018 ed è stato girato da Jenny Murray, regista e attrice di Chicago. Le protagoniste sono le donne che combatterono dentro e fuori dal FSLN, dentro e fuori dal nuovo stato, una rivoluzione nella rivoluzione, contro il machismo.
È la storia di una grande rivoluzione che vive il proprio lento tradimento fino alla perdita di ogni sua conquista e del suo spirito originario, fino alla restaurazione. A salvaguardia di quello spirito restano strenuamente coloro che partivano già in una posizione di subalternità durante la stessa rivoluzione e che ne furono protagoniste: le donne sandiniste.
Alla fine degli anni ’60 e per tutti gli anni ’70 il Nicaragua si prestò a una serie di continue mobilitazioni popolari. Il paese mesoamericano viveva la contraddizione di una vasta povertà accanto alla crescita di grandi capitali per lo più statunitensi.
A cantare le lodi del progresso made in USA dal palazzo di governo, nel suo ruolo di burattino, c’era il dittatore Anastasio Somoza con il sangue della dinastia d’origini europee che dal 1934 manteneva il potere nel paese di padre in figlio tra presidenti e capi militari. La famiglia Somoza, in 45 anni di governo conservatore, accumulò un patrimonio economico tra i più importanti del Sud America. Oltre al denaro e ai latifondi i Somoza possedevano il principale canale televisivo, vari giornali e una radio. Il governo reprimeva violentemente le proteste facendo centinaia di morti, negava libertà individuali e politiche ed imponeva la censura. D’altra parte la povertà della popolazione significava malattie, analfabetismo, violenza e forte sfruttamento del lavoro.
Il 23 dicembre 1972 un terremoto di magnitudo 6.2 colpì la capitale Managua, situata sulla catena vulcanica dell’America Centrale. Il 90% della città venne distrutta, ci furono 5000 morti, altrettanti feriti e 250000 sfollati, dopo il sisma solo il 10% della popolazione aveva accesso all’acqua. Venne dichiarata la legge marziale e l’esercito prese il controllo. Il terremoto fu uno spartiacque sociale: le condizioni disastrate e l’inefficienza dello stato avvolto nella corruzione favorirono grandi proteste di massa. L’esercito rispose sparando sugli sfollati, su lavoratori e studenti in lotta. Somoza e il somozismo erano sempre più odiati.
La vita delle donne, relegate al lavoro domestico e alla sottomissione tanto morale quanto giuridica, spesso violenta, iniziò a trasformarsi quando cominciarono a partecipare numerose nella resistenza. Se i lavoratori lottavano contro lo sfruttamento del capitale, le donne mettevano in discussione il lavoro di cura non retribuito che permetteva la riproduzione della forza-lavoro stessa e del suo sfruttamento. In una società tanto maschilista si legava la questione di genere alla lotta di classe.
2. Il FSLN
Carlos Fonseca era uno studente e giornalista universitario socialista, più volte incarcerato. Lo deportarono in Guatemala nel 1959 per essere stato tra i fondatori della Gioventù Democratica Nicaraguense, da lì scappò in Honduras unendosi a un gruppo guerrigliero che poco più tardi venne massacrato in battaglia. Ferito a un polmone Fonseca arrivò in El Salvador. Fu lì che nel luglio 1961 fondò con altri il Frente Sandinista de Liberacion Nacional (FSLN).
Finanziato dal governo cubano, il FSLN si dedica alla guerriglia urbana in Nicaragua fino alla fine degli anni ’60, quando salì sulle montagne e lanciò un programma in 15 punti. Nel 1969 Carlos Fonseca è arrestato e poi rilasciato grazie alle pressioni esercitate dalle manifestazioni in Nicaragua e in Francia, da uomo libero si rifugiò a Cuba da dove tornerà in patria solo nel 1975.
Il Frente Sandinista prendeva nome da Augusto Cesar Sandino, il leader della guerriglia anti-imperialista che negli anni ’30 condusse la resistenza contadina contro la lunga presenza militare statunitense in Nicaragua.
I sandinisti del FSLN godevano del supporto delle lotte sociali urbane e rurali in Nicaragua a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. Ma fu soprattutto dopo il terremoto del 1972 che le azioni dei guerriglieri divennero oggetto di ammirazione e simbolo di riscossa. Vari giovani si unirono al FSLN entrando in clandestinità. La dittatura da parte sua non riconosceva nemmeno l’esistenza di una guerriglia.
La guerriglia non era solo composta da studenti radicalizzati nelle lotte universitarie ma anche da contadini, dai giovani dei villaggi, da figli di minatori. Emersero quadri politici e militari con una presenza di donne superiore a ogni altra rivoluzione vista fino a quel momento nella storia. Combattevano, occupavano cariche di comando, gestivano la logistica, addestravano le reclute e discutevano di strategia o teoria al pari dei loro compagni uomini.
Si parlava molto di uguaglianza e di parità tra uomo e donna, ma non era così. Il FSLN era impregnato della stessa cultura patriarcale del resto della società e ciò si rifletteva negli atteggiamenti degli uomini verso le compagne che spesso facevano in montagna gli stessi lavori di cura che svolgevano a casa. Non c’era un dibattito critico interno al Frente orientato a cambiare le regole e i ruoli di genere. Le donne sandiniste dovettero imporsi all’interno della guerriglia.
Sulle montagne negli accampamenti dei sandinisti si insegnava a leggere e a scrivere ai contadini analfabeti e furono soprattutto le donne a marcare la necessità di farlo. Questi giovani male armati e pieni di ideali dovettero presto misurarsi con lo shock per la morte o la tortura di amici e compagni, che passava da eventualità calcolata a realtà concreta nelle battaglie o nelle prigioni della Guardia Nazionle.
Il 27 dicembre 1974 un commando di 13 sandinisti prende d’assalto la villa del ministro somozista José Castillo durante una festa in onore dell’ambasciatore statunitense e prende i presenti in ostaggio. Ricattando il governo per via telefonica, minacciando di uccidere l’ambasciatore del Cile fascista di Pinochet, ottengono la liberazione di molti prigionieri politici e un riscatto in dollari americani. Questo colpo audace li rese famosi nel resto del mondo.
Tra i prigionieri fu liberato anche Daniel Ortega, dirigente del FSLN. Se Carlos Fonseca, che rimarrà ucciso un paio d’anni dopo, era una delle menti teoriche del Frente, Ortega ne divenne il leader carismatico.
3. La rivoluzione e la controrivoluzione
Il governo statunitense di Jimmy Carter sosteneva Somoza, la cui repressione era sempre più brutale. I sandinisti quindi mettono in atto la più grande delle loro operazioni: l’assalto al Palazzo Nazionale a Managua del 1978. Fu eseguito da una trentina di guerriglieri, tanti a malapena maggiorenni che non avevano mai sparato prima. A guidare l’operazione c’era anche la Comandante Dos, Dora Maria Tellez, studentessa di medicina e guerrigliera dal 1974, era una delle donne parte integrante della dirigenza del FSLN.
Fingendosi militari i sandinisti si introducono e disarmano le guardie, prendono in ostaggio più di 2000 persone tra cui due parenti di Somoza. Fanno subito evacuare donne, bambini e personale dei servizi tenendo in ostaggio i deputati del parlamento, a cui non fu torto un capello.
Le trattative erano difficili, intanto Somoza che temeva un insurrezione popolare dispiegò l’esercito per le strade. I sandinisti diedero un ultimatum: o il governo accettava le loro condizioni entro 4 ore o sarebbero iniziate le esecuzioni dei deputati. Infine il governo accettò, liberando numerosi sandinisti incarcerati e dando loro 50000 dollari di riscatto.
L’operazione al Palazzo Nazionale fu un successo talmente importante, pulito e senza spargimenti di sangue e capace di dimostrare la potenza dei sandinisti, che da quel momento tantissimi iniziarono a unirsi alla guerriglia. Passarono da essere alcune centinaia di persone a decine di migliaia sulle montagne e nei villaggi, soprattutto giovani, arrivando a formare interi reparti di sole donne combattenti.
Decine di quadri militari andarono clandestinamente a Cuba, accolti personalmente da Fidel Castro, dove si tenevano veri e propri corsi di guerriglia, per poi tornare in Nicaragua con rifornimenti di armi.
Nel 1979, a seguito di una strage compiuta dall’esercito, scoppia un’insurrezione di massa a Leon, la seconda città più grande del Nicaragua. Dora Maria Tellez a soli 22 anni era comandante in capo di tutte le colonne sandiniste del fronte occidentale e le guidò all’assalto della città, coordinò i combattimenti tra le barricate e liberò Leon. La città cadde sotto controllo del FSLN e delle assemblee popolari. Subito dopo scoppiarono rivolte armate guidate dai sandinisti in varie altre città che si trasformano in grandi feste popolari. Il 30% dei battaglioni erano composti da donne.
Somoza si era dato alla fuga e l’ultima città ancora controllata dai militari era Granada. Lo scrittore Eduardo Galeano scrisse sulla liberazione di questa città:
“La caserma La Pólvora, nella città di Granada, ultima roccaforte della dittatura, sta per cadere. Quando il colonnello viene a sapere della fuga di Somoza, ordina di mettere a tacere le mitragliatrici. Anche i sandinisti smettono di sparare. Dopo un po’ il cancello di ferro della caserma si apre e appare il colonnello sventolando un drappo bianco.
- Non sparare!
Il colonnello attraversa la strada.
- Voglio parlare con il comandante.
Cade la sciarpa che copre il volto: “Io sono il comandante”, dice Mónica Baltodano, una delle donne sandiniste al comando delle truppe.
- Cosa cosa?
Per bocca del colonnello, maschio altezzoso, parla l’istituzione militare, sconfitta ma dignitosa, virilità dei pantaloni, onore dell’uniforme:
- Non mi arrendo a una donna! -ruggisce il colonnello. E poi si arrende”.
Le città erano in festa, le strade piene di gente e la musica era ovunque. Tutto era da ricostruire o da creare e la partecipazione era attiva, c’era molta energia. Gli operai e i contadini si organizzavano dal basso insieme alle proprie comunità. Le terre delle compagnie straniere o dei latifondisti venivano redistribuite. Non c’era esercito, tribunali o istituzioni, tutto andava inventato. Il FSLN andò al potere con una Direzione Nazionale di 9 membri tutti uomini, tra cui Daniel Ortega, il volto della rivoluzione. Le donne dovettero da prima lottare per avere una propria organizzazione femminile, così come lottarono gli indios e gli afro-discendenti. Molti uomini del FSLN non riuscivano a fidarsi delle donne e imponevano rappresentanti del partito nei movimenti autonomi.
Nel processo democratico di scrittura della nuova costituzione venne data voce ai vari settori della società e le donne sandiniste presentarono un proprio documento: divorzio e aborto legali, asili nido gratis, parità salariale, niente uso di corpi femminili nelle pubblicità, niente Miss Universo ecc. Ottennero tutto.
Per la prima volta in Nicaragua fu creato un Ministero della Cultura, con sede nella vecchia casa di Anastasio Somoza. La viceministra era la guerrigliera e poetessa sandinista Daisy Zamora che coinvolse decine di donne nel lavoro istituzionale in cui si dibatteva su cosa un ministero della cultura dovesse essere. Biblioteche sparse in tutto lo stato, cinema, musica, arti visive, sport, poesia, eventi pubblici e il massiccio programma di alfabetizzazione popolare che portò il tasso di alfabetizzati dal 50% al 88%. Quello culturale fu il programma di maggior successo dei sandinisti che portò in Nicaragua il contributo di autori e artisti internazionali.
Lea Guido nel 1980 divenne la prima donna nicaraguense ministra della salute e diede il via a una campagna nazionale di vaccinazioni gratuite, sostenuta dall’arrivo di medici cubani. La polio fu sradicata, i casi di malaria diminuiti del 68%, la mortalità infantile diminuita del 40%. Venne riformato tutto il sistema sanitario e costruiti nuovi ospedali.
Nora Astorga militava nel FSLN dal 1969. Era studentessa di legge, suo padre era un ufficiale militare somozista e il nonno era stato addirittura ministro della difesa del regime. La famiglia l’aveva mandata a studiare a Washington per correggere l’indole ribelle, era lì quando fu ucciso Martin Luther King nel ’68. Torno più radicalizzata di prima. Il mestiere di avvocata le permetteva di frequentare l’alta società e segretamente lavorare per i sandinisti.
Organizzò così il sequestro del generale Reinaldo Pérez Vega, braccio destro di Anastasio Somoza, uomo della CIA in Nicaragua, mandante di vari omicidi politici e famoso predatore sessuale. Il sequestro andò male e Vega venne ucciso, da quel momento Nora entrò in clandestinità. Sulle montagne negli anni di guerriglia entrò nella dirigenza del FSLN, addestrava reclute e guidava combattimenti.
Dopo la vittoria della rivoluzione per una settimana è stata viceministra della Giustizia. Per tre mesi poi fu responsabile delle finanze del nuovo esercito appena creato. Per più di un anno è stata pubblico ministero nei processi contro i criminali somozisti.
Lavorò poi per il Ministero degli Esteri come diplomatica e infine fu rappresentante del Nicaragua all’ONU nel 1986, dove rimase famosa per la determinazione con cui difese il proprio paese.
Il nuovo presidente americano Ronald Reagan dichiarò pubblicamente che quello sandinista era un pericoloso regime comunista che andava estirpato. Così nel 1982, nonostante il Congresso americano lo avesse proibito, Reagan firmò un documento segreto che autorizzava la CIA a finanziare e addestrare mercenari e soldati da spedire in Nicaragua per abbattere il governo sandinista. Questi si unirono in Nicaragua a bande di ex militari somozisti dando vita ai Contras e aprendo la strada alla guerra civile. I Contras erano armati, equipaggiati e finanziati dal governo USA con 20 milioni di dollari (che poi diventarono 50) tramite la vendita segreta di armi all’Iran in guerra con l’Iraq. La CIA forniva ai Contras le informazioni logistiche e i piani per gli attacchi sui villaggi a cui davano fuoco. Inoltre fu imposto un embargo commerciale sul Nicaragua.
La guerra fu devastante perché i Contras avevano equipaggiamenti militari all’avanguardia, il Nicaragua fu circondato di navi da guerra e bombardato da cacciabombardieri. Il governo sandinista poteva invece contare sul fatto che la maggior parte della popolazione sosteneva davvero la rivoluzione e l’avrebbe difesa. Durante la guerra Dora Maria Tellez era ministra della salute e si muoveva all’interno delle aree di guerra per organizzare gli aiuti a più di 40000 feriti.
In aiuto del Nicaragua vennero molte organizzazioni umanitarie, religiose e laiche, confrontandosi con i metodi atroci e sanguinari dei Contras. Voci internazionali come Gabriel Garcia Marquez, Susan Sarandon, Richard Gere e Noam Chomsky denunciarono le colpe statunitensi del massacro che si stava consumando.
L’Unione Sovietica fornì addestratori militari, armi, soldi e petrolio ai sandinisti, Cuba fornì brigate mediche. Alla creatività democratica della rivoluzione si sostituirono l’emergenza umanitaria e lo sforzo bellico. Ovviamente le varie questioni sociali tra cui l’emancipazione femminile cessarono di essere prioritarie, ma le donne parteciparono attivamente alla resistenza anti-imperialista. Fu dopo la guerra che nonostante questo impegno vennero del tutto marginalizzate.
Nel 1990 alle elezioni in Nicaragua vinse Violeta Chamorro, candidata di destra sostenuta e finanziata dagli Stati Uniti. Quindi i Contras deposero le armi e la guerra civile terminò come anche l’emabargo commerciale. Il nuovo governo promise una riconciliazione democratica e iniziò a smantellare lo stato sociale costruito dalla rivoluzione.
Con la pace la dirigenza del FSLN inizia a dividersi. Una parte sosteneva che a quel punto era necessario impegnarsi democraticamente restando però fermi sui propri principi, un’altra cercava invece l’appoggio di strati sociali ricchi ed era disposta a venire a patti con l’oligarchia locale per un ritorno al potere come unico obiettivo. Vinse quest’ultima fazione capeggiata da Daniel Ortega, mentre l’altra parte nel 1995 si scisse dando vita al Movimento di Rinnovazione Sandinista, capeggiato da Dora Maria Tellez e altri capi della rivoluzione.
Nel 2006 Ortega vince le elezioni portando nuovamente il Frente Sandinista al governo. Con lui al potere anche sua moglie Rosario Murillo che era diventata molto famosa da quando nel 1998 aveva disconosciuto sua figlia Zoilamérica, avuta da un precedente marito. La figlia infatti aveva denunciato il patrigno Daniel Ortega sostenendo di aver subito molestie da parte sua fin dal 1979 all’età di 9 anni e poi di essere stata stuprata da lui nel 1982 a 12 anni. Ortega negò tutto ma in ogni caso non fu processato avvalendosi dell’immunità parlamentare, la figlia fu disconosciuta dalla madre e si esiliò in Costa Rica.
Dal 2006 la coppia Ortega – Murillo si è sempre mantenuta al potere, cacciando progressivamente gli altri capi della rivoluzione del ‘79, falsificando le elezioni e corrompendo ogni forma di opposizione.
Nell’ultimo decennio marito e moglie al governo hanno ridotto ai minimi termini il sistema sanitario e tagliato fondi all’educazione ormai scadente, i due vecchi cavalli di battaglia della rivoluzione. La povertà in Nicaragua aumenta ogni anno mentre i servizi peggiorano. Con la povertà aumenta la violenza, compresa quella sessuale. Nel 2009 è stato cancellato il diritto all’aborto, reso assolutamente illegale anche in casi di stupro o incesto, illegale anche l’aborto terapeutico per salvare le madri che nemmeno Somoza aveva mai impedito. Anche in casi di bambine violentate l’aborto resta proibito.
Donne e indigeni sono totalmente esclusi dalla vita politica. Si è costituito un movimento di lotta in larga parte femminista organizzato da varie ex guerrigliere, vicino al partito di Dora Maria Tellez. Il governo non si limita a ostacolarle ma ha usato via via maggiore violenza, anche arrestando le militanti.
La povertà e la paralisi sociale hanno generato, soprattutto nei più giovani, insofferenza verso il governo autoritario accusato di corruzione. Mentre Rosario Murillo riscrive e cancella la storia della rivoluzione sandinista, mentre impone la propria discendenza al potere, si autonomina capo spirituale e perseguita oppositori, il malcontento nel 2018 portò ad una rivolta popolare. Per la generazione z nicaraguense ‘sandinismo’ è soprattutto sinonimo di corruzione, dittatura, tradimento.
Le insurrezioni della primavera 2018, applaudite dagli Stati Uniti, sono state represse nel sangue causando almeno 400 morti, tra cui giornalisti uccisi dalla polizia. Nel 2021 nuove elezioni, denunciate poi come fraudolente dalle opposizioni, hanno visto nuovamente vincere Daniel Ortega. Immediatamente dopo le elezioni Ortega ha fatto arrestare centinaia di persone in tutto il Nicaragua tra cui molti suoi ex compagni. Ha poi dichiarato illegali partiti politici, canali d’informazione e messo al bando la chiesa cattolica.
Queste persone tenute in carcere senza processo per 2 anni hanno aperto una crisi diplomatica che il governo ha risolto nel febbraio 2024 caricandone 218 su un aereo e spedendole senza preavviso negli Stati Uniti. Tra questi esuli c’era anche la Comandante Dos, Dora Maria Tellez, assieme ad altre donne sandiniste ora private della propria nazionalità.
Perfino suo fratello Humberto, ex capo militare sandinista, accusa Daniel Ortega di aver costruito un regime non meno violento e corrotto di quello dei Somoza.
Nonostante ciò in Nicaragua continuano a mobilitarsi le stesse donne che 45 anni fa fecero la rivoluzione, cercarono di costruire una democrazia socialista e resistettero contro i Contras e la CIA. Le stesse che cercarono di imporsi sia nei ruoli di comando sia in un cambiamento culturale prima e dopo la rivoluzione contro la normalità sessista. Per poi essere invece ostacolate e marginalizzate, rimesse al proprio posto e perseguitate quando hanno cercato autonomia politica e quando hanno lottato per difendere le conquiste della rivoluzione sandinista.
-Compagno Grimm