7 Maggio 1970 Sangue, botte e risposte nella terra della Libertà; riflessi in America di un lampo cambogiano.

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È il 1 Maggio 1970, quando, stretti al metallo nero dei fucili Colt, 8000 soldati statunitensi entrano in Cambogia, sotto le rosee prospettive del presidente Nixon, che contava di fiaccare il governo di Hanoi colpendo le basi dell’ Esercito Popolare presenti in territorio cambogiano.
Culmine delle operazioni di “Guerra Segreta” portate avanti negli anni della Vietnamizzazione del conflitto nel sud-est asiatico, i combattimenti di questo inizio maggio non lasciano spazio alla sola Indocina.
A miglia e miglia di distanza gli studenti americani scendono in piazza, quello che sembra proprio l’ennesimo atto di aggressione è solo la goccia che fa traboccare il vaso, per gli universitari che già stanno affrontando importanti prese di posizione contro il governo vigente, legate soprattutto alla contestazione verso le segregazioni razziali all’ interno degli istituti.
Lo scontro con la polizia è durissimo in tutto il paese, 15000 studenti si scontrano con i soldati della guardia nazionale, tenendo in stato d’assedio la città di New Haven, mentre all’ Università Statale del Maryland sfondano i cancelli di un deposito militare e di un centro di reclutamento, cbe terranno per molte ore sotto le feroci cariche di soldati e polizia. Il rettore dell’università statale in Ohio richiede l’invio di 1800 agenti per sgomberare l’istituto, dopo ore di scontri il bilancio sarà di 500 arresti.
Ma la risposta dello Stato di Polizia non si fa attendere ancora, nel mostrarsi in tutta la sua violenza.
Il 4 maggio, davanti alla Kent State University, oltre 3000 studenti tra i 19 e i 24 anni sono impegnati in una manifestazione, quando dalle file dello schieramento antisommossa decollano a picco gli schianti dei lanciagranate, che fischiando si abbattono sui manifestanti liberando il gas lacrimogeno. Subito dopo, parte la carica, e i caschi bianchi nascosti dietro gli scudi corrono in fretta contro le prime file dei manifestanti, i bastoni sollevati, febbrili a cercare un bersaglio tra quelle teste che non terminavano nel colletto di una divisa, si abbattevano, alterni.
Vola il primo sasso, poi un altro, una bottiglia di vetro luccica roteando al sole prima di spaccarsi su un casco bianco. Gli studenti reagiscono con rabbia, con un fitto lancio di oggetti, gli agenti, colpiti da ogni lato, fermano la carica. Bastoni e manganelli prigionieri si lanciano contro il muro di scudi, lo sfondano sotto il lancio dei lacrimogeni.
La polizia comincia ad arretrare, la Guardia Nazionale lascia le posizioni, sconfitti dall’ inaspettata reazione dei manifestanti. Ed è durante questa ritirata che circa trenta soldati della GN vengono reindirizzati a prender posizione su una collinetta; salgono, raggiungono la cima, si girano, imbracciati i fucili partono i colpi, quattro studenti si rovesciano sul selciato, altri nove crollano feriti.
I soldati si rifugiano oltre la collina, i loro nomi non si sapranno mai.
Ma non finisce là. La situazione sconvolge gli animi, la reazione si trascina dietro l’indignazione dei compagni studenti, la rabbia pervade gli animi, mentre negli uffici si credeva di mettere a tacere ogni bocca seminando il piombo.
La rivolta è impressionante.
I telefoni e i giornali urlano lo stato di emergenza, si mobilita l’esercito in tutto il paese, quando le strade si trovano invase di nove milioni di universitari.
L’isola di Manhattan viene blindata, presa d’assalto da una forza contestatrice mai vista prima d’allora, gli studenti, collaborando con il noto gruppo dei Black Panther, assaltano uffici di reclutamento e basi militari, prendendone il controllo e distruggendo equipaggiamenti e strutture, mentre l’istituto superiore di Matematica a New York viene occupato, e il prezioso materiale elettronico della facoltà viene sequestrato, pretendendo per la restituzione un riscatto di 60 milioni, da versare al supporto legale delle Pantere Nere.
A Berkley un veicolo militare tenta di dirompere le file degli occupanti all’ Università locale, ma per tutta risposta viene bloccato e rovesciato, i guidatori vengono strappati fuori dal mezzo e cacciati, prima di dare fuoco al serbatoio.
Questo era quello che accadeva dalla nostra parte della cortina, mentre gli occhi spaventati erano rivolti a Est, alle burocrazie che reprimevano Praga e Varsavia. Gli sguardi a Ovest sono sempre stati pochi, in fondo, basta trovarne una, di dittatura, per avere un confronto di libertà e di prestigio…
Il sangue si raggruma in fretta, basta trovare una valida distrazione.
E questo era il benessere, questa era la felicità, questi i college americani che ora ci raccontano le Sit-com, sotto la luce di riflettori blu che nascondono i lividi di una libertà picchiata nel segreto delle mura domestiche.
Questi erano i tempi in cui non era sulla Statua della Libertà la fiaccola più alta del continente americano;
le luci più alte erano quelle colorate delle bandiere di Stati Uniti e California, issate in fiamme sulle aste,
in un fuoco di sola e scottante
Indignazione
– Compagno Andrea Giovanni

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