UNA LOTTA INTESTINA ALLA SINISTRA: “legalization or not?”

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La religione è l’oppio dei popoli” : così, nel Capitale, Karl Marx iniziava la sua critica alle Religioni: paragonandole ad una droga che rilassava le menti, inducendole in un stato di rilassamento, di torpore, di sottomissione: addormentandole.  Ma si sa, i tempi cambiano e, se una volta si parlava di liberalizzazione, ora si parla addirittura di legalizzare la coltivazione di droghe leggere (la Cannabis è un esempio lampante, oltre che il simbolo del fronte della legalizzazione). Marx si rivolterebbe nella tomba, vedendo come i suoi “successori” si battono per legalizzare ciò che lui, indirettamente, condannava? Questa è la domanda che probabilmente tutti si stanno ponendo, e noi crediamo di poter rispondere, allo stesso modo, a tutti: Sì.   Allora perché vogliamo affrontare questo argomento? La divisione dell’intera sinistra, dalla sinistra anarchica a quella revisionista passando così per i socialisti rivoluzionari come per i marxisti leninisti, per una volta non sussiste nell’aspetto inter ideologico ma intra ideologico, sussiste non più nella lotta tra le varie correnti ma nel singolo pensiero che porta alla lotta individuale svincolata da alcuna posizione ideologica. Perciò, anche se la redazione del blog è sempre stata famosa per la sua unità concettuale, per una volta si divide, divisione che, ovviamente, è correlata e trasfigurata dall’incomprensione tra i nostri lettori. Cercando di ovviare a questa seppur spontanea divisione vi presentiamo due articoli distinti, l’uno facente antitesi dell’altro, il primo pro-legalizzazione scritto da Compagno Eugenio, il secondo anti legalizzazione scritto da Compagno Elia; non ci resta che augurarvi buona lettura di questi semplici quanto diretti scritti.

Droghe leggere, legalizzazione ed altre cose belle

di Compagno Eugenio

Sul pensiero di Marx il “sì” è storicamente e ideologicamente dovuto,  ma non senza le dovute precisazioni: immagino che Marx non conoscesse Fabrizio Pellegrini o altre anime, diciamocelo, in pena, costrette a farne uso per sopportare, almeno in parte, il dolore che le affligge.

Analizziamo i motivi che conseguono il mio pensiero favorevole alla legalizzazione:

  1. Sappiamo che durante il proibizionismo negli USA la vita politica ed economica del paese era sottomessa dalla Mafia, dalla corruzione e da continui eccessi da parte dei cittadini appartenenti all’élite nordamericana, e che, quindi,mettere in guardia da una sostanza o proibire la stessa possono ritenersi errori terribili e da evitare
  2. I giovani, come chi ne fa uso assiduo, acquistano, come ho ricordato nel secondo punto, le sostanze proibite dalla Mafia sopracitata o, in altri casi, sono costretti a improvvisare una piccola piantagione rischiando la galera, come il celebre pianista Fabrizio Pellegrini, carcerato più volte perché, pur di mitigare il suo dolore dovuto alla Sindrome di Atlante, non disponendo dei cinquecento euro al mese e non volendosi abbassare a comprare cannabinoidi dalla Mafia ha provato più volte a coltivare mariujana, venendo puntualmente arrestato.
  3. Meglio far entrare i soldi che i consumatori della sostanza sborsano per le droghe leggere nelle casse dello stato che in quelle della Camorra e mafie varie
  4. Legalizzando la cannabis e i suoi derivati si eviterebbero migliaia di processi che, letteralmente, intasano i tribunali italiani, rallentando il sistema giudiziario italiano

Ma veniamo al punto, lo Stato Italiano è sul punto di approvare la legalizzazione delle droghe leggere che prevedrebbe i seguenti punti (tratti elaborando le informazioni della fonte www.cannabislegale.org ):

Il possesso
Si stabilisce il principio della detenzione lecita di una certa quantità di cannabis per uso ricreativo – 5 grammi innalzabili a 15 grammi in privato domicilio – non sottoposta ad alcuna autorizzazione, né ad alcuna comunicazione a enti o autorità pubbliche. Rimane comunque illecito e punibile il piccolo spaccio di cannabis, anche per quantità inferiori ai 5 grammi. È inoltre consentita la detenzione di cannabis per uso terapeutico entro i limiti contenuti nella prescrizione medica, anche al di sopra dei limiti previsti per l’uso ricreativo.
L’autocoltivazione
È possibile coltivare piante di cannabis, fino a un massimo di 5 di sesso femminile, in forma sia individuale, che associata. È altresì consentita la detenzione del prodotto ottenuto dalle piante coltivate. Per la coltivazione personale è sufficiente inviare una comunicazione all’Ufficio regionale dei Monopoli competente per territorio e non è necessaria alcuna autorizzazione. I dati trasmessi sono inseriti tra i “dati sensibili” del Codice Privacy (opinioni politiche, tendenze sessuali, stato di salute…), e non possono essere né acquisiti, né diffusi per finalità diverse da quelle previste dalla procedura di comunicazione.
I cannabis social club
Per la coltivazione in forma associata, è necessario costituire una associazione senza fini di lucro, sul modello dei cannabis social club spagnoli, cui possono associarsi solo persone maggiorenni e residenti in Italia, in numero non superiore a cinquanta. Ciascun cannabis social club può coltivare fino a 5 piante di cannabis per ogni associato. È possibile iniziare a coltivare decorsi trenta giorni dall’invio della comunicazione all’Ufficio regionale dei Monopoli competente per territorio. Anche in questo caso le comunicazioni sono protette dalle norme previste per i “dati sensibili” dal Codice Privacy.
La vendita
È istituito il regime di monopolio per la coltivazione delle piante di cannabis, la preparazione dei prodotti da essa derivati e la loro vendita al dettaglio. Per queste attività sono autorizzati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli anche soggetti privati. Sono escluse esplicitamente dal regime di monopolio la coltivazione in forma personale e associata della cannabis, la coltivazione per la produzione di farmaci, nonché la coltivazione della canapa esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali. Per le attività soggette a monopolio sono previsti principi (tracciabilità del processo produttivo, divieto di importazione e esportazione di piante di cannabis e prodotti derivati, autorizzazione per la vendita al dettaglio solo in esercizi dedicati esclusivamente a tale attività, vigilanza del Ministero della salute sulle tipologie e le caratteristiche dei prodotti ammessi in commercio e sulle modalità di confezionamento, ecc. ecc.), la cui attuazione è delegata a tre decreti ministeriali. La violazione delle norme del monopolio comporta, in ogni caso, l’applicazione delle norme di contrasto alla produzione e al traffico illecito di droga.
Per curarsi meglio
Sono previste norme per semplificare la modalità di individuazione delle aree per la coltivazione di cannabis destinata a preparazioni medicinali e delle aziende farmaceutiche autorizzate a produrle, in modo da soddisfare il fabbisogno nazionale. Sono inoltre semplificate le modalità di consegna, prescrizione e dispensazione dei farmaci contenenti cannabis. L’obiettivo è quello di migliorare una situazione, come quella attuale, in cui il diritto a curarsi con i derivati della cannabis è formalmente previsto, ma sostanzialmente impedito da vincoli burocratici, sia per l’approvvigionamento delle materie prime per la produzione nazionale, sia per la concreta messa a disposizione dei preparati per i malati. Si stabilisce un principio generale di divieto di fumo di marijuana e hashish  in luoghi pubblici, aperti al pubblico e negli ambienti di lavoro, pubblici e privati. Sarà possibile fumare solo in spazi privati, sia al chiuso, che all’aperto.
Se fumi, non guidi
Come per l’alcol, la legalizzazione della cannabis non comporta l’attenuazione delle norme e delle sanzioni previste dal Codice della strada per la guida in stato di alterazione psico-fisica. Nel caso della cannabis, rimane aperta comunque la questione relativa alle tecniche di verifica della positività al tetraidrocannabinolo (THC) che attestino un’alterazione effettivamente in atto, come per gli alcolici, e non solo un consumo precedente che abbia esaurito il cosiddetto effetto “drogante”.
La prevenzione
I proventi derivanti per lo Stato dalla legalizzazione del mercato della cannabis sono destinati per il 5% del totale annuo al finanziamento dei progetti del Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga. Inoltre, i proventi delle sanzioni amministrative relative alla violazione dei limiti e delle modalità previste per la coltivazione/detenzione di cannabis, sono interamente destinati ad interventi informativi, educativi, preventivi, curativi e riabilitativi, realizzati dalle istituzioni scolastiche e sanitarie e rivolti a consumatori di droghe e tossicodipendenti.

 

Ricordiamoci quindi: oltre tre milioni di persone in Italia ne fanno un uso quasi giornaliero e, tra questi, ci sono persone che hanno bisogno della cannabis per uso terapeutico ma che, non potendosela permettere soffrono e combattono con il dolore ogni giorno della loro, purtroppo, tristissima vita. La mia speranza è che, a settembre, vinca la legalizzazione della mariujana, non per me, che comunque ne farei uso, ma per tutte le persone, per tutti i cittadini italiani, per tutti i dannati rinchiusi in quel girone infernale che è il loro corpo malato, bisognoso di tale sostanza per alleviare almeno una minima parte di quel dolore.

 

Le nuove catene mentali come nuovi vincoli alla coscienza di classe e all’essere individuale

di Compagno Elia

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Proprio dall’affermazione marxiana che prende in causa la famigerata sostanza stupefacente vorrei partire trattando il caso delineato sia ideologicamente che pragmaticamente.  Marx nella sua critica alle religioni, oltre a esprimere il proprio pensiero sulla figura divina, sottolinea nella sua considerazione sull’opera di Bauer riguardo la questione ebraica che il tempo è maturo per “saltare dal socialismo puramente spirituale al socialismo che agisce politicamente”, combattendo le illusioni di un ateismo filosofico che costituisce “l’ultimo stato del teismo, ovvero il riconoscimento negativo di Dio”. Per Marx quindi farla finita col BISOGNO di Dio (non con Dio, si badi bene) significa anche farla finita con i suoi surrogati terreni, tutti quei feticci, ovvero creazioni umane che si ergono d’innanzi l’uomo come potenze autonome di cui gli uomini diventano schiavi e vittime, feticci col nome di Stato, Denaro, Società e Storia. Ebbene, il capitalismo in questi ultimi anni in una smania che pare per molti “sinistrorsa” sta facendo vedere quanto subdolo è in realtà, creando sempre nuovi sbocchi e condizioni economiche affinché i nuovi profitti mostrino all’osservatore esterno un sistema in rialzo (nascondendo ovviamente il suo carattere “esplosivo” e critico, carattere già ben nascosto dietro alla pluralità del capitale in capitale bancario, industriale e commerciale sulla quale asincronicità  dei loro cicli dipende la cristallizzazione dei tre tipi di capitale che a loro volta porta alla dissimulazione della sempre maggiore sproporzione tra offerta e domanda), puntando attualmente in particolare sulla liberalizzazione di pratiche o sostanze direttamente o indirettamente collegati al fine sociale del tutto (basti vedere la pratica della mercificazione della donna, conseguenza economica nascosta dietro al sacrosanto diritto di divenire genitori da parte delle coppie omosessuali, da noi sostenuto ciecamente ma senza alcune mercificazioni chiamatasi  utero in affitto o disuguaglianze  persistenti già dalla propria natalità con l’eterologa); c’è bisogno infatti di una visione generale del tutto per capire che questa non è la libertà a cui auspica l’uomo ma è una pura libertà di scelta e di consumo tra nuovi prodotti di parvenza sociale. Questo fa l’azione mercificante del capitalismo e,  poi,  se si parla della libertà di assumere sostanze stupefacenti il capitalismo realmente ottiene la botte sempre piena e la moglie perennemente ubriaca per un duplice motivo, il primo economico, salvaguardando gli stessi feticci che fanno schiava la mente dell’uomo, il secondo per un nuovo vincolo mentale che rende sempre di più impetuoso il percorso della mente umana alla ricerca della libertà individuale:

  1. In primis apre nuovi sbocchi commerciali che portano, in questo caso, lo Stato ad avere il monopolio economico su una determinata sostanza, una manovra puramente votata ai feticci del Denaro e dello Stato così da avere nuovi introiti.
  2. In secundis questa realtà è direttamente derivata dalla prima, ovvero, con la vendita dell’uomo ai feticci sopracitati si  approfitta così del degrado vigente e lo si amplifica: tutto questo è, direttamente o indirettamente, l’attacco egemonico delle classi garanti dell’attuale sistema economico  affinché la sovrastruttura (tutto ciò che non è economia, ovvero la cultura e le basi politiche e giuridiche) diventi sempre più difficile da penetrare per cambiare la struttura economica vigente. Come si fa quindi a costruire questa nuova corazza alla sovrastruttura? Costituendo una resistenza passiva, data dalla vendita delle menti assuefatte alle sostanze, vendita trasfigurata nella vendita delle menti alle stesso Stato poiché possidente del monopolio, al privato poiché spacciatore di sostanze più pesanti a cui, di solito, colui che fa uso di queste sostanze punta dopo un lungo periodo di dipendenza a una sostanza più lieve, oppure possessore della quantità aggiunta ai 15 grammi legali necessaria per il proprio benessere individuale.

Rousseau  nel “Contratto Sociale”, descrive il passaggio degli uomini da un primitivo stato naturale a quello associativo necessario per fronteggiare gli ostacoli che il singolo non era in grado di superare, parlando del tacito contratto stipulato in quella fase dello sviluppo dell’umanità e delle sue clausole che, in fondo, «si riducono tutte ad una sola cioè l’alienazione totale di ciascuno degli associati con tutti i suoi diritti a vantaggio della comunità», ovvero parte  della libertà dell’individuo è alienata per ottenere maggiori benefici dati  dalla propria appartenenza alla comunità. Appartenere alla società vuol dire farne parte attivamente  e politicamente, tenendo conto che alienare parte delle proprie libertà per la formazione di una realtà maggiore avvalora il proprio potere politico, potere che, con queste riforme, viene incatenato ulteriormente alla strenua della propria mente, rendendo l’uomo, “animale politico” per eccellenza, succube passivo delle decisioni da parte di terzi. Non bastano infatti la diffusione di qualunquismo, l’egemonia  e la pura democrazia rappresentativa per azzerare la propria incidenza politica e aggregare la classe “rivoluzionaria” delle classi subalterne nel corpo sociale che dovrebbe sovvertire: ora  che si profila un pericoloso profilo bipolare causato dalla crisi si deve tentare il tutto per tutto per incatenare le menti, questa è la nuova strategia, legalizzare sostanze che chimicamente incatenano il proprio pensiero ed il proprio essere.

Ai compagni che, involontariamente, vogliono avvantaggiare questa nuova mossa egemonica, voglio rispondere singolarmente rispetto le loro questioni.

A  coloro che sottolineano che alcol e nicotina siano anche peggio della mariujana, e perciò è giusto legalizzare quest’ultima visto che è “meno peggio”, io invito al ragionamento: meglio evitare di  aggiungere un’altra catena mentale alla lista oppure, visto che per voi questa catena è più lieve di altre, è giusto aggiungerla? Vi ricordo che, approvata questa scelta, non si può tornare in dietro, non si può poi vietare tutto d’un tratto le sostanze che anni prima voi avete legalizzato e fatto diventare alla strenua di fumo ed alcol, non si può togliere la realtà se il bisogno di questa realtà persiste poiché darebbe nuova linfa (in questo caso) ad un nuovo e più potente mercato illegale. Vi ricordo, a proposito, il vostro esempio col Negazionismo Statunitense, quando non si negava la legalizzazione di una determinata sostanza ma si toglieva la possibilità di usufruirne lasciando il bisogno della determinata sostanza.   Quindi, ecco il perché non potrete più tornare in dietro dalla vostra decisione, perché la stessa storia ci insegna quali sono i risultati di negare un qualcosa che per molto tempo è stato soggetto all’uso-consumo della totalità della popolazione.

A coloro che, per loro essenza anarchica, vogliono la liberalizzazione del sacro e del profano vi ricordo una cosa: essere veramente anarchici vuol dire NO GODS, NO MASTERS, nemmeno nelle loro forme puramente materiali, le stesse forme che prende la sostanza per assuefare la mente, le stesse forme che prende il produttore della sostanza. Essere anarchico puro o appoggiare la sola etica libertaria, antiburocratica e antiautoritaria vuol dire NON VENDERSI A NESSUNO, vuol dire, tanto per usare una metafora, essere per l’amore libero e non per la mercificazione (prostituzione) di quest’ultimo! Vuol dire capire quando qualcosa è realmente libero e sostenerlo, non appoggiare solo quel che è libero in parvenza.

A coloro che, affiliati alla visione giusta della legge, promuovono la legalizzazione per combattere la mafia voglio presentare questa antitesi:

  1. In Italia, nel 2009, 60 miliardi di euro sarebbero stati garantiti ai criminali dal traffico di droga; la legalizzazione della droga leggera porterebbe matematicamente a 8-10 miliardi in meno nelle casse della mafia e in più nelle casse dello Stato, ovvero una cifra irrisoria rispetto ai 60 miliardi, il quale solo 5% viene destinato alla prevenzione (diciamo, un investimento puramente simbolico per non pestarsi i piedi bloccando involontariamente una parte del consumo ).
  2. In correlazione col punto uno la legalizzazione della marijuana sarebbe una manna dal cielo per la mafia poiché rafforzerebbe le grandi organizzazioni, incrementando i propri profitti  perché allarga il mercato inducendo i giovani a far uso di droga e perché elimina i concorrenti “piccoli”. Quest’ultima è la solita storiella della sigaretta tra minorenni, il piacere del rischio e l’inebrio mentale, qualcosa che “fa fighi”, qualcosa che viene guardato quasi di buon occhio anche dagli stessi tabaccai (quante volte ho visto ragazzini comprare Camel o Lucky Strike dalle stesse mani del proprietario del negozio) i quali, teoricamente, potrebbero essere autorizzati alla vendita di cannabis. D’altronde, come ha affermato più volte lo stesso compagno Eugenio:   “Sappiamo bene che  i ragazzi non sono immuni al richiamo di qualsiasi sostanza a loro proibita, considerata da loro, probabilmente, una sorta di Ambrosia, un nettare degli Dei, e fidarci di loro non sarebbe, in nessun modo, sicuro” . Per di più poi, oltre ad allargare il mercato sui minorenni e scontrarsi con i pesci piccoli della concorrenza, la mafia potrebbe offrire la quota aggiuntiva, come detto prima, ai 15 grammi nel caso che vecchi e nuovi dipendenti da sostanze ne vogliano “di più” e magari “qualcosa di più pesante”. Inoltre la delega alla vendita ai privati potrebbe portare la stessa mafia a fondersi con questa realtà “privata”, portando una strada a duplice via: o si fonderà indirettamente anche con l’apparato statale o andrà in conflitto con questo, aprendo una nuova e sanguinosa stagione.
  3. La regolamentazione sull’assunzione deve essere modificata in base alle esigenze dei singoli individui affetti da problemi medici: uno stato centralizzato è ovviamente sinonimo di burocrazia, di lentezza e inefficienza, perciò noi combattiamo per uno stato decentrato negli aspetti politico-amministrativi. Se è per questo vediamo però anche il retro della medaglia: parallelamente al povero diavolo che non ha la possibilità di curarsi abbiamo i falsi malati a cui lo stato vende sostanze per curarsi, sostanze finalizzate alla vendita nel mercato nero portando un enorme profitto a questi esseri falsi che cavalcano in primis la burocrazia statale, in secundis il male di chi realmente ha bisogno.
  4. I processi che intasano i tribunali e le incarcerazioni che sovraffollano gli istituti penitenziari possono essere sostituiti con misure alternative, come multe sempre più pesanti, ciò in primis libererebbe le carceri e, in gran parte, i tribunali, in secundis applicherebbe sanzioni pecuniarie sempre più pesanti che vincolerebbero l’individuo da altre spese in sostanze stupefacenti (individuo ovviamente seguito da strutture apposite come i Sert).

La libertà è un diritto inalienabile di ognuno di noi ed il socialismo (inteso come termine insiemistico) dovrebbe dare una libertà maggiore della mera attuale, quella racchiusa nella sola scelta del prodotto. Questa libertà permette allo stesso singolo uomo di fare la storia però, quando da una parte la libertà deve essere data, dall’altra deve essere regolamentata: la frase “la mia libertà finisce quando la tua comincia” che in passato riassumeva il concetto perfettamente ora spesso è soggetta a menefreghismi vari e a persone che, furbescamente, invadono la libertà altrui indirettamente. Noi auspichiamo che l’uomo realmente libero non si crei  prigioni mentali e si venda a sostanze o agli enti loro produttrici: l’uomo per essere realmente libero deve usare pienamente il proprio raziocinio, cosa che l’attuale sinistra sembra aggirare o non vedere.

 

 

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